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Opinioni

Referendum costituzionale 4 dicembre, Sì o No? La guida last minute per gli indecisi

La guida al voto del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016: consigliata per indecisi e orientati all’astensione.
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Il 4 dicembre gli italiani saranno chiamati a esprimersi sulla riforma della Costituzione che porta la firma del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Si tratta di un referendum costituzionale per il quale non è previsto quorum: dunque, nel caso in cui la maggioranza +1 dei voti validi fosse a favore della riforma, le modifiche alla Costituzione entrerebbero definitivamente in vigore; nel caso contrario, la Carta non subirebbe alcuna modifica.

È opinione comune che questa tornata elettorale possa essere incerta fino alla fine, con il voto determinante di coloro che, al momento, non hanno ancora deciso. Sul bacino degli “indecisi” si gioca, insomma, la partita del referendum, come del resto evidente dai toni assunti in queste settimane dalla campagna elettorale.

La letteratura sul “come” si possa indirizzare il consenso nel periodo a ridosso di un appuntamento elettorale è ampia e in costante aggiornamento. Nel caso di materie così importanti e allo stesso tempo complesse, una componente importante resta la penetrazione dei messaggi che veicolano il contenuto della proposta in questione. È il merito, o meglio, il "racconto del merito", che può avere un peso decisivo nel convincere un elettore indeciso o intenzionato ad astenersi.

Di cosa stiamo parlando, quindi?

Si vota per confermare la legge costituzionale Renzi – Boschi, che modifica modifica esclusivamente la seconda parte della Carta, in particolare i capi I, II, III, V e VI. Non sono oggetto di modifica né i principi fondamentali della Carta, né la prima parte, quella che sancisce i “Diritti e doveri dei cittadini”.

Il quesito che gli italiani troveranno sulla scheda è il seguente:

“Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?”

La riforma si compone di 41 articoli e riscrive gli articoli 55, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 66, 67, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 77, 78, 79, 80, 81, 82, 83, 85, 86, 87, 88, 94, 96, 97, 99, 114, 116, 117, 118, 119, 120, 121, 122, 126, 132, 133, 134, 135 della Costituzione.

Come cambia il Senato della Repubblica

La riforma modifica elezione, composizione e funzioni del Senato della Repubblica, ponendo fine al cosiddetto “bicameralismo perfetto” (o paritario).

Com’è adesso il Senato:

Il Senato è eletto dai cittadini, su base regionale: 309 seggi elettivi sono ripartiti fra le Regioni in proporzione alla loro popolazione, 6 seggi sono assegnati alla Circoscrizione Estero, per un totale di 315 membri, che restano in carica 5 anni (a meno che il Presidente della Repubblica non eserciti il potere di scioglimento anticipato conferitogli dalla Costituzione); i senatori eletti, la cui età non può essere inferiore ai 40 anni, vengono eletti dai cittadini che abbiano compiuto il 25esimo anno di età. Ai membri elettivi del Senato si aggiungono gli ex Presidenti della Repubblica e i senatori a vita, nominati “dal Presidente della Repubblica fra i cittadini che abbiano illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico o letterario”.

Al momento, Camera e Senato svolgono essenzialmente le stesse funzioni e una legge per entrare in vigore deve essere approvata, nella stessa formulazione, da entrambe le assemblee; nel caso in cui un testo, approvato da una delle due camere, subisca modifiche nell'altra camera, si innesca una dinamica chiamata “navetta”, con il ritorno alla prima camera, un nuovo esame, un nuovo voto e via discorrendo, fino all’approvazione dello stesso testo.

Come sarà se passa la riforma:

Il nuovo Senato sarà composto da 100 membri: 95 “rappresentativi delle istituzioni territoriali” (74 scelti fra i consiglieri regionali + 21 scelti fra i Sindaci), 5 di nomina del Presidente della Repubblica. Ogni Regione avrà almeno due senatori (1 tra i consiglieri regionali + 1 Sindaco), con una successiva distribuzione in base al numero di abitanti. Il criterio è stato oggetto di non poche critiche, dal momento che sembra premiare eccessivamente le Regioni molto piccole (la Valle d’Aosta avrà gli stessi rappresentanti della Liguria, pur avendo un decimo degli abitanti).

