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Rio 2016: tris d’oro di Bolt, Van Niekerk da record sui 400

Bolt vince il terzo oro di fila ai Giochi nei 100 e annuncia: “E’ la mia ultima Olimpiade. Ho vinto quello che volevo”. Nei 400, sensazionale record del mondo di Van Niekerk: 43″03. Demolito il vecchio primato di Michael Johnson che durava da vent’anni.
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Tre su tre. Usain Bolt vince il terzo oro olimpico di fila sui 100 metri e sogna la terza tripletta consecutiva (100,200, 4×100). Il giamaicano diventa il più anziano oro olimpico nei 100 dal trionfo di Linford Christie nel 1992. Gatlin parte meglio ma in progressione non c'è nessuno come il giamaicano. Vince in 9.81, e migliora di poco lo stagionale. Argento a Gatlin (9.89), bronzo al giovanissimo De Grasse col personale (9.91).

Sì, questa è la mia ultima Olimpiade – ha ammesso Bolt a caldo, subito dopo la vittoria -. Ho fatto tutto quello che volevo fare, ho vinto quello che volevo. Grazie a tutti i miei fan per il supporto, adesso però ci vediamo ai 200 m.

Il giamaicano è leggenda ma il vero uomo copertina della giornata è Wayde Van Niekerk, sudafricano che frantuma il record del mondo nei 400 con un sensazionale 43″03 dalla corsia 8 e gli ultimi 100 metri in accelerazione.

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La fantasia al potere – Bolt, scriveva sull'Unità Giorgio Reineri dopo i due record del mondo frantumati in una settimana ai Mondiali di Berlino 2009, "non ha mai perduto il sorriso, né nascosto la gioia di correre: la vita, ha detto più volte Usain, è allegria, e fantasia. Ci vuole fantasia, difatti, per inseguire certe prestazioni atletiche: occorre immaginarsi più forti delle barriere". A sei anni di distanza, su una pista blu dipinta di blu come quella dell'Olympiastadion che fu teatro anche del rigore di Grosso alla Francia e della notte azzurra sopra Berlino, l'immagine dell'uomo e del campione non è cambiata.

Rivalità con Gatlin – La rivalità con Gatlin ha cambiato la storia recente dello sprint. L'americano era a casa, davanti alla tv, mentre Bolt cancellava tre record del mondo e diventava il primo di sempre a correre i 100 in meno di 9,7 secondi. "Mi ha dato una visione di dove dovevo essere" ha ricordato Gatlin, che scontava quattro anni di squalifica per doping. Poi, tra il 2014 e il 2015, con il giamaicano infortunato, è Gatlin ad alzare l'asticella. Sono suoi sei dei primi sette migliori in entrambe le stagioni. Ma fallisce l'appuntamento più importante, il Mondiale di Pechino. "Ha dimostrato che quando sta giù può tornare su. Ma quando già è in condizione, è il migliore di tutti" ammetteva. It's the same old story: i vincenti guardano il traguardo, gli altri guardano i vincenti.

To the world – Anche Rio può ammirare quello che in Giamaica chiamano "To Di World” (Al mondo), che il resto del mondo conosce come “Lighting Bolt” o semplicemente “Bolting”. Quell'esultanza ormai diventata un marchio di fabbrica con un gomito piegato e l'altro teso come a lanciare un'immaginaria freccia verso il cielo, per farlo respirare. Perché le finali di Bolt si seguono così, senza fiato ad ammirare quella falcata impossibile, ad aspettare un gesto diventato trademark, che chiunque ha ripetuto almeno una volta nella vita: non hanno resistito nemmeno Barak Obama, il principe Harry e Mickey Rourke. Non si tratta, però, di un gesto di quelli densi di simbolismi e affermazioni di identità come il crip-walk, il balletto un tempo delle gang più violente di Compton, con cui Serena Williams celebrò l'oro di Londra con più di qualche polemica.

