Roberto Saviano non si candida (per ora)

“Pare che chi abbia visibilità e consenso sia immediatamente considerato candidabile. È un pensiero perverso perché la visibilità che viene dalla capacità di riflessione e di parlare a molti, dovrebbe far parte della costruzione politica di un paese, senza che questa significhi ritenersi in grado di poter gestire un ruolo in Parlamento, essere ministro o sindaco”: è questo l’ultimo messaggio lanciato dallo scrittore Roberto Saviano a proposito di una sua eventuale candidatura in politica di cui si è parlato negli ultimi giorni. Saviano ribadisce dunque ai lettori, tramite la sua pagina Facebook, ciò che più o meno si leggeva stamane sull’Espresso che ha anticipato i contenuti della rubrica L’Antitaliano in edicola domani.

Io candidato? Una bufala – Il titolo dell’Espresso che dà l’idea del pensiero di Saviano non sembra poter apparire in alcun modo ambiguo, la decisione dello scrittore sarebbe dunque quella di restare fuori dal mondo della politica o, andando a leggere le sue dichiarazioni, di restarne sicuramente fuori almeno per ora. Perché se è vero che è falsa la notizia di un’imminente candidatura di Saviano – lo scrittore ci tiene a spiegare come ciclicamente ritorna questa “bufala” alla fine di ogni sua trasmissione televisiva (“È dal 2006 che mentendo annunciano la mia candidatura”, dopo le sue trasmissioni, “Vieniviaconme” prima e “Quello che (non) ho” adesso) – è anche vero che lo stesso dice di non rinunciare alla possibilità di costruire un nuovo percorso in questo paese.

Ridare dignità alle parole della politica – “Il mio mestiere è quello di scrivere, ma non rinuncio alla possibilità di costruire un nuovo percorso in questo paese”, l’autore del celebre “Gomorra” parla così della possibilità di “un nuovo percorso” virando dunque sul discorso della “dignità delle parole” e del ruolo che queste possono avere, forse anche in ambito politico: “Ridare dignità alle parole della politica è – scrive ancora Saviano – la premessa alla rinascita. Ripartire dalle parole significa costruire prassi diverse. Perché, lo dice lo scrittore riprendendo un tema caro ai filosofi del linguaggio, le parole sono azione”.