Nel dettaglio le Regioni con numero di abitanti e senatori corrispondenti (fonte):

  • Piemonte 4.363.916 / 7
  • Valle d'Aosta 126.806 / 2
  • Liguria 1.570.694 / 2
  • Lombardia 9.704.151 / 14
  • Prov Bolzano 504.643 / 2
  • Prov Trento 524.832 / 2
  • Veneto 4.857.210 / 7
  • Friuli-VG 1.218.985 / 2
  • Emilia-Romagna 4.342.135 / 6
  • Toscana 3.672.202 / 5
  • Umbria 884.268 / 2
  • Marche 1.541.319 / 2
  • Lazio 5.502.886 / 8
  • Abruzzo 1.307.309 / 2
  • Molise 313.660 / 2
  • Campania 5.766.810 / 9
  • Puglia 4.052.566 / 6
  • Basilicata 578.036 / 2
  • Calabria 1.959.050 / 3
  • Sicilia 5.002.904 / 7
  • Sardegna 1.639.362 / 3
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Cambierà anche il ruolo del Senato nel processo legislativo, ovviamente.

Le leggi saranno approvate solo dalla Camera (anche quelle relative allo stato di guerra, ad amnistia, indulto e ratifica di trattati internazionali), tranne che nel caso di provvedimenti che riguardano le competenze delle Regioni e quando si tratta di:

  • leggi di revisione della Costituzione
  • leggi concernenti la tutela delle minoranze linguistiche
  • leggi sui referendum popolari
  • leggi che determinano ordinamento legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali delle Città metropolitane e dei Comuni (inclusi i principi sulle forme associative)
  • leggi che riguardano i rapporti tra Stato, Unione Europea e enti territoriali

Nei casi elencati sarà necessario un passaggio in entrambe le Aule.

Per tutti gli altri provvedimenti il Senato, ove un terzo dei suoi membri ne faccia richiesta, potrà anche chiedere alla Camera dei deputati di esaminare una determinata legge: la richiesta dovrà avvenire entro dieci giorni (o quindici, a seconda dei casi) dall’approvazione della legge e, a quel punto, il Senato avrà 30 giorni di tempo per proporre modifiche; le indicazioni del Senato potranno essere recepite o ignorate dalla Camera, con un voto a maggioranza relativa.

Come spiega OpenPolis, nei casi in cui la legge dello Stato intervenga su materia di competenza regionale (esercitando la cosiddetta clausola di supremazia, altro punto importante della riforma), il Senato “entro 10 giorni dall’approvazione può chiedere di esaminare il testo, ma basta una delibera a maggioranza dell’assemblea (non c’è bisogno di una esplicita richiesta di un 1/3 dei senatori). Restano fermi i 30 giorni per proporre le modifiche, ma il senato – in quanto organo rappresentativo degli enti territoriali – gode di un’ulteriore prerogativa: se approva una modifica a maggioranza assoluta, la camera la può respingere solo con la stessa maggioranza”.

La legge di bilancio passa direttamente all’esame del Senato, che può proporre modifiche entro 15 giorni.

Il Senato non voterà più la fiducia al Governo, l'unica destinataria del rapporto fiduciario con l'esecutivo sarà la Camera dei deputati.

Leggi più veloci? Ne parliamo qui.

Altre cose da sapere sul nuovo Senato: immunità, elezione

I senatori concorreranno a eleggere il Presidente della Repubblica (vedremo più avanti nel dettaglio cosa cambierà) e si occuperanno anche della "valutazione delle politiche pubbliche". Resta al Senato la competenza nella disciplina di elezioni e decadenza dei senatori, nonché la possibilità di impostare inchieste parlamentari su materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali (modifica dell'articolo 82 della Costituzione).

