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Opinioni

Sgomberi e sfratti: la risposta all’emergenza casa non possono essere le manganellate

Da Roma a Milano, da Nord a Sud: l’emergenza casa torna in piazza ma non nell’agenda di governo. Gli sfratti per morosità aumentano e anche le occupazioni di alloggi e strutture pubbliche.
A cura di Michele Azzu
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Ancora scontri tra forze dell’ordine e chi occupa le case abbandonate perché non ha un tetto sotto cui passare l’inverno. Ancora una volta, abbiamo assistito alle immagini degli idranti sparati su chi protesta contro gli sgomberi, ancora una volta le ambulanze hanno portato i manganellati all’ospedale. Questo raccontano le cronache di questi giorni.

Il 4 febbraio a Milano le forze dell’ordine si sono scontrate con gli attivisti per la casa, che protestavano per lo sgombero di una famiglia da una casa popolare in via Morganitini. Lo stesso giorno, a Roma, gli attivisti per la casa di “Action” occupavano un immobile in viale Ostiense, assieme a 200 persone sgomberate una settimana prima dall’occupazione di via Lauricella, in zona Prenestina.

Le forze dell’ordine hanno subito sgomberato l’occupazione, usando i manganelli e i getti d’acqua sparati sulla folla, e ci sono stati alcuni feriti. Successivamente gli attivisti hanno occupato la chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, in pieno centro a Roma, per chiedere una “moratoria giubilare” ai continui sfratti che vanno in scena nella capitale.

Pochi giorni prima, a Bologna, il 30 gennaio, sfilava una manifestazione per fermare gli sfratti nella capitale emiliana. È solo l’ennesima di una lunga serie di agitazioni che negli ultimi mesi, in tutta Italia, ha cercato di richiamare l’attenzione sull’emergenza casa. Ma perché tutte queste persone da Roma a Milano, Torino e Bologna, continuano da mesi a prendere manganellate, ad occupare e a farsi sgomberare?

Per capire perché basta dare un’occhiata ai dati delle prefetture italiane e del ministero dell’interno. Se i dati dell’anno scorso del ministero dell’interno già parlavano di un aumento degli sfratti per morosità (+5%), è nel 2015 che a Milano l’Aler (azienda lombarda per l’edilizia residenziale) afferma di avere raddoppiato gli sgomberi con esito positivo.

E sono proprio Milano e la Lombardia a guidare l’impennata degli sfratti dell’anno passato, seguita da Emilia Romagna, Toscana e Lazio. Ma è la provincia pugliese di Barletta a detenere il record di sfratti per numero di famiglie: uno ogni 133, mentre precedentemente il titolo era detenuto da Torino, con uno sfratto ogni 227 famiglie (la media italiana è di uno ogni 334).

Sembra proprio che i comuni ormai facciano a gara a chi mette più persone sulla strada. E non sono “solo” gli sfratti. Nel 2015 c’è stata una vera e propria escalation degli sgomberi che ha coinvolto a 360 gradi gli sfratti di chi non può pagare l’affitto, ma anche i centri sociali, i luoghi che davano rifugio ed assistenza a senzatetto, sfrattati e persino rifugiati, assieme ad attività culturali presenti da decenni sul territorio.

Come è accaduto allo storico centro “Atlantide” a Bologna, o al centro “Baobab” di Roma, che negli scorsi mesi aveva accolto centinaia di rifugiati. E come dimenticare lo scorso 20 ottobre a Bologna, quando all’alba le forze dell’ordine in tenuta antisommossa sgomberarono decine di famiglie senzatetto dallo stabile Ex Telecom, fra lo sgomento dell’opinione pubblica?

IL PIANO CASA, IL MILLEPROROGHE, GLI ALLACCI DELL’ACQUA. Dietro tutto questo c’è un preciso disegno del governo che si chiama “Piano Casa”, a firma del ministro Lupi, per combattere l’emergenza abitativa. Si stanziavano 100 milioni per il fondo nazionale per il sostegno alle abitazioni, per il biennio 2014-2015, e di questi, 25 milioni andavano ad aiutare chi stava subendo uno sfratto. Di questi soldi solo 3.5 milioni sono stati poi trasferiti ai comuni, mentre dei 324 milioni per gli aiuti contro gli sfratti solo 88 sono stati effettivamente trasferiti.

