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Opinioni

Quanto (e come) spende il nostro Paese per “aiutare” le nazioni più povere

Quanto spendiamo ogni anno per progetti di cooperazione e sviluppo nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo. Per fare cosa e con quali risultati. (Spoiler: gran parte di quei soldi li spendiamo noi, per curare direttamente i nostri interessi o per gestire “l’emergenza” immigrazione dal Nord Africa).
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Le due architravi portanti dei progetti italiani di cooperazione allo sviluppo sono sempre le stesse, praticamente da 70 anni: la prima assistenza umanitaria, accompagnata dagli sforzi per migliorare materialmente le condizioni di vita delle popolazioni (con la lotta alla povertà e il supporto sanitario) e "l'accompagnamento" nel processo di costruzione / rafforzamento delle istituzioni democratiche. Con il passare degli anni, però, la cooperazione internazionale è passata da una sorta di "risarcimento indiretto" nei paesi precedentemente legati da vincoli coloniali a strada principale della politica estera italiana. O, per riportare la definizione formale, è diventata una "leva fondamentale nelle scelte di politica estera italiana, in armonia con gli interventi per il mantenimento della pace e la gestione dei flussi migratori". Tradotto in altre parole e senza troppo girarci intorno: la cooperazione internazionale, nella versione riveduta e corretta degli ultimi anni, è il modo per "aiutarli a casa loro" e per "aiutare noi stessi ad aiutarli". Politica che, sia detto per inciso, non è proprio modello di efficacia e funzionalità (la stessa Banca Mondiale ha evidenziato come la maggiore efficacia si registri per progetti di co – sviluppo, finanziati direttamente da immigrati o comunità di immigrati dai Paesi di approdo a quelli di origine). Ma tant'è e a poco serve rilevare un controsenso di fondo nella contemporanea critica allo "spreco" di risorse pubbliche destinate appunto alla cooperazione internazionale.

Ha però senso capire di che cifre stiamo parlando e per farlo utilizziamo i dati dell'apposita sezione del sito ufficiale del ministero degli Esteri dedicato appunto alla cooperazione internazionale. Nell'anno 2012 il totale dell'aiuto pubblico allo sviluppo ammonta a 2,4 miliardi di euro, di cui 657 milioni come aiuto bilaterale o multi – bilaterale (flussi diretti da Paese donatore ad uno in via di sviluppo) erogati direttamente da enti governativi.

Come ci ricorda un articolato dossier della Camera, per comprendere le dimensioni del contributo italiano occorre però fare un chiarimento preliminare: "I fondi che ciascun paese destina alla cooperazione internazionale (con stanziamenti su una specifica voce del proprio bilancio) costituiscono solo una parte del più ampio aggregato denominato APS (Aiuto pubblico allo sviluppo), stimato dall’OCSE e che rappresenta il più significativo e il più noto indicatore in materia. Questo aggregato supera ad esempio notevolmente gli stanziamenti di bilancio italiani per la cooperazione allo sviluppo (gestiti dal Ministero degli Affari Esteri), in quanto include anche tutta una serie di operazioni finanziarie, come ad esempio la riduzione o cancellazione del debito – tanto a livello di iniziative multilaterali, quanto nei rapporti bilaterali dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo".

Quello di cui parleremo è cioè la quota dei "fondi utilizzati per coprire costi interni nel paese donatore relativi ad attività di sviluppo, quali per la formazione e l’educazione allo sviluppo, alla ristrutturazione/cancellazione del debito, alle spese amministrative del donatore correlate agli aiuti e alle spese per rifugiati, quelli per il miglioramento infrastrutturale e per le attività umanitarie", che per il 2012 sono stati così finanziati dai diversi enti statali:

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Già, ma per fare cosa? I progetti finanziati nel 2012 sono stati 3353, con la spesa che è stata complessivamente suddivisa in questo modo (oltre l'80 percento della cifra è stata assorbita da progetti di cooperazione):

