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Scajola si difende al processo: “Ho agito per amore di Chiara Rizzo”

L’ex ministro Claudio Scajola imputato per i presunti aiuti al latitante Amedeo Matacena. La difesa ha chiamato a testimoniare l’ex presidente libanese Gemayel.
A cura di Susanna Picone
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È iniziato ieri il processo che vede imputato Claudio Scajola. L’ex ministro dell’Interno, ancora agli arresti domiciliari, era a Reggio Calabria per la prima udienza. Secondo l’accusa, Scajola avrebbe aiutato l’ex parlamentare di Forza Italia, il latitante Amedeo Matacena, a sottrarsi a una condanna per mafia e a occultare il suo impero economico. In aula Scajola non ha trovato la sua coimputata, la segretaria Maria Grazia Fiordalisi, e neanche Chiara Rizzo, ex moglie di Matacena che sarà giudicata in abbreviato. Si tratta della donna di cui, a detta degli avvocati dell’ex ministro, lui si era invaghito a tal punto da prometterle un aiuto, pur non essendo realmente intenzionato a farlo, per il marito rifugiato a Dubai dopo la condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. E per questa donna, appunto, Scajola avrebbe agito. Secondo quanto scrive Il Corriere della Sera ieri, durante una pausa del processo, Claudio Scajola è apparso smarrito: “Da centosessantasette giorni sono detenuto per l'accusa di una tentata, procurata inosservanza di pena. Mi sembra incredibile, l'ho detto anche al pm, con tutte le cose serie che hanno di cui occuparsi…”.

Le mosse della difesa di Claudio Scajola

I suoi avvocati, Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito, hanno chiamato a testimoniare l'ex presidente del Libano Amin Gemayel  e una serie di altre persone che possano riferire dei rapporti del loro assistito con Chiara Rizzo. Scajola, infatti, continua a difendersi dicendo che ogni sua azione era dettata dall'amore, dal desiderio di mettersi in mostra con una donna “estremamente bella, molto affascinante, rimasta improvvisamente sola e disperatamente bisognosa di aiuto per qualunque cosa, sì da apparire indispensabile ai suoi occhi e poter avere l'occasione di ritagliarsi dei momenti di intimità con lei”. L’udienza è stata caratterizzata anche dalla decisione del tribunale del riesame di dichiarare inammissibile, “per carenza di interesse”, il ricorso presentato dalla Dda di Reggio Calabria contro la decisione del gip che aveva escluso l’aggravante mafiosa. “Una decisione molto importante perché per il momento mette la parola fine al discorso”, ha commentato l’avvocato Perroni. “Non cambia nulla – ha invece detto il pm Giuseppe Lombardo – visto che i giudici hanno deciso che in questo momento non possono decidere né in un senso né nell’altro”.

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