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Siria, CNN: “Trump sta considerando la possibilità di un intervento militare”

Anche Nikki Haley, ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, è intervenuto sulla questione spinosa della Siria: “Quando l’Onu non riesce a portare avanti il suo dovere di agire collettivamente gli Stati sono costretti ad agire per conto proprio”.
A cura di Davide Falcioni
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"Quando l’Onu non riesce a portare avanti il suo dovere di agire collettivamente gli Stati sono costretti ad agire per conto proprio". Hanno il tono di una minaccia le parole di  Nikki Haley, ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite pronunciate ieri in occasione del Consiglio di Sicurezza convocato in seguito al massacro di Khan Sheikun, a Idlib, in Siria. Una carneficina in cui hanno perso la vita almeno 72 persone, molti dei quali bambini, e che sia alcune ONG che le forze della Coalizione Internazionale (a guida USA) attribuiscono al regime di Damasco, supportato anche dall'esercito russo. Dal canto suo, tuttavia, Assad ha parlato di una tragica fatalità dal momento che una bomba avrebbe colpito un magazzino di armi chimiche di proprietà dei ribelli.

In questo quadro di assoluta incertezza, Ankara ha comunicato i risultati delle autopsie su tre vittime, morte dopo il ricovero in Turchia: secondo il ministro della Giustizia Bekir Bozdag non vi sarebbe più alcun dubbio dell'utilizzo di armi chimiche. Durante gli esami autoptici, che sono stati filmati, sono stati prelevati diversi campioni per ulteriori esami da parte degli esperti turchi e internazionali. Secondo un rapporto preliminare del team di scienziati inviati da Ankara alla frontiera con la Siria per assistere i feriti, almeno uno degli agenti usati nell'attacco sarebbe gas cloro. I risultati, frutto di test effettuati su una trentina di feriti, sono già stati inviati ieri al Consiglio di sicurezza dell'Onu.

A due giorni dalla tragedia non vi sono più dubbi sulla presenza di armi chimiche. Restano però da chiarire numerosi aspetti: la Russia, infatti, ha confermato un raid dell’aviazione siriana con armi “normali” nella mattina del 4 aprile. I jet – secondo Mosca – volevano colpire un deposito di armi delle opposizioni islamiste. Al suo interno, però, vi sarebbe stato un laboratorio di mine a base di gas tossico che ha provocato il massacro.

La versione del Cremlino non convince però Francia, Stati uniti e Gran Bretagna, che ieri hanno presentato al Consiglio di Sicurezza una risoluzione che condanna il governo di Damasco. La posizione degli USA, però, sembra essere la più dura tanto che Haley, dopo aver dato per mesi il beneplacito alla permanenza di Assad alla guida della Siria, ieri ha fatto appello a Mosca perché smetta di "proteggere il regime": "Assad, Russia e Iran non hanno interesse a raggiungere la pace". E si fa sempre più insistente la voce di un più intenso impegno degli Stati Uniti nella guerra siriana. "Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sta considerando la possibilità di un'azione militare in Siria, come rappresaglia per l'attacco con armi chimiche". Lo scrive la CNN citando lo stesso presidente che si sarebbe confidato con alcuni membri del Congresso.

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