Legame col mondo – E' un passo di danza piuttosto diffuso in Giamaica nel 2008, quando Bolt ha festeggiato così per la prima volta e segnato l'Olimpiade della tripletta e dei record frantumati. "Tutti in Giamaica sappiamo che ballare gli piace, soprattutto il dancehall", un sottogenere del reggae,  più povero ed essenziale e meno dedicato a tematiche politiche e religiose, che si è sviluppato in Giamaica alla fine degli anni Settanta. "Penso che l'abbia preso da lì" ha detto Pac Williams, identificato da Usa Today come un esperto di questo genere musicale. "Tutti amano restare aggiornati con gli ultimi passi" ha confermato Shelly-Ann Fraser-Pryce, la due volte campionessa olimpica dei 100 metri. Nessuno, però, sa esattamente da dove derivi il "To di World" che naturalmente ha attirato numerosi sedicenti padri. Ma non è l'origine che conta, è l'effetto. "Quando la faccio, sento che creo un legame col mondo" ha detto Bolt. "Ho cominciato a esultare così un po' per gioco, per divertimento, ma adesso tutti amano questo passo così tanto che si arrabbierebbero se smettessi di farlo".

Semi in controllo – Bolt si era fatto preferire nella sfida a distanza in semifinale. Ha vinto la sua in 9.86, controllando a busto anche troppo eretto e quasi in frenata negli ultimi quindici metri. La partenza falsa di Andrew Fisher, il giamaicano cresciuto alla Albert Town High and St Elizabeth Technical High School e passato al Bahrain senza però cambiare nome, non lo distraggono. Certo non può partire come Bromell, il campione del mondo dei 60 metri indoor, terzo ma ripescato (10.01) o del giovane canadese De Grasse, secondo. La fase lanciata, però, è decisamente alla Bolt, fluida e controllata, leggera, morbida.

Gatlin di forza – Molto diversa dalla falcata potente ma rigida di Gatlin nella terza semifinale. L'americano, che ha vinto i Trials in 9.80 ma si è un po' nascosto, ha corso molto meno dell'anno scorso, stampa un 9.95 più di forza in una gara più lenta. Lemaitre, il primo bianco a scendere sotto i dieci secondi con i cronometri computerizzati, che da un po' di tempo fa meglio sui 200, ritrova un incoraggiante 10.07 che non gli basta però per partecipare alla festa per le medaglie.

400 metri, spaziale Van Niekerk: demolito Johnson

Memorabile l'antipasto della finale. E' semplicemente straordinario il record del mondo nei 400 metri del sudafricano Wayde Van Niekerk, che si è allenato in Giamaica con Bolt. Parte dalla corsia otto e per soli tre centesimi non diventa il primo uomo di sempre a completare il giro di pista in meno di 43 secondi. Con un 43″03 storico abbatte di 15 centesimi il primato del mondo di Michael Johnson che durava da vent'anni con uno sprint ai limiti dell'impossibile negli ultimi 150 metri, con una corsa da velocista ancora proiettata in avanti.

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Già miglior quattrocentista non americano di sempre ai Mondiali di Pechino dell'anno scorso, quest'anno aveva già scritto la storia ai Free State Championships di marzo: è diventato l'unico a correre i 100 sotto i 10 secondi (9.98), i 200 sotto i 20 (19.94) e i 400 sotto i 44 (43.48). La giornata ha regalato il meritato oro nel salto triplo della colombiana Caterina Ibarguen (15,17 m) davanti alla venezuelana Rojas ealla kazaka Olga Rypakova. E la bella qualificazione della "Panterita" Libania Grenot per la finale dei 400 con 50″60, il miglior tempo di ripescaggio. "La rivale da battere sono sempre me stessa, nonostante gareggiassi contro la Felix" ha detto Grenot in zona mista.

Forza della mente – Anche per la Panterita vale quel che scriveva ancora Reineri di Bolt."E' la forza della mente a fare di (lui) un fenomeno", quella capacità tipica dei campione di concedere "all'immaginazione il potere sul suo corpo, liberandolo dalle costrizioni che la normalità ci vuole imporre". Il simbolo dell'atletica ha cambiato la percezione dello sprint del terzo millennio. E continua a correre per la storia. Per l'immortalità.

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