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Saviano in tribunale: “Non ce la faccio più a vivere così, non sono libero”

“Il mio futuro è lontano dall’Italia dove chiederò una nuova identità e ripartirò da zero”. Si sfoga così lo scrittore di ‘Gomorra’, testimone oggi al processo d’appello contro i boss dei casalesi Iovine e Bidognetti.
A cura di Biagio Chiariello
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 "Immagino che la mia vita possa essere libera solo all’estero, in Paesi che possano darmi un’altra identità, così che possa permettermi una vita nuova che comincia da zero. Ho la sensazione di essere un reduce dopo una battaglia". E' lo sfogo di Roberto Saviano, testimone come parte lesa ogi a Napoli nel processo relativo alle minacce aggravate da finalità mafiose che ricevette, tramite i legali Carmine D’Aniello e Michele Santonastaso, dai capoclan dei casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine, durante il processo cosiddetto “Spartacus”. Lo scrittore racconta della situazione che vive oggi, afferma di essere stanco di essere continuamente sotto scorta. "Vivevo a Napoli e immaginavo la possibilità di una carriera universitaria. I rapporti con i miei familiari sono diventati complicati. Il progressivo aumento della scorta rende difficilissima la vita quotidiana. Non esistono passeggiate, nessuna forma di vita normale, non posso prendere il treno né la metropolitana o scegliere un ristorante senza concordarlo con la scorta". Ma Saviano quella scorta non può neanche pensare di rimuoverla: "Ho chiesto ad un ufficiale dei carabinieri di togliermla, mi hanno risposto: ‘non ci pensare nemmeno', "afferma.

Diverse sono le minacce ricevute negli anni dall'autore di Gomorra. Tra le altre, c'è un volantino lasciato nella cassetta della posta della madre in cui accanto alla sua foto compariva una pistola con la scritta "Condannato". Saviano ha legato indissolubilmente il suo nome a Casal di Principe. Dopo aver scritto il suo libro-denuncia alla Camorra, nel 2006, fu invitato nel comune casertano per intervenire a parlare agli studenti in occasione dell'apertura dell'anno scolastico: "A Casal di Principe in piazza di Camorra non si era mai parlato. In paese si percepiva un clima di tensione". Saviano ricorda che dal palco rivolse l'appello a cacciare i boss Zagaria, Schiavone e Iovine, e ad ascoltarlo c'era anche il figlio di Sandokan. "Mi accorsi della presenza di Carmine Schiavone, figlio di ‘Sandokan': la piazza smise di guardare me e cominciò a guardare lui. Di lì a poco sarei dovuto andare a prendere il treno per Napoli ma la scorta dell'allora presidente della Camera Fausto Bertinotti decise di accompagnarmi: ‘Questo ragazzo non va via da solo" ‘.Nel 2007 Saviano tornò a Casal di Principe sempre per l'inizio dell'anno scolastico. L'accoglienza fu diversa: "I negozi abbassavano le saracinesche, le finestre delle case erano chiuse: una parte della città mi percepiva ostile. Nicola Schiavone, il padre di ‘Sandokan', ripreso anche dalle televisioni, mi disse ‘Buffone, a Casale ci sono gli uomini, non gente come te. Fai bene il tuo lavoro, non il pagliaccio' " spiega.

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