Insomma, i fondi sono praticamente inutilizzati, e il Piano Casa esiste solo sulla carta. Tuttavia, proprio per via del Piano Casa, lo scorso febbraio il governo ha deciso di non inserire nel decreto “Milleproroghe” la proroga del blocco degli sfratti. Con cui si era impedito negli anni passati di buttare per strada le famiglie morose con figli piccoli o persone malate a carico. Mentre prima ancora che il piano del ministro Lupi diventasse legge nel maggio 2014, il ministero dell’interno raccomandava alle prefetture d’Italia una stretta sulle occupazioni abusive.

Insomma, quello che è accaduto negli ultimi mesi non è un caso, ma una precisa volontà del governo. A cui a volte i comuni si sono opposti, con difficoltà. A Bologna, per esempio, il sindaco del Pd Virginio Merola si è ritrovato costretto a firmare un’ordinanza urgente perché l’agenzia Hera riallacciasse l’acqua corrente a uno stabile occupato in via De Maria, in cui vivono circa 80 persone abusive.

Facendo questo, il sindaco, ha infranto l’articolo 5 del Piano Casa – e il decreto legge 47/2014 – secondo cui gli occupanti non possono richiedere l’allacciamento ai pubblici servizi. Merola ha spiegato di avere dovuto farlo perché la mancanza di acqua avrebbe creato: “Un serio pericolo per la tutela della igiene e per la sanità pubblica, oltre alla ancora più grave esposizione al pericolo delle persone fisicamente più deboli”.

I DATI PARLANO CHIARO. Basterebbe il buon senso, insomma. Ma l’intenzione del governo di dare una stretta sulle occupazioni di chi non ha una casa, va di pari passo con un periodo in cui gli sfratti sono cresciuti. Gli utlimi dati del ministero dell’interno risalgono a giugno 2015, e parlano di una crescita degli sfratti del 5%, e l’impressione è che nel 2015 questa crescita sarà ben superiore. Incrementi fortissimi vengono registrati regione per regione: in Molise gli sfratti sono cresciuti dell’ 86%, in Puglia del 57%, nelle Marche del 37%, in Trentino Alto Adige del 32%, in Sardegna del 23%.

Il valore assoluto più alto va alla Lombardia, che detiene oltre un terzo del totale degli sfratti in Italia (il 34.6%). Mentre, sempre in valori assoluti, è Roma a risultare la provincia con più sfratti (8.264 nel 2014). I dati più recenti sono quelli presentati dall’agenzia lombarda Aler lo scorso 27 novembre a Palazzo Marino, in cui si affermava che nel 2015 gli sgomberi con esito positivo sono stati raddoppiati. Ma “esito positivo” significa semplicemente che si sono buttate delle persone a vivere per strada, e non aver risolto la loro emergenza abitativa.

Insomma, ci ritroviamo in un momento in cui gli sfratti per morosità sono più alti che mai. E in questo stesso momento il governo cosa fa? Ordina alle prefetture una stretta sulle occupazioni abusive. Sgombera, in tutta Italia, centri sociali e organizzazioni di solidarietà e rifugio. Crea un piano casa e poi non utilizza quei fondi stanziati per risolvere l’emergenza. Poi, cancella dal “Milleproroghe” la proroga per gli sfrattati.

Ma così l’emergenza abitativa si avvita su sè stessa, se queste persone non vengono aiutate, vengono sfrattate, si bloccano i fondi per aiutarli, e si sgombera come non ci fosse un domani. Da aprile 2014 ad oggi l’elenco degli sgomberi in tutta Italia è impressionante. Ma l’emergenza rimane. E nascono nuove occupazioni. Che si risolvono, immancabilmente, con manganellate e idranti d’acqua sparati sulla folla. Sono queste, in fin dei conti, le uniche azioni concrete del governo contro l’emergenza abitativa in Italia.

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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