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Siamo tutti Charlie Hebdo col culo degli altri

Solo un anno e mezzo fa scrissi un articolo intitolato “L’ipocrita Italia che difende Charlie Hebdo, ma ama la censura”. A ben vedere, le polemiche scatenatesi oggi per la vignetta del giornale satirico francese sul terremoto che ha colpito il Centro Italia, mi vien da pensare che nulla sia cambiato e che nulla ci abbia insegnato “Je suis Charlie”.
A cura di Charlotte Matteini
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La Vignette sul terremoto in Italia pubblicata da Charlie Hebdo "Terremoto all'italiana: penne al sugo di pomodoro, penne gratinate, lasagne". L'ultima, ("lasagne"), presenta diverse persone sepolte da strati di pasta. ANSA+++ EDITORIAL USE ONLY NO SALES NO ARCHIVE+++
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La vignetta di Charlie Hebdo sul terremoto che il 24 agosto ha colpito il Centro Italia, distrutto i paesi di Amatrice, Accumoli, Pescara e Arquata del Tronto provocando centinaia di morti, non è affatto piaciuta a molti concittadini italiani che si sono sentiti offesi dall'immagine e hanno veementemente protestato sui social network. Fiumi di post ed editoriali infuocati per sottolineare quanto no, questo tipo di satira non può essere ammessa, che sui morti non si scherza, che una vignetta del genere oltrepassa il senso del buongusto e non può essere in alcun modo accettata. C'è chi, e sono tante persone, invoca la censura e sostiene che la satira debba avere un limite e che quel limite, questa volta, Charlie Hebdo l'avrebbe ampiamente sorpassato. Sembrano ormai lontani i tempi in cui, dopo l'attentato a Charlie Hebdo gli italiani – insieme a centinaia di migliaia di cittadini di ogni età, religione e nazionalità – scesero in piazza per manifestare la propria solidarietà ai vignettisti trucidati da alcuni terroristi islamici e aderirono alla campagna di sensibilizzazione "Je suis Charlie", che per gran parte delle persone era stata lanciata per sostenere che la satira, in un Paese libero e democratico come la Francia, l'Italia, altri Paesi Europei e occidentali in genere, non poteva in alcun modo essere imbrigliata in definizioni da vocabolario o essere circoscritta a determinati temi o ambiti. L'attentato del 7 gennaio 2015 a Charlie Hebdo fu scatenato da un manipolo di fondamentalisti islamici perché ritenevano che le vignette su Allah fossero lesive della dignità del profeta e dei credenti musulmani in genere. Li ammazzarono, i vignettisti vennero trucidati e gran parte del mondo inveì, difendendo il valore della libertà di satira e di espressione.

Oggi, a distanza di un anno e mezzo, a causa di una vignetta sul terremoto, in molti protestano e chiedono al censura di Charlie Hebdo, reo di aver offeso la sensibilità degli italiani toccati dalla perdita. A poco meno di un anno di distanza dal "Je suis Charlie", in Italia assistiamo alla consueta giravolta ideologica. Da difensori della satira a censori, da paladini della libertà a talebani del buon gusto e del buon senso. La satira diviene tutt'un tratto un manganello con cui colpire i soli potenti – non si sa per quale astruso motivo, per alcuni la satira non si è mai evoluta nel corso dei secoli e ancora ha come obiettivo i soli politici o le sole persone famose. La satira, però, da che mondo è mondo, ha sempre colpito non solo i cosiddetti potenti, ma abitudini, popoli, tradizioni, contraddizioni personali e chi più ne ha più ne metta. "Questa vignetta satirica non fa ridere", un altro grandissimo misundestanding dei nostri tempi. La satira non è nata per far ridere, ma per far riflettere attraverso la dissacrazione. Ciò che dovrebbe scatenare una buona vignetta satirica o un buon monologo dovrebbe essere un sorriso amaro, accompagnato da una riflessione sul nostro modo di essere e di vivere. La satira non ha mai, e sottolineo il mai, avuto l'obiettivo di far ridere.

Si può far satira su tutto e su tutti, la satira per definizione è libera e libera deve rimanere. Se un giorno decidessimo di stilare una lista di temi che vignettisti, satiri e comici in genere possono permettersi di toccare, avremmo una lista composta da nessun argomento. Nessuno, perché ogni essere umano è diverso dall'altro e a seconda del proprio personale grado di sensibilità, senso dell'umorismo e scala valoriale potrebbe ritenere offensiva un'opera satirica su un tal argomento e non essere invece toccato da un altro tema. E viceversa, e così via andare. Insomma, imbrigliare la satira con regole e contro-regole non è possibile, se si desidera sostenere che la libertà di espressione debba essere il più ampia possibile e che sia un valore a cui delle persone libere e civili tengono.

Nel caso specifico della vignetta sul terremoto, io la ritengo brutta. Brutta perché poco efficace, non perché dissacrante al punto tale da scatenare un putiferio del genere. Brutta perché poco chiara, tanto che anche io inizialmente ho fatto fatica a capire dove volesse andare a parare l'autore. Ma nulla più del mero giudizio personale, altre persone hanno dato interessanti letture, differenti dalla mia. Altri, invece, non comprendendola, si sono sentiti offesi e hanno urlato alla scandalo e invocato la censura e la chiusura di Charlie Hebdo.

Però, con tutta evidenza, Charlie Hebdo faceva satira noir, becera, cattiva e politicamente scorrettissima anche quando un anno e mezzo fa eravamo tutti Charlie. Quelli di Charlie Hebdo hanno sempre fatto questo tipo di satira, su tutto e in qualsiasi maniera: sui musulmani, sui cattolici, sugli ebrei, su stragi e incidenti vari. E lo facevano già da tempo, ben prima di diventare universalmente conosciuti a causa dell'attentato.

Quindi perché quest'indignazione, ora? Da cosa scaturisce, dal fatto che questa volta l'obiettivo della satira è qualcosa che ci tocca da vicino? Ma quelli di Charlie Hebdo sono sempre stati così: dissacranti, irriverenti, irriguardosi, sguaiati, offensivi, impertinenti, e stronzi. Non hanno mai cambiato stile, piuttosto semplicemente pochi di noi avevano idea di quello che facevano davvero i vignettisti di Charlie, quando precipitosamente ci dichiarammo tutti Charlie. Il problema che però si pone oggi, a mio avviso, è un altro: la libertà di satira è un principio inderogabile o no? Se lo riteniamo tale, allora non possiamo sostenere che debba essere limitata. Ne andrebbe di un sacro e inviolabile principio democratico, un diritto umano inalienabile.

Trovo assolutamente onanistico e spocchioso quello che sto per fare, ma altrettanto imprescindibile vista la polemica: l'anno scorso, solo tre giorni dopo l'attentato a Charlie Hebdo scrissi un pezzo intitolato: "L’ipocrita Italia che difende Charlie Hebdo, ma ama la censura. Da una parte #JeSuisCharlie dall'altra la censura quando la satira ci colpisce." Viste le polemiche odierne, credo di averci visto molto lungo.

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Milanese, classe 1987, da sempre appassionata di politica. Il mio morboso interesse per la materia affonda le sue radici nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, grazie a (o per colpa di) mio padre, che al posto di farmi vedere i cartoni animati, mi iniziò al magico mondo delle meraviglie costringendomi a seguire estenuanti maratone politiche. Dopo un'adolescenza turbolenta da pasionaria di sinistra, a 19 anni circa ho cominciato a mettere in discussione le mie idee e con il tempo sono diventata una liberale, liberista e libertaria convinta.
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