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Rigopiano, la telefonata del direttore che fermò i soccorritori: “E’ tutto a posto”

In una conversazione con il Centro di coordinamento soccorsi della Prefettura di Pescara il direttore dell’hotel Bruno Di Tommaso rassicura: “E’ tutto a posto”.
A cura di Davide Falcioni
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Sono le 17 e 40 del 18 gennaio. L'hotel Rigopiano di Farindola è stato spazzato via da una valanga e uno dei pochi superstiti – Giampiero Parete – ha già chiesto aiuto chiamando il 118 e segnalando che l'"albergo non c'è più". L'allarme viene inoltrato al Centro di coordinamento soccorsi della Prefettura di Pescara, che contatta telefonicamente Bruno Di Tommaso, direttore dell'hotel, per chiedere delucidazioni sulle condizioni della struttura. Di Tommaso in quel momento si trova a Pescara, non sa nulla della slavina e smentisce categoricamente che l'hotel possa essere stato distrutto: "Sono in contatto con Whatapp, è tutto a posto", dice l'amministratore, fornendo assicurazioni in merito alla tenuta della struttura ricettiva. E' molto probabilmente proprio a causa di questa telefonata – diffusa da Repubblica – che i soccorsi non sono stati tempestivamente inviati a Rigopiano: la telefonata di Parete viene evidentemente scambiata per un falso allarme e di conseguenza ignorata, in un contesto in cui – giova ricordarlo – a causa delle forti nevicate in tutto l'Abruzzo vi erano condizioni di massima emergenza.

La registrazione della telefonata tra il Centro di coordinamento soccorsi della Prefettura di Pescara e Di Tommaso costituisce un elemento di primaria importanza nell'inchiesta della magistratura e chiarisce che, molto probabilmente, senza le rassicurazioni del titolare dell'hotel la macchina dei soccorsi avrebbe potuto mettersi in moto fin da subito.

Nel frattempo prosegue l'accertamento della verità su quanto accaduto il 18 gennaio nell'albergo ai piedi del Gran Sasso: fonti investigative hanno fatto sapere nei giorni scorsi che tutte le 29 vittime sarebbero morte sul colpo, mentre chi non è deceduto subito non avrebbe sofferto a lungo. Le cause della morte, stabilite dalle autopsie sui corpi delle vittime, sono traumi, asfissia e schiacciamento. Intanto si intensificano gli interrogatori dei testimoni. Tre giorni fa  è stato sentito il sindaco del comune ai piedi del Gran Sasso, Ilario Lacchetta, il quale ha confermato di non avere ricevuto il bollettino meteo che segnalava un rischio valanga 4 su un massimo di 5 proprio nel giorno della tragedia.

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