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Senza decontribuzione il Jobs Act non funziona: crollano le assunzioni a tempo indeterminato

Secondo quanto rilevato dall’Inps, con l’esaurimento del periodo di piena decontribuzione in cambio dell’attivazione di nuovi contratti a tutele crescenti e trasformazioni a tempo indeterminato di precedenti rapporti di lavoro precari, gli imprenditori tornano a preferire i contratti a termine per assumere nuovi dipendenti.
A cura di Charlotte Matteini
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Nei primi tre mesi dell'anno la differenza tra assunzioni e licenziamenti decreta un saldo positivo. Nota dolente, però, per quanto riguarda i cosiddetti contratti stabili, che sembrano essere ormai inchiodati al palo. Dopo un'iniziale crescita dovuta alla decontribuzione piena concessa dallo Stato in seguito all'approvazione del cosiddetto "Jobs Act", la riforma del lavoro varata dal governo Renzi, le richieste di attivazione di contratti a tempo indeterminato sono crollate. Dalla fine del 2015, infatti, le imprese non godono più della contribuzione e ricorrono sempre più spesso all'attivazione di contratti a termine. A rilevare l'andamento del mercato occupazione italiano è l'ultimo rapporto diffuso dall'Inps, nel quale è evidente la tendenza: nel primo trimestre 2017 la variazione dei posti di lavoro è positiva di 322.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2016, quando era stato registrato un +266.000 posti. Se si guarda però ai soli contratti stabili, nei primi tre mesi del 2017 sono stati attivati 398.866 contratti, comprese le trasformazioni, con un calo del 7,4% sullo stesso periodo del 2016. Considerando il numero di cessazioni di contratti stabili nello stesso periodo., pari a 381.329, il saldo dei nuovi posti fissi è in attivo per di 17.537 unità. Nei primi tre mesi del 2016, invece, il saldo positivo ammontava a 41.731 unità e nel primo trimestre 2015, quando ancora erano previsti gli sgravi contributivi, a ben 214.765 posti di lavoro fissi.

Insomma, il rapporto dell'Istituto di previdenza sociale evidenzia sostanzialmente che da quando la decontribuzione a carico dello Stato è finita, gli imprenditori sono tornati ad attivare contratti a termini, prendendo molto meno il considerazione il contratto a tutele crescenti introdotto con l'approvazione del Jobs Act. Il risultato complessivo cumula infatti la crescita tendenziale dei contratti a tempo indeterminato (+22.000), dei contratti di apprendistato (+40.000) e, soprattutto, dei contratti a tempo determinato (+315.000, inclusi i contratti stagionali).

Sempre nell'ambito del contratto a tempo indeterminato, il numero complessivo dei licenziamenti del trimestre è stato di 143.200, in leggero aumento rispetto al dato del primo trimestre del 2016 (+2,9%). Si evidenzia però anche una contrazione delle dimissioni, -3,5% rispetto a gennaio-marzo 2016. Infine, per quanto riguarda la composizione dei nuovi rapporti di lavoro in base alla retribuzione mensile, si registra, per le assunzioni a tempo indeterminato del primo trimestre 2017, una riduzione della quota di retribuzioni inferiori a 1.500 euro (32,7% contro 35,4% di gennaio-marzo 2016).

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