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Siria, nuove elezioni il 13 aprile, ma non c’è l’opposizione. Rapiti 300 operai

Dopo la riconquista di Palmira, il regime di Damasco si mostra sempre più sicuro tanto da convocare le elezioni legislative in tutta la Siria.
A cura di Mirko Bellis
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Poster Bashar al Assad

La prossima settimana si svolgeranno in Siria le elezioni per il rinnovo del parlamento o Consiglio del Popolo. A dare l’annuncio in febbraio fu lo stesso Bashar al Assad che, in una mossa a sorpresa, comunicò che le consultazioni si sarebbero tenute il mercoledì prossimo 13 aprile. Le ultime elezioni legislative celebrate nel 2012 diedero la maggioranza assoluta al Fronte Nazionale Progressista (168 Deputati), un'alleanza composta da dieci formazioni politiche “guidate” dal partito Baath del presidente Assad. Dopo la riforma della costituzione del 2012, nell'unica camera esistente in Siria, è rappresentata anche una sparuta “opposizione” formata dal Fronte Popolare per il Cambiamento e la Liberazione e da alcuni deputati indipendenti.

L’annuncio di nuove elezioni legislative ha suscitato reazioni molto diverse. Se per il presidente francese Hollande si tratta solo di un "atto provocatorio e irrealistico", per la Russia “la decisione delle autorità siriane di tenere elezioni parlamentari è in linea con l'attuale Costituzione e non rappresenterà un pericolo per le misure di attuazione del processo di pace".

Queste comunque non sono le prime elezioni che si svolgono in Siria da quando nel marzo del 2011 è iniziata la guerra civile. Nel 2014, ci furono anche le elezioni presidenziali nelle quali l'88,7% dei votanti riconfermò Assad alla guida del Paese. In quell'occasione, però, a votare furono soltanto le zone controllate dal regime. Adesso, invece, le urne apriranno in tutta la Siria. I 250 membri del Consiglio del Popolo saranno quindi eletti in tutte le 15 provincie che compongono il Paese mediorientale. Per cui anche a Raqqa, l’autoproclamata capitale dell’Isis, o nelle zone sotto il controllo delle altre formazioni ribelli. Anche nel Rojava, dove i curdi siriani hanno proclamato la nascita di una regione autonoma.

E i combattimenti che insanguino la Siria non sono mai cessati nonostante il cessate il fuoco entrato in vigore il 27 febbraio scorso. Sebbene la tregua non comprenda né le formazioni del Fronte al Nusra (alleato ad Al Qaeda) né i combattenti dello Stato Islamico, i bombardamenti su zone civili da parte dell’aviazione di Damasco hanno provocato numerosi morti nelle ultime settimane.  L'Osservatorio siriano per i diritti umani ha documentato solo nel mese scorso la morte di 2.658 persone, tra cui 125 bambini.

Dopo aver liberato Palmira, l’offensiva delle forze leali ad Assad contro i jihadisti dell’Isis si sta concentrando sulla città cristiana di Al-Qaryatain, nella provincia di Homs. Secondo quanto riportato dalla Tv di Stato siriana, l'esercito avrebbe riconquistato anche questa città il 3 aprile. La risposta degli estremisti non si è fatta attendere: in un attacco kamikaze con cinque auto bomba contro le posizioni militari vicino all'aeroporto a sud est della capitale dodici soldati hanno perso la vita. E anche ad Aleppo l'esercito lealista e le milizie libanesi di Hezbollah hanno lanciato un grande attacco contro le formazioni ribelli a sud della città. Intanto proprio oggi circa 300 lavoratori di una fabbrica di cemento sono stati rapiti dall'Isis vicino a Damasco. Il fatto e' avvenuto vicino alla cittadina di Dumair, a nord-est della capitale, dove lo Stato islamico ha lanciato recentemente un'offensiva. I lavoratori sono dipendenti della fabbrica Al Badia.

Sul fronte diplomatico il futuro di Assad è uno dei punti più difficili da risolvere al tavolo dei negoziati di Ginevra. Le potenze internazionali che partecipano alle trattative e l'inviato delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, hanno auspicato di organizzare un voto, parlamentare e presidenziale sotto l'egida dell'Onu, entro 18 mesi. Tutte le parti siriane presenti ai colloqui di pace concordano sul fatto che il periodo di transizione politica del Paese sia definito attraverso un programma che preveda elezioni e la redazione di una nuova Costituzione. Su un punto però il variegato fronte delle opposizioni sembra non transigere: Assad deve abbandonare il potere. Il governo siriano ha già risposto che la questione non è all'ordine del giorno e che in ogni caso il futuro politico della Siria sarà deciso dal popolo.

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