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Referendum, Bersani: “Se vince ‘no’, giusto che Renzi resti, ma si crea problema politico”

“Renzi ha un po’ smantellato il Pd, lo riconosco. Il Pd non è più quel partito che esprime le sue origini” ha aggiunto l’ex segretario Pd. Sul rapporto tra il presidente del Consiglio e Verdini, Bersani ha precisato che “si conoscevano già da prima, ci troppe cose in pochi chilometri lì in Toscana. Io non sono mai stato a cena con Verdini, ma non ce l’ho con lui ma con il verdinismo”.
A cura di C. T.
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"Se vincesse il no non accadrebbe nulla, sarebbe giusto che Renzi restasse al suo posto". Così da "Ponza d'autore" Pierluigi Bersani si esprime sul referendum costituzionale di ottobre e sui possibili esiti. "Per come è stata messa giù la questione però – ha aggiunto – certamente il giorno dopo si creerebbe problema politico". L'ex segretario del Partito democratico ha aggiunto sottolineando di aver notato che Jim Messina – il consulente per la campagna referendaria – ha consigliato a Matteo Renzi "di non personalizzare il referendum, ma io gliel'ho suggerito gratis ben prima, forse se mi fossi chiamato Jim Bettola la cosa sarebbe passata".

Per Bersani, infatti, "legare un governo a una Costituzione è un errore, la Costituzione non c'entra col governo. Che precedente creiamo? Che ogni governo che arriva si fa la sua Costituzione?". L'ex segretario del Partito democratico ha poi criticato il fatto che negli ultimi tempi la discussione si sia incentrata quasi esclusivamente sulla consultazione di ottobre. "La gente – ha sottolineato – non mangia pane e referendum, ci sono altri problemi, non possiamo passare tutti giorni a parlare del referendum. Quando vedo lo slogan ‘basta un sì' penso: basta un sì per risolvere che cosa delle cose che premono ai cittadini? Io contesto questo modo di dare l’appuntamento epocale, non aiuta".

Renzi, secondo Bersani, "ha un po’ smantellato il Pd, lo riconosco. Il Pd non è più quel partito che esprime le sue origini, che sono di stampo ulivista, un partito che deve tenere insieme dalla sinistra anche radicale ma disposta ad ingaggiarsi sul governo fino a un civismo che c’è in giro per l’Italia, sempre sull’asse del riformismo. Dopo la sberla delle ultime amministrative, ci sono le energie". Sul rapporto tra il presidente del Consiglio e Verdini, Bersani ha precisato che "si conoscevano già da prima, ci troppe cose in pochi chilometri lì in Toscana. Io non sono mai stato a cena con Verdini, ma non ce l’ho con lui ma con il verdinismo. L’idea per cui uno fa il ‘portage’ negli equilibri parlamentari di transfughi che vanno e vengono corrisponde all’antica storia del trasformismo italico, che a sua volta corrisponde a un messaggio verso il Paese: ‘Franz o Spagna, purché se magna'". Inoltre, ha aggiunto, "è vero che uno è innocente fino a prova contraria, però in modica quantità, se hai sei procedimenti qualcosa non va. La domanda da fare a Verdini è: ora quei venti li riporti a Berlusconi? Sarebbe da proporgli di mettere un semaforo alla Camera, lo manovra lui, fa il vigile e ci dice chi passa e chi no".

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