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Rapisce bimba da scuola e la violenta per una notte intera: 22enne condannata a 40 anni

Christina Regusters, un’educatrice americana 22enne, aveva finto di essere la madre di quella bambina, entrando nella sua scuola di Philadelphia, con un niqab, il tipico abito musulmano lungo e nero che nasconde il volto. Nessuno si era accorto di nulla. E da allora per la piccolina di 5 anni era cominciato il supplizio.
A cura di B. C.
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Indossando un niqab, il tipico abito musulmano che nasconde il volto, si era presentata in una scuola di Philadelphia, spacciandosi per la madre di una bimba di cinque anni, che aveva così rapito. Successivamente, la piccola era stata tenuta prigioniera in casa di Christina Regusters, un’educatrice 22enne, per un’intera notte, vittima di violenze e abusi sessuali, poi liberata e abbandonata in un parco giochi. Smascherata e arrestata, la donna è stata ora condannata a 40 anni di prigione. “È la sentenza più appropriata per far sì che quella donna non possa più nuocere a nessun altro”, ha detto Erin O’Brien, assistente procuratore distrettuale di Philadelphia, subito dopo la condanna.

La 22enne si era difesa affermando di aver agito in quel modo con lo scopo di difendere la bambina dai presunti abusi di un uomo. Tesi smentita dalle diverse testimonianze e prove che la incastrano. Nel gennaio 2013 la Regusters si presentò alla Bryant Elementary School di Philadelphia, sostenendo: “Sono la mamma, porto mia figlia a fare colazione fuori”. Il personale della scuola si insospettì non vedendo tornare la piccola, ma decise di dare l’allarme solo alcune ore dopo. Immediate scattarono le ricerche, ma nessuno si pensò legittimamente di cercare a casa di quell’educatrice, che peraltro la famiglia conosceva e della quale si fidava essendosi già occupata in passato del fratellino della vittima. Da quell’esperienza la bambina ne è uscita letteralmente sconvolta e con lesioni devastanti che hanno reso necessaria anche una colostomia.

Ci sarebbe anche una serie di indizi che mettono le spalle al muro la giovane donna, dal Dna ritrovato sulla maglietta indossata dalla piccola al momento del ritrovamento, passando per le immagini pesantemente disturbanti sui bambini trovate nel suo pc, fino alla testimonianza della stessa giovanissima vittima che ricordava la presenza in casa di un pappagallo parlante, particolare che nel corso di una perquisizione domiciliare a casa dell’educatrice è stato appurato.

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