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In USA boom per Leopardi: il suo Zibaldone diventa un successo editoriale

La pubblicazione in inglese dello “Zibaldone” diventa caso letterario in Inghilterra e Stati Uniti: finalmente il mondo potrà leggere e apprezzare il Leopardi filosofo che, secondo il Financial Times, è “uno dei pensatori più radicali del diciannovesimo secolo”.
A cura di Andrea Esposito
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L’incredibile statura poetica di Giacomo Leopardi ha sempre oscurato la reale portata della sua produzione cosiddetta “minore”, quella per intenderci più schiettamente filosofica. Certo, i temi sviluppati nelle opere in prosa, trovano dirette e precise corrispondenze a livello lirico e, in particolare tra gli anni ’30 e ’50, sono stati interpretati come segni premonitori di un atteggiamento esistenzialista ante litteram. Tuttavia, possiamo ben dire che tanto in Italia quanto, soprattutto, all’estero del poeta di Recanati si abbia una visione approssimativa e limitata: la sua straordinaria e proverbiale sensibilità, infatti, difficilmente si lascia inquadrare nelle categorie convenzionali e, come scrive il critico americano John Gray, “la reale portata del suo genio sovversivo non ha ancora ricevuto un adeguato riconoscimento”.

Così stanno, o quantomeno stavano fino a oggi, le cose. Già, perché la notizia di cui vogliamo darvi conto è che il nuovo caso letterario di cui si discute sulle più eminenti riviste letterarie inglesi e americane è proprio relativo a Giacomo Leopardi e in particolare al suo Zibaldone appena tradotto oltre oceano e pubblicato rispettivamente da Penguin Books e da Farrar, Straus e Giroux. Un successo editoriale che ha il carattere di un’impresa epica: oltre sei anni di riflessioni, sette di traduzione, ad opera di una folta schiera di studiosi, due coordinatori/curatori che portano il nome di Micheal Cesar, ordinario di letteratura italiana all’università di Birmingham e fondatore nel 1998 della cattedra di studi leopardiani, e Franco D’Intimo, docente alla Sapienza e noto studioso di Leopardi. Questo team di specialisti ha raccolto la sfida di proporre al pubblico di lingua inglese le oltre duemilacinquecento pagine di un lontano poeta romantico, ottenendo un successo che va molto oltre le aspettative: Sunday Times, New Statesman, New York Review of Books e molti altri ancora, hanno definito lo Zibaldone come un "tesoro ritrovato", un punto di riferimento imprescindibile per il pensiero moderno. Il Financial Times arriva a definire Leopardi come “uno dei pensatori più radicali del diciannovesimo secolo” accostandolo a Coleridge, Emerson, Kirkegaard e Nietzsche.

Elio Germano sul set del film: Il giovane favoloso, regia di Mario Martone
Elio Germano sul set del film: Il giovane favoloso, regia di Mario Martone

Elisabetta Rasy, riportando un suo colloquio con Micheal Cesar, proprio in occasione della pubblicazione del volume, riferisce che lo studioso inglese parla di un inatteso e autentico “major event” nella storia delle idee, aggiungendo che anche in Italia lo Zibaldone è poco considerato come libro autonomo, ritenuto "solo" un punto di riferimento per le opere maggiori. In effetti, basta pensare che la prima pubblicazione del testo integrale avvenne nel 1898, per celebrare il centenario della nascita del poeta. Non solo, anche l’edizione critica del 1937, curata da Francesco Flora, parla esplicitamente di “preparazione culturale”, di una “anteriore e men elaborata stesura” rispetto all’opera poetica.

Insomma, siamo probabilmente alle soglie di un ribaltamento curiosissimo e del tutto inaspettato: il Leopardi filosofo che scavalca e si impone sul Leopardi poeta! In realtà, almeno in Italia esistono una serie di ragioni storiche che hanno, per così dire, oscurato lo spessore filosofico del pensiero leopardiano: una fra tutte, la sua rigorosa avversione per l’idealismo, a lungo dominante qui da noi, a favore di un sensismo materialista che naturalmente trova maggiore sponda nel mondo anglosassone. Inoltre, Leopardi pur accettando il Cristianesimo come unica illusione possibile, era un pensatore radicalmente anticristiano, e riteneva che l’asserzione militante della sua verità rivelata fosse nociva per l’intera umanità, non già da un punto di vista teologico, ma storico, morale. L’universalismo propugnato dal Cristianesimo, infatti, era, secondo Leopardi, una licenza senza limiti per la ferocia e l’oppressione. John Gray, nel suo appassionatissimo articolo apparso sul New Statesman, ricorda che il poeta di Recanati non riuscì a prendere mai sul serio la fede nel progresso, l’idea che la civiltà migliori gradualmente col tempo, e partendo da queste considerazioni, valutava l’impatto della religione Cristiana sul mondo antico come una sciagura: “La scelleratezza dei cristiani nel Medioevo era molto differente e più orribile di quella dell’età antiche anche più barbare”. In altre parole Leopardi, molto prima dell’Imperialismo di fine Ottocento, dei genocidi di età moderna e delle guerre della nostra epoca, che si svolgono sotto lo stendardo della democrazia, aveva intuito si celasse quella che soleva definire “barbarie della ragione”, vale a dire il tentativo di ordinare il mondo secondo un modello più razionale. Ma l’aspetto più “pessimista” di tutta la vicenda è, come ci ricorda ancora Gray, che Leopardi accettava, seppur amaramente, il fatto che non esiste alcun rimedio per l’ignoranza di coloro che si credono incarnazioni della ragione.

In conclusione, lasciateci soltanto dire che la lucidità e l’incredibile attualità di questi ragionamenti è tale da provocare inquietudine e incanto, turbamento e malia. Pertanto consigliamo vivamente di ritornare a leggere Leopardi avendo per un attimo il coraggio di scansare il richiamo seducente delle poesie per dedicarsi alla prosa. Un’operazione peraltro simile a quella suggerita dal recente percorso del regista Mario Martone, che dopo aver portato in giro per l’Italia le Operette morali, sta realizzando un ambizioso progetto cinematografico dal titolo: “Il giovane favoloso”, che vedrà Elio Germano nei panni del grande poeta.. Ops! del grande filosofo italiano.

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