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Riassunzione del procedimento esecutivo sospeso

La Cassazione del 9.3.2017 n. 6015 ha stabilito che dopo la sospensione dell’esecuzione su accordo delle parti ai sensi dell’art. 624-bis cpc, la parte interessata alla riassunzione del processo è tenuta unicamente al deposito, nel termine perentorio di dieci giorni dalla cessazione del periodo di sospensione, di istanza di riassunzione diretta al giudice dell’esecuzione, il quale fissa sulla stessa udienza per l’audizione delle parti con decreto da comunicarsi a cura della Cancelleria.
A cura di Paolo Giuliano
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Sospensione del processo

Nel procedimento giudiziario (inteso come una serie continua di fasi e di atti) può sorgere la necessità (o la mera opportunità) di avere una sospensione del procedimento giudiziario. I motivi possono essere diversi, alcuni sono codificati dal legislatore, (di solito portano ad una sospensione obbligatoria) altri sono discrezionali (e lasciati alla libera valutazione del giudice).

Modalità di riassunzione del procedimento giudiziario (di cognizione) sospeso

Dopo la sospensione (spirato il termine di sospensione o venuti meno i motivi che hanno determinato la sospensione del processo) la parte che ha interesse alla prosecuzione del procedimento giudiziario deposita un ricorso al Giudice con il quale si chiede la fissazione di una udienza per la prosecuzione del procedimento sospeso (c.d. riassunzione).

Di solito è perentorio il termine entro depositare il ricorso per fare in modo che il giudice fissi la data (la nuova udienza) per la prosecuzione del procedimento giudiziario sospeso, ma tale termine perentorio è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria, mentre non è applicabile alla fase ulteriore della notifica alle altre parti del provvedimento del giudice con il quale viene fissata la nuova udienza.

In altri termini, nel termine perentorio di presentazione del ricorso non ci deve essere anche la notifica alle controparti dell'istanza di fissazione dell'udienza di prosecuzione del processo indicata dal giudice.

Può capitare che il ricorso per la fissazione dell'udienza di prosecuzione del processo sia depositato nei termini, ma la notifica del provvedimento di fissazione dell'udienza per al prosecuzione del processo sospeso non sia effettuata o presenti dei vizi.

In tali ipotesi, se il giudice rileva l'omessa notifica o un vizio della notifica deve ordinarne l'effettuazione (o la rinnovazione) entro un termine perentorio e solo il mancato rispetto di questo termine determinerà l'estinzione del giudizio.

Sospensione procedimento esecutivo

Anche nell'esecuzione forzata (procedimento esecutivo) possono verificarsi degli eventi che giustificano la sospensione del procedimento esecutivo. La sospensione dell'esecuzione forzata è regolata in modo specifico dal codice di procedura con gli articoli 623 cpc a 632 cpc.

Il procedimento esecutivo per le sue peculiarità presenta delle norme speciali relative alla sospensione

Modalità di riassunzione o prosecuzione del procedimento esecutivo sospeso

Per la riassunzione (o prosecuzione) del procedimento esecutivo il codice di procedura distingue la sospensione su istanza delle parti ex art. 624 bis cpc (entro dieci giorni dalla scadenza del termine di sospensione la parte interessata deve presentare istanza per la fissazione dell'udienza in cui il processo deve proseguire) dalle altre ipotesi di riassunzione del procedimento esecutivo sospeso (art. 627 cpc: il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso).

Se per la riassunzione (o prosecuzione) del procedimento esecutivo (nelle ipotesi dell'art. 627 cpc) il procedimento è relativamente chiaro (ricorso da presentarsi nel termine perentorio) e in tali ipotesi è applicabile principio per il quale basta depositare il ricorso nel termine (e non anche notificarlo nel medesimo termine), diversa è la situazione nell'ipotesi di sospensione su accordo delle parti.

Prosecuzione del processo esecutivo sospeso per accordo delle parti

In tema di sospensione dell'esecuzione su accordo delle parti, l'art.624-bis, secondo comma, cpc non detta una compiuta ed esaustiva disciplina della riattivazione del processo. Infatti, la norma si limita infatti a sancire la necessità di una sollecitazione di parte per la riassunzione (così per implicito escludendo che essa avvenga su iniziativa officiosa) e a fissare un breve lasso temporale (dieci giorni) per il compimento dell'attività necessaria.

Il termine per presentare l'istanza di prosecuzione del procedimento esecutivo (decorrente dalla cessazione del periodo di concordata quiescenza) deve essere co0nsiderato perentorio, anche in difetto di una espressa qualificazione positiva del dato letterale. La ratio che spinge a qualificare come perentorio il termine ex art. 624 bis cpc per la riassunzione del procedimento esecutivo discende non solo della testuale doverosità dell'istanza (la parte interessata «deve presentare») ma, soprattutto, della funzione del termine, il quale è diretto a circoscrivere l'assoggettamento dei beni dell'esecutato al vincolo del pignoramento.

Inoltre, l'art. 624 bis cpc non regola neppure la forma dell'atto riassuntivo (e, certo, non è possibile rinvenirsi nella generica previsione di una «istanza» alcun riferimento ad una determinata tipologia di atto)

Non sono individuate, infine, neppure le modalità con le quali deve proseguire la procedura, (è prevista solo la necessaria fissazione di una udienza, l'obbligatorietà dell'audizione delle parti sulla richiesta di riattivazione).

Dovendo individuare delle modalità (integrative) al disposto normativo si possono solo applicare i principi generali in materia di processo esecutivo. Quindi, la riassunzione dell'esecuzione sospesa su accordo delle parti si dipana, per quanto non disciplinato dall'art. 624-bis cod. proc. civ., in questo modo:  versando la procedura in stato di quiescenza, l'istanza di riattivazione della parte interessata assume la forma del ricorso (art. 486 cod. proc. civ.) diretto al giudice dell'esecuzione il quale, richiedendolo la legge, fissa la udienza per la comparizione delle parti con decreto, da comunicarsi a cura ed onere del cancelliere (art. 485, primo e secondo comma, cod. proc. civ.).

L'unico onere imposto alla parte interessata sia costituito dal deposito di tempestiva e rituale domanda di ripresa della procedura, per essere il successivo sviluppo di quest'ultima assicurato da adempimenti gravanti sull'ufficio esecutivo lato sensu inteso: soltanto dunque l'omessa formulazione dell'istanza di riassunzione nel termine perentorio concreta inattività della parte cagionante ex art.630 cod. proc. civ. l'estinzione del procedimento.

Cass. civ. sez. III del 9 marzo 2017 n. 6015

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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