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Renzi: “A Genova non per passerelle ma per dare il via ai lavori”

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi in visita oggi a Genova sei mesi dopo l’alluvione che ha devastato la città. In una lettera al Secolo XIX ha scritto: “Avevo detto che non sarei venuto a fare passerelle, che non mi sarei presentato a Genova se non per dare il via ai lavori perché una simile vergogna non accada mai più”.
A cura di Susanna Picone
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Renzi va a Genova non "per fare passerelle", ma per dare il via ai lavori nella città colpita dall’alluvione di sei mesi fa. È stato lo stesso presidente del Consiglio, con una lettera indirizzata al Secolo XIX, a spiegare il senso della sua visita nel capoluogo ligure in programma oggi pomeriggio. Una visita che avrà come punto forte il passaggio nel cantiere per la messa in sicurezza del Bisagno. “Mesi fa, quando la città venne invasa, di nuovo, dalle acque e i cittadini si tirarono su le maniche per ricostruire, ripartire, con l'energia di chi troppe ne ha subite, avevo detto che non sarei venuto a fare passerelle, che non mi sarei presentato a Genova se non per dare il via ai lavori perché una simile vergogna non accada mai più… Oggi ci siamo, da qui si riparte, proprio dal Bisagno… non semplicemente ‘mettendoci la faccia', ma intervenendo concretamente”, così Matteo Renzi nel giorno della sua visita a Genova. Renzi ha elencato i provvedimenti del suo Governo parlando di un “primo passo in avanti” per la città. Ha scritto di andare a Genova “non a promettere che non succederà più o a portare la solidarietà del giorno dopo ma a impegnarci di fronte ai cittadini”. Il premier ha citato nella sua lettera anche i cosiddetti “angeli del fango”, tutti quei volontari giunti nei giorni dell’alluvione a Genova per ripulire le strade e aiutare i cittadini: “Da loro abbiamo soltanto da imparare”.

La lettera del premier Matteo Renzi al Secolo XIX

Caro direttore, la visita di oggi a Genova segna un principio, nel duplice significato di valore di riferimento e di punto di partenza. Mesi fa, quando la città venne invasa, di nuovo, dalle acque e i cittadini si tirarono su le maniche per ricostruire, ripartire, con l`energia di chi troppe ne ha subite, avevo detto che non sarei venuto a fare passerelle, che non mi sarei presentato a Genova se non per dare il via ai lavori perché una simile vergogna non accada mai più.

Con l`avvio del cantiere del Bisagno, grazie agli interventi promossi dalla struttura di missione del Governo, Italia Sicura, rispondiamo a una mancanza che data da 48 anni a oggi e soprattutto ad una incredibile vicenda di rinvii e di rimpalli, un vero e proprio mostro burocratico, che, per due volte, solo negli ultimi anni, ha portato Genova e la sua quotidianità sotto l`acqua.

Il Governo ha messo oltre 350 milioni per dare una risposta, certo non sufficiente, ma certa, alla città, avviando i primi due dei dodici cantieri che si apriranno nei prossimi mesi. È un primo, importante passo avanti. Certo, in ogni parte del mondo le condizioni climatiche producono danni. Chi dice che simili situazioni si verificano soltanto in Italia finge di non capire che bastano pochi centimetri di neve per bloccare aeroporti anche più moderni dei nostri o che bastano piogge più intense del solito per provocare danni e, talvolta, purtroppo anche vittime, nel mondo come da noi. Ma dire che ci troviamo di fronte a cambiamenti su scala globale non ci consola e non ci giustifica rispetto alle responsabilità che, invece, a livello locale e territoriale vanno individuate ed assunte.

Ci presentiamo oggi a Genova, dunque, non a promettere che non succederà più o a portare la solidarietà del giorno dopo, ma a impegnarci di fronte a quegli stessi cittadini che, anche con la sacrosanta indignazione per quello che era accaduto un`altra volta nella loro città, si sono messi a spalare, a gettare i rifiuti, a rialzare lo sguardo per rimettere in piedi le loro attività, spesso la loro vita, per tornare a una vita ordinata e degna.

Da loro, dagli angeli del fango che ho imparato a conoscere da quando ero scout, andando a dare una mano in Umbria o a Pietrasanta, e ascoltando i racconti di Firenze, dell`Arno possiamo e dobbiamo soltanto imparare. Da quella determinazione, da quel sacrificio, da quel dono di sé senza niente in cambio, se non il rispetto e la riconoscenza.

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