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Scrittori misteriosi: non solo Elena Ferrante, ecco chi ha scelto di rimanere anonimo

Molti scrittori di successo si sono eclissati nello pseudonimo, volevano mantenere un privato normale, proteggere la loro vera identità o misurare il proprio talento anche sotto altre firme. Ecco 5 nomi importanti.
A cura di Redazione Cultura
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Stephen King a Manhattan, New York
Stephen King a Manhattan, New York

La scelta di Elena Ferrante, di mantenere nascosta la sua identità, fa molto riflettere. Sopratutto nel corso degli ultimi mesi una vera e propria indagine ossessiva è stata condotta sulla sua persona, ciò è anche plausibile, da parte dei lettori che vorrebbero dare un volto all'autrice dei propri libri preferiti. Ma perché non rispettare la scelta di voler rimanere nascosti? Alla base delle quale ci saranno delle motivazioni profonde come il diritto di mantenere intatto il proprio privato, avere un quotidiano comune. E se fosse proprio quell'essere persone comuni, andare a fare la spesa tranquillamente, o qualsiasi altro gesto di routine, a nutrire il successo di quella penna?

1. Elena Ferrante

Tra le svariate ipotesi fatte sulla sua vera identità ci sono quelle di Anita Raja, traduttrice e saggista partenopea, moglie di Domenico Starnone, di Starnone stesso, di Goffredo Fofi, degli editori Sandro Ferri e Sandra Ozzola. Nel caso della Ferrante, la scelta dell'anonimato è stata presa come una provocazione ma probabilmente non intendeva esserlo. Si è parlato di marketing editoriale, come se il bacino dei lettori dovesse rimanere sulla corda così da montare il caso. Ma la necessità di rimanere anonimi non è inedita.

2. Stephen King

Nel percorso di uno scrittore possono esserci diverse motivazioni a indurre alla scelta dell'anonimato e quindi, in sostanza, firmarsi con uno pseudonimo. L'esempio calzante è quello di Stephen King, che ad un certo punto cominciò a fare quello che aveva sempre fatto: produrre letteratura ma sotto un nome diverso, quello di Richard Bachman, di cui furono costruite carriera e biografia, una vita dolente a cui verrà presto diagnosticato un cancro terminale per porre così fine alla questione di quella che ormai era diventata una doppia identità. Probabilmente Stephen King ebbe il tempo necessario per trarre le sue valutazioni e misurare il suo talento anche sotto un altro nome.

3. J.K.Rowling

J. K. Rowling
J. K. Rowling

Accade la stessa cosa anche a J.K.Rowling, la cui fama è legata alla serie di romanzi di Harry Potter, che ha scritto firmandosi con lo pseudonimo J. K. Rowling in cui "K" sta per Kathleen, nome della nonna paterna, motivo per cui la scrittrice è spesso indicata impropriamente come Joanne Kathleen Rowling. Evidentemente gli pseudonimi non fanno per lei, non solo nei piccoli dettagli di firma ma soprattutto quando fu immediatamente scoperta, quando provò a inventarsi la biografia del fittizio giallista Robert Galbraith.

4. Romain Gary

Romain Gary scelse di pubblicare "Formiche di Stalingrado" nel 1945 firmandosi Roman Kacew. Nel 1973 si creò addirittura un eteronimo: Ajar, alla cui vita fittizia Gary vuole dare tutto ciò che manca in quella reale, in primis la riservatezza. Gary finse che i manoscritti gli giungano dal Brasile. Il romanzo ebbe un gran successo Ajar. Ne scrisse altri quattro fino a vincere il Prix Goncourt nel 1975. Ma i giornalisti lo tormentano fino a incalzarlo. La moglie di Gary, Jean Seberg, si uccide e dopo aver scritto  "Vita e morte" di Emile Ajar, lui seguirà il destino della compagna sparandosi in bocca.

5. Alice Sheldon

Alice Sheldon si suicidò a 71 anni. Le sue storie di fantascienza sono firmate con James Tiptree. Non rivelò a lungo la sua identità femminile, la teneva celata nascosta e rifiuta anche il premio Nebula nel 1974 con "Le donne invisibili". Vinse anche il premio Hugo con "La ragazza collegata". Ma il gioco non ha retto a lungo. James e i suoi paesi esotici, James uomo di guerra, era un personaggio che non stava più in piedi perché dietro di lui c'è una donna e anche questa rivelazione terminerà con un suicidio della scrittrice, a conferma del fatto che la riservatezza per una penna di successo, oltre ad essere una necessità vitale, sarebbe stato comunque un diritto.

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