I nuovi senatori non percepiranno indennità né rimborsi, resta da capire quale sarà la frequenza delle "riunioni" del Senato, che probabilmente varierà in base al carico di lavoro.

I consiglieri regionali e i Sindaci che diventeranno senatori godranno dell'immunità parlamentare. Vale la pena di ricordare che la riforma non modifica il meccanismo dell’immunità parlamentare, che resta disciplinata dall’articolo 68 della Costituzione:

I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.

Questo vuol dire che i "nuovi" senatori godranno dell'immunità "soltanto" nell'esercizio delle loro funzioni da parlamentari, non per quel che concerne l'attività di Sindaco o consigliere regionale. Tecnicamente la distinzione è chiara, nella pratica potrebbe non essere così semplice.

Come saranno scelti i senatori? La questione è complessa e ha generato non poche polemiche. L'articolo 2 della Renzi – Boschi modifica l'articolo 57 della Costituzione e, sul punto, dice: "Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio".

Servirà dunque una nuova legge per determinare con precisione le modalità di attribuzione dei senatori per ogni Consiglio Regionale. L'orientamento dovrebbe essere quello di "garantire la rappresentanza" alle opposizioni in consiglio regionale / tra i Sindaci, ma non è chiarissimo come ciò possa avvenire nel caso in cui la Regione esprima 2 senatori. Nelle ultime settimane si è parlato molto della possibilità che i cittadini possano indicare sulla scheda delle Regionali il candidato che intendono "premiare" con un posto da senatore; il Pd ha spiegato di voler sostenere la proposta elaborata in tal senso da Vannino Chiti, ma al momento non è possibile dire con certezza se tale meccanismo sarà approvato.

Bisogna sottolineare, intanto, che i senatori resteranno in carica per la durata del loro incarico nell'istituzione in cui sono stati eletti. Per esempio, un Sindaco resterà senatore solo per la durata della sua carica da Sindaco: dunque la composizione del Senato sarà "variabile" all'interno della legislatura.

Non ci saranno più senatori a vita: le "personalità" nominate dal Capo dello Stato resteranno in carica per 7 anni e per un solo mandato.

L'elezione del Presidente della Repubblica

L'articolo 21 della riforma della Costituzione si occupa delle modalità di elezione del Presidente della Repubblica.

Come funziona adesso

Il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento in seduta comune, alla quale partecipano, con diritto di voto, anche i 59 delegati regionali. La platea complessiva degli elettori è dunque costituita dai 630 deputati, dai 315 senatori, dai 59 delegati regionali e dai 5 (circa) senatori a vita, per un totale di 1009 elettori. Per le prime tre votazioni è necessario il consenso dei 2/3 dei membri, dal quarto in poi il quorum per l’elezione scende al 50% +1 degli aventi diritto.

Cosa prevede la riforma

Spariscono i delegati regionali e l’elezione viene affidata ai 630 deputati, ai 95 senatori e ai 5 (circa) senatori a vita, per un totale di 730 elettori. Nelle prime tre votazioni il quorum per l’elezione è dei 2 / 3 degli aventi diritto (circa 487 voti), dalla quarta alla sesta votazione serviranno i 3/5 degli aventi diritto al voto (438 voti), dalla settima votazione in poi basteranno i 3/5 dei votanti effettivi (coloro che materialmente sono presenti in Aula e hanno espresso il proprio voto).

Che c’entra la legge elettorale, allora?

Le polemiche di questi mesi si sono concentrate sull’idea che, con la nuova norma “combinata” con l’Italicum, il partito di maggioranza abbia la possibilità di scegliere “da solo” il Capo dello Stato. L’attuale legge elettorale garantisce un premio di maggioranza di 340 deputati, dunque “tecnicamente” mancherebbero altri 98 voti al raggiungimento del quorum dei 3/5 degli aventi diritto necessario per l’elezione dal quarto al sesto scrutinio. Tale cifra non sarebbe raggiungibile neanche considerando i senatori, poiché non è possibile che tutti e 100 i senatori siano riconducibili a un solo partito / fronte politico (la riforma garantisce la rappresentanza delle minoranze tra i consiglieri regionali / senatori); alcune simulazioni effettuate mostrano come il partito di maggioranza relativa non possa andare oltre i 60 / 65 rappresentanti al Senato.

