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Sempre più aziende ricorrono al voucher. Boeri lancia l’allarme: “Rischio precarizzazione”

Dal 2008 al 2015, circa 2 milioni e mezzo di lavoratori sono stati pagati in voucher, per lo più impiegati nel commercio e nel settore alberghiero. L’età metà è passata dai 60 anni del 2008 ai 36 del 2015 e il compenso medio per voucherista ammonta a circa 500 euro netti l’anno. Il presidente dell’Inps lancia l’allarme: “In alcuni casi, precarizzazione del lavoro evidente”. I dati sono stati elaborati da Inps Veneto-lavoro.
A cura di Charlotte Matteini
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voucher lavoro

Nel giro di 8 anni, dal 2008 al 2015, oltre due milioni e mezzo di italiani sono stati pagati con 277 milioni di voucher da 10 euro lordi. Dalla sua entrata in vigore, sempre più datori di lavoro hanno deciso di ricorrere al voucher per remunerare determinate prestazioni occasionali.

Durante i primi anni di utilizzo, questo strumento veniva usato per pagare più che altro studenti e pensionati che prestavano la propria opera per portare a termine quelli che comunemente sono definiti "lavoretti", non come remunerazione di un vero e proprio lavoro accessorio, come invece accade oggi. Nel 2008, l'anno in cui vennero introdotti i voucher sul mercato del lavoro, i tagliandi venduti ammontavano a circa mezzo milione. Nel 2015, invece, si contano oltre 115 milioni di biglietti totali. Da un platea di lavoratori formata da circa 25.000 soggetti, si è passati, nel giro di 8 anni, a oltre 1 milione e 380 mila lavoratori. L'età media del percettore, attualmente, tocca quota 36 anni, contro i 60 di pochi anni fa. Il compenso medio, calcola Inps – Veneto Lavoro, ammonta a circa 500 euro netti annui.

La ricerca, presentata a Venezia alla presenza del presidente dell'Istituto nazionale di previdenza sociale Tito Boeri, ha inoltre rivelato che, stando ai dati, il tasso di ripetizione, ovvero la probabilità di essere pagati con voucher anche l'anno successivo, ammonta al 50%. Una probabilità su due. Tra il 2008 e 2015 sono stati oltre 816 mila i committenti che hanno deciso di utilizzare questi ticket per pagare le prestazioni occasioni. Meno di 10 mila nel 2008, fino ad arrivare agli oltre 233 mila del 2015. Le regioni in cui i datori di lavoro ricorrono maggiormente al pagamento tramite voucher sono tre: Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia con il 43% dei ticket totali.

Nel solo 2015 sono stati venduti 115 milioni di voucher, per un giro d'affari pari a 860 milioni di euro, di cui 150 figurano come contributi ai fini previdenziali. Secondo la ricerca condotta da Veneto Lavoro, nell'anno 2015 mediamente sono stati remunerati attraverso i voucher lavoratori di circa 36 anni, per il 52% donne e 48% uomini. Il 60% della platea è composta dai cosiddetti esordienti, ovvero da persone che in precedenza non avevano mai ricevuto voucher in cambio di una prestazione lavorativa, e il totale delle erogazioni ammonta a circa 60 voucher pro capite. In totale, solo 207 mila lavoratori hanno guadagnato più di 1.000 euro netti nel 2015, un milione circa ha ricevuto 500 euro netti in un anno.

Nel complesso, l'8% dei voucher è stato erogato a lavoratori appena pensionati che hanno svolto soprattutto attività nell'ambito agricolo; il 14% a soggetti mai occupati, per lo più giovani, di cui il 60% donne; il 18% a lavoratori attualmente indennizzati, ovvero coloro che al momento della prestazione occasionale erano percettori di Aspi, mini Aspi o Naspi, per lo più maschi con un età media di 37 anni; il 29% a lavoratori già occupati presso aziende private e titolari di contratti a tempo indeterminato o a termine; il 23% a ex occupati.

Per quanto riguarda la tipologia di committenti che più frequentemente ha fatto ricorso ai voucher, tra 2013 e 2015 il numero di datori di lavoro è raddoppiato, arrivando a toccare 473 mila unità. In agricoltura, però, nonostante il settore fosse quello inizialmente designato dal legislatore come principale fruitore della nuovo strumento di pagamento. si contano solo 16 mila committenti. Oltre 250 mila aziende, invece, nel settore dell'industria e del terziario, che erogano complessivamente il 76% dei voucher emessi: più del 50% risultano essere alberghi e imprese del settore turistico (75 mila), mentre nel commercio si contano 53 mila datori di lavoro. Le imprese artigiane e i commercianti senza dipendenti ammontano a 65 mila, ma ci sono ancora circa 145 mila committenti che non sono stati classificati, un terzo del totale che impiega circa il 19% dei voucher complessivi.

Dei 473 mila committenti complessivi, quasi il 49% era al primo anno di utilizzo dei voucher. In media ciascun datore di lavoro impiega 3,7 prestatori di lavoro occasionale, numero che sale di molto andando a verificare l'utilizzo dello strumento nel settore alberghiero, dove le aziende impiegano 7,7 prestatori occasionali a voucher. L'82% dei lavoratori ha un solo committente, il 14% due, il restante 4% tre o più datori di lavoro.

Circa 700 aziende italiane possono essere definite "grandi committenti": utilizzano più di 5 mila voucher all'anno per pagare oltre 50 lavoratori, con una spesa media di 110 mila euro l'anno. Rappresentano in tutto lo 0,15% dei datori di lavoro, e concentrano il 9% dei voucher emessi.

In un'intervista concessa a Radio Capital, il presidente dell'Inps Tito Boeri ha dichiarato: "I voucher sono nati per regolarizzare il lavoro accessorio, creare opportunità di lavoro e integrazione per le fasce più marginali del mercato del lavoro, ma hanno avuto uno sviluppo diverso: in alcuni casi abbiamo una precarizzazione evidente, con lavoratori a tempo indeterminato o determinato che adesso hanno i voucher, e in questo senso sono anche controproducenti".

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