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Settimana da dimenticare per Mps, sempre più al centro di voci

Mps ha segnato in settimana nuovi minimi storici, chiudendo a poca distanza sui 19 centesimi per azione. Pesa sul titolo l’incertezza circa i tempi e le modalità dell’aumento di capitale: chi e come potrebbe venire in aiuto dell’istituto senese…
A cura di Luca Spoldi
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Mps chiude l’ultima seduta settimanale di Piazza Affari a 19 centesimi per azione, con un calo di poco inferiore al 2%, riavvicinandosi ai minimi storici di 18,33 centesimi segnato solo tre giorni fa, con la capitalizzazione dell’istituto senese che scivola così appena sotto i 563 milioni di euro. A far scattare nuove vendite sul titolo senese ha contribuito l’indiscrezione, rilanciata dall’agenzia Reuters, secondo cui i regolatori europei si attendono che Mps debba rivolgersi allo stato (già socio al 4% dopo la conversione dei Monti bond) per un sostegno, anche se questa mossa incontrerebbe una forte resistenza in Italia nel caso in cui, come prevedono le norme europee, imponesse perdite per gli obbligazionisti.

La banca da parte sua pare determinata a portare avanti l’aumento di capitale da massimi 5 miliardi di euro, che potrebbe essere preceduto da una offerta per un concambio, su base volontaria, di obbligazioni subordinate (che già scontano l’ipotesi, tanto che l’emissione scadenza 2017 viaggia ormai su rendimenti del 32% annuo lordo, mentre quella scadenza 2018 rende poco meno del 30%) in capitale e dalla ricerca di un nuovo partner, così da ridurre la richiesta di mezzi freschi al mercato. Se tuttavia la risposta del mercato fosse deludente o comunque esistessero limiti quantitativi alla carta che gli investitori potessero comprare e pertanto a inizio 2017 Mps presentasse ancora con una carenza di capitali potrebbe scattare un supporto pubblico secondo le fonti citate da Reuter.

Nessun commento è giunto né da parte di Mps né del Tesoro, ma che raccogliere nove volte il capitale che un’azienda esprime in borsa presenti un “elevato rischio di esecuzione” è palese, tanto più se questa azienda ha appena esautorato i vertici che avevano progettato il piano di ricapitalizzazione, strumentale alla vendita in blocco di 27,7 miliardi di euro di sofferenze (su 46 miliardi di Npl complessivi) per le quali, punto da subito apparso a dir poco delicato, è stata messa in preventivo una valutazione del 32% del valore di libro, per complessivi 9,2 miliardi di incasso, ben superiore a quanto il mercato continua a pagare per questo tipo di asset. Chi potrebbe venire in aiuto di Mps?

Il fondo Atlante 2, che ad oggi dovrebbe aver raccolto poco più di 1,71 miliardi di euro di adesioni, spera per fine mese di effettuare la prima chiusura della raccolta superando la soglia dei 2,5 miliardi e trovare poi il modo di convincere altri investitori così da salire a 3,5 miliardi entro fine luglio 2017, quando ci sarà la seconda  e definitiva chiusura. Con questi soldi il nuovo fondo di Penati rileverà la tranche mezzanina da circa 1,6 miliardi di euro ottenendo anche in cambio warrant per partecipare all’aumento di capitale (per un controvalore che potrebbe aggirarsi attorno ai 200-300 milioni), secondo il piano illustrato lo scorso luglio da Mps. Piano che già metteva in conto una minusvalenza di un miliardo netto per l’istituto senese, dato che ai 27,7 miliardi di sofferenze lorde corrispondeva un valore di bilancio di 10,2 miliardi di sofferenze nette.

Dal concambio “volontario” di bond subordinati in azioni potrebbe venire 1-1,5 miliardi che andrebbero dunque a coprire integralmente tale minusvalenza riducendo a 3,5-4 miliardi la necessità di mezzi freschi, di cui 2,2 miliardi necessari ad alzare il livello di copertura degli Npl destinati a rimanere in portafoglio a Mps. Posto che gli 1,6 miliardi circa della tranche junior delle sofferenze cartolarizzate della banca ricadrà sui suoi soci, c’è la necessità di trovare un nuovo socio “forte” disponibile a sottoscrivere almeno un miliardo di euro di aumento di capitale, così da non lasciare in mano al mercato, ovvero al consorzio di collocamento guidato da Jp Morgan e Mediobanca, che finora ha sottoscritto solo un accordo di pre-garanzia, più di 1-1,5 miliardi di euro di titoli da sottoscrivere.

Se non si troverà il soggetto (o i soggetti: Marco Morelli e la sua squadra starebbero già saggiando la disponibilità dei principali fondi sovrani e fondi di private equity mondiali ad intervenire, ovvero le condizioni alle quali tali soggetti sono pronti a scendere in campo) adatto, le fonti citate da Reuters non escludono “una ricapitalizzazione cautelativa dello stato italiano”. In questo modo infatti il governo italiano potrebbe non aver bisogno dell’assenso dei partner europei come nel caso di un vero e proprio salvataggio bancario. Sul punto le regole europee sono sufficientemente vaghe per dare a tutti la possibilità di interpretarle a proprio favore.

A patto che, prima, qualche “costo” agli obbligazionisti venga addossato, appunto anche tramite una conversione volontaria. Non sarà che il “piano Passera”, che l'ex numero uno di Mps, Fabrizio Viola, non volle neppure portare in Cda, alla fine si rivelerà essere il vero “piano B” per Mps? Viste anche le parole del ministro dell'Economia e Finanze, Pier Carlo Padoan, secondo cui la discontinuità venutasi a creare ai vertici è una notizia positiva per la banca, c’è chi inizia a crederlo, come pure che lo stesso Corrado Passera possa avere ancora un ruolo da giocare nella vicenda, magari come candidato presidente dell’istituto.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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