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Salviamo Pompei, tesoro nell’Italia dell’oblìo

Decenni di incuria ci stanno dissolvendo millenni di storia. Chi ama Pompei chiede di salvarla. E chi la amministra cos’ha intenzione di fare?
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Ogni volta che un politico italiano va in visita a Pompei un pezzetto dell'area archeologica muore. Non perché a Pompei non siano arrivati i soldi, niente affatto. Ma il recupero, la tutela e la salvaguardia degli Scavi archeologici all'ombra del Vesuvio sono stati un bluff. Solo un grande affare per le "cricche" dell'emergenza in questi ultimi decenni. Lo dicono i fatti: il denaro è arrivato, gli affreschi spariscono. Gli appalti assegnati, i muri si sbriciolano. Imprese e consulenti incassano milioni e i reperti vengono rubati. E questo succede ormai da anni. Basta mettere in fila le promesse per avere un quadro. L'ultimo ministro ai Beni Culturali, Dario Franceschini, governo Renzi, preoccupatissimo nell'offrire campi di golf al sud ai turisti statunitensi (lo dice lui) poco meno di due mesi fa ha pure lui promesso qualcosa. E poi? Ci sarà un momento successivo alle promesse, ci sarà un momento successivo ai «faremo», ai grandi progetti di architetti e archeologi, ai grandi eventi che passano e nulla lasciano? #SalviamoPompei, la frase che abbiamo sentito dire a ministri, sottosegretari, capi di stato e di governo, una volta tanto la facciamo dire all'unica, vera ricchezza di quest'area unica al mondo: i suoi visitatori. Chi ama Pompei chiede di salvarla. E chi la amministra cos'ha intenzione di fare?

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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