Discorso diverso nel caso in cui le opposizioni o parte di esse decidessero di non prendere parte al voto dal settimo scrutinio in poi. In tal caso, il quorum scenderebbe e il partito di maggioranza relativa potrebbe avere i numeri per eleggere “da solo” il Capo dello Stato.

I referendum e le leggi di iniziativa popolare

L’articolo 11 della riforma Renzi – Boschi si occupa di modificare i meccanismi per le leggi di iniziativa popolare. Al momento servono 50mila firme per presentare una proposta, senza però che vi sia una garanzia circa la sua discussione in Parlamento. La riforma modifica l’articolo 71 della Costituzione e porta a 150mila il numero di firme necessario, sancendo però: “La discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d'iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari”. Insomma, servirà il triplo delle firme ma si avrà la certezza della discussione in Parlamento della proposta. Toccherà sempre a Camera e Senato, però, modificare i loro regolamenti per recepire tale indicazione.

Il terzo comma dell'articolo 11 della riforma recita: "Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e d'indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione". Si tratta dell'inserimento in Costituzione dei referendum propositivi e di indirizzo, nonché di altre forme consultive: per i dettagli, però, si rimanda a ulteriori interventi legislativi da parte del Parlamento.

La riforma Renzi – Boschi modifica anche l'istituto del referendum abrogativo.

La parte più rilevante è questa (articolo 15, che modifica l’articolo 75 della Costituzione): “La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto o, se avanzata da ottocentomila elettori, la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi”.

In parole povere: se un referendum è chiesto da 500mila persone il quorum resta del 50% +1 degli aventi diritto al voto (come accade ora, insomma); se le firme raccolte a sostegno del referendum sono 800mila il quorum scende al 50% + 1 dei votanti alle ultime elezioni politiche. A titolo di esempio: all’ultimo referendum indetto, quello sulle trivelle, l’affluenza è stata del 31,2%, i voti espressi circa 15,8 milioni; per convalidare il risultato del referendum, sarebbe servito il voto di oltre 25,3 milioni di elettori; con la nuova normativa, con il sostegno di 800mila firme, il quorum sarebbe stato raggiunto a quota 17 milioni di votanti (la metà degli elettori delle politiche del 2013).

L'abolizione del CNEL

La riforma abolisce il CNEL, ovvero il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, un organo consultivo che aveva la facoltà di promuovere disegni di legge. Il Cnel è stato istituito con l’articolo 99 della Costituzione e doveva essere un consiglio “di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive” in grado di “contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale”. In pochissimi ne difendono compiti e funzione, la gran parte delle forze politiche è d’accordo a riformarlo / abolirlo per contenere la spesa pubblica (i risparmi, in ogni caso, non supererebbero i 10 milioni di euro).

La riforma del Titolo V e le competenze delle Regioni

La riforma Renzi – Boschi imposta un vero e proprio ritorno al passato, con la cancellazione della modifica del titolo V impostata dal Governo di centrosinistra e oggetto di referendum confermativo (vinto) nel 2001. In pratica, la nuova Costituzione prescrive che una serie di materie di cui ora si occupano le Regioni (o che costituiscono materia di conflitto con le istituzioni centrali) tornino a essere di competenza esclusiva dello Stato. Non ci saranno più materie “di legislazione concorrente” e torneranno allo Stato temi come la “promozione della concorrenza, previdenza complementare e integrativa, tutela e sicurezza del lavoro, protezione civile, beni culturali e turismo”. Alle Regioni resteranno invece le competenze in materia di sanità, politiche sociali e istruzione.

