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Schiave sessuali, il Giappone le risarcisce con 90mila dollari ciascuna

Erano conosciute come “donne di conforto” durante la seconda Guerra Mondiale, ne furono adescate tra le 80 e le 200 mila. Ora, finalmente, un risarcimento.
A cura di Giorgio Scura
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Usate come schiave sessuali, come oggetti di conforto, carne da macello, e ora finalmente risarcite. Le donne sudcoreane sopravvissute che durante la seconda guerra mondiale, infatti, furono costrette alla schiavitù sessuale da parte dell'esercito giapponese, riceveranno ciascuna un risarcimento di circa 100 milioni di won (circa 90.000 dollari). Mentre alle famiglie delle vittime decedute sarà data una somma di circa 20 milioni di won (18.000 dollari).

Lo ha annunciato il ministero degli esteri sudcoreano. I risarcimenti arriveranno da una fondazione lanciata dal governo sudcoreano lo scorso mese e finanziata dal governo giapponese. Seul si aspetta che il governo giapponese trasferisca presto 1 trilione di yen (9,9 milioni di dollari) a questa fondazione. Secondo le autorità sudcoreane, delle 196 donne sottoposte a schiavitù sessuale dai militari giapponesi, conosciute come "donne di conforto", ne sono sopravvissute solo 46. La questione è la più grande fonte di attrito nelle relazioni tra i due paesi.

L’esercito imperiale giapponese, tra gli anni 1932 e 1945, adescò tra le 80mila e le 200mila donne e bambine. La maggior parte di loro proveniva dalla Corea, ma ve ne erano tante altre di origine giapponese, cinese, filippina o vietnamita. Vi è anche testimonianza di alcune centinaia di donne di origine europea.

Sedotte da offerte di lavoro illusorie, alcune avevano 12 anni, furono deportate nelle fabbriche del sesso. Vi rimasero per mesi o anni, subendo l’umiliazione di orde di soldati che facevano ritorno dai campi di battaglia e che potevano abusare dei loro corpi a proprio piacimento. A molte di loro le violenze subite costarono l’infertilità.

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