La riforma consentirà poi allo Stato di occuparsi anche di questioni di esclusiva competenza regionale, nel caso in cui lo richieda “la tutela dell’interesse nazionale”. È l'esercizio della cosiddetta clausola di supremazia, della quale vi abbiamo già parlato per quanto concerne il superamento del bicameralismo perfetto.

Questo è più o meno il riassunto, ma la questione è molto tecnica e complessa.

Cosa farà lo Stato, dalla A alla Z

L’articolo 31 della riforma riscrive l’articolo 117 della Costituzione. Prima di tutto ribadisce che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni “nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e dagli obblighi internazionali”. La sostituzione della parola “comunitari” con “dell’Unione Europea” è secondo alcune forze politiche il segno di una cessione di sovranità alla Troika: sul punto, sinceramente, non crediamo sia possibile sbilanciarsi.

L’elenco delle competenze “esclusive” dello Stato diventa:

  •  a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
  • b) immigrazione;
  • c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
  • d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
  • e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari e assicurativi; tutela e promozione della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; perequazione delle risorse finanziarie;
  • f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
  • g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; norme sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche tese ad assicurarne l'uniformità sul territorio nazionale;
  • h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
  • i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
  • l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
  • m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare;
  • n) disposizioni generali e comuni sull'istruzione; ordinamento scolastico; istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica;
  • o) previdenza sociale, ivi compresa la previdenza complementare e integrativa; tutela e sicurezza del lavoro; politiche attive del lavoro; disposizioni generali e comuni sull'istruzione e formazione professionale;
  • p) ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane; disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni;
  • q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; commercio con l'estero;
  • r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati, dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
  • s) tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo;
  • t) ordinamento delle professioni e della comunicazione;
  • u) disposizioni generali e comuni sul governo del territorio; sistema nazionale e coordinamento della protezione civile;
  • v) produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell'energia;
  • z) infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale.

Cosa faranno le Regioni

I compiti delle Regioni sono "determinati" dalla riforma:

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario; in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della Regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica, nonché in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato.

Semplificando, le Regioni si occuperanno di:

  • pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno;
  • dotazione infrastrutturale
  • programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali
  • promozione dello sviluppo economico locale;
  • organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese,
  • servizi scolastici
  • istruzione e formazione professionale
  • promozione del diritto allo studio, anche universitario

E avranno ulteriori competenze sulla disciplina, per quanto di interesse regionale (fonte):

  • delle attività culturali,
  • della valorizzazione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici,
  • di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo,
  • di regolazione, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della Regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica,

La riforma stabilisce anche che, come detto, "la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale".

L'obiettivo della riforma è quello di eliminare i conflitti di competenza fra Stato e Regioni (qui un parere piuttosto critico, sul punto), ma anche quello di modificare quello che viene definito il "regionalismo differenziato", ovvero la possibilità che lo Stato assegni alle singole Regioni compiti e funzioni "particolari". Ciò sarà possibile "ma esclusivamente" se la Regione interessata rispetta i parametri di bilancio.

Nella riforma c'è anche la scelta di "permettere allo stato di stabilire tramite leggi ordinarie dei limiti agli stipendi dei consiglieri regionali, in modo che non possano superare quello del sindaco del capoluogo di regione" (fonte).

Che fine faranno le Regioni a Statuto Speciale?

Lo spiega il comma 13 dell'articolo 39 della riforma Renzi – Boschi, che sostanzialmente garantisce l'esistenza delle Regioni a statuto speciale:

Le disposizioni di cui al capo IV della presente legge costituzionale non si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome […].

Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano, dunque, continueranno a esistere, con le stesse funzioni. Fino a che non sarà conclusa la negoziazione con lo Stato, almeno. Qui abbiamo raccolto un po’ di perplessità, a partire dalla presunta incompatibilità dei consiglieri regionali / senatori.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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