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È interessante notare come il progetto che ha drenato più risorse sia la gestione dell'emergenza immigrazione in Nord Africa, finanziato con 125 milioni di euro (lievitati fino a quota 157 nel corso del tempo) e gestito dalla prefettura di Palermo con l'obiettivo di accogliere i migranti e i richiedenti asilo sbarcati sulle nostre coste. Altri 35 milioni sono poi andati al fondo per i richiedenti asilo nel nostro Paese. Insomma, una quota molto rilevante delle risorse che il nostro Paese impiega alla voce "cooperazione allo sviluppo" è volta a finanziare le spese per le politiche di accoglienza di migranti e richiedenti asilo.

Per trovare il primo intervento rilevante al di fuori del territorio italiano bisogna riferirsi alla voce "infrastrutture e servizi sociali", che garantisce "iniziative tese a sviluppare il potenziale delle risorse umane e migliorare le condizioni di vita nei paesi beneficiari degli aiuti" e che finanzia progetti più o meno rilevanti in particolare in Libia, Etiopia, Sudan (circa 4 milioni di euro a nazione), ma anche in Brasile, Perù, Bolivia, Afghanistan (6,6 milioni di euro) e India. Più concentrate invece le risorse alla voce "aiuto umanitario" (interventi di emergenza, di soccorso alimentare, assistenza alla ricostruzione a breve termine e riabilitazione, prevenzione e preparazione alle catastrofi): 112 milioni di euro erogati soprattutto in Pakistan (60 milioni), Afghanistan (14 milioni) e Africa centrale (circa 10 milioni di euro complessivamente). Il progetto più rilevante è appunto quello denominato "Sostegno italiano al Programma per la compensazione dei cittadini danneggiati", per il quale sono stati impegnati 57,5 milioni di euro dal ministero dell'Economia e delle Finanze (e concretamente sborsati circa 30 milioni); mentre un discorso a parte lo merita il "Fondo di riserva per le emergenze, calamità naturali, guerre, per combattere fame, cattive condizioni di salute e la siccità", per il quale sono stati impegnati a bilancio 17 milioni di euro, dei quali 0 erogati.

Particolare è invece la voce "infrastrutture economiche e servizi", per la quale sono stati previsti 95 milioni di euro, a fronte di una erogazione di soli 27,4 milioni. Cosa ci facciamo? Ecco, l'ottanta percento circa della cifra complessiva è impegnata per un programma a favore delle piccole e medie imprese in Tunisia, che si basa sostanzialmente su agevolazioni bancarie e finanziarie; 11 milioni invece sono destinati ad un progetto infrastrutturale in Afghanistan. Alla riduzione del debito (ricordate la poderosa campagna "Cancella il debito"?) destiniamo le briciole: 5 milioni di euro.

È infine utile rendicontare dell'evoluzione della quota di finanziamento pubblico bilaterale e multi – bilaterale nel corso degli ultimi anni. La vetta dell'impegno italiano si è infatti toccata nel 2005, con il Governo Berlusconi, quando furono stanziati 2,1 miliardi di euro, di cui 1,5 destinati ad abbattere il debito dei Paesi in via di sviluppo; discorso simile l'anno successivo, con 2 miliardi di euro stanziati (di cui 1,2 per azioni sul debito), mentre nel 2007 il Governo Prodi stanziò 1 miliardo di euro, di cui circa la metà destinata alla questione debito e un quarto ad interventi infrastrutturali in Iraq (vale la pena di ricordare i 70 milioni di euro investiti in un programma ambientale in Cina…); finanziamenti che tornano a salire ad 1,6 miliardi nel 2008 (una quota rilevante è sempre assorbita da interventi per l'ammortamento del debito), per poi scendere drasticamente a 824 milioni nel 2009 (300 milioni in infrastrutture, in gran parte spesi in Iraq) e a 738 milioni nel 2010; nel 2011 invece la quota impiegata torna a 1,27 miliardi di euro (e addirittura ad 1,42 erogati), proprio in ragione della crescita esponenziale delle spese per i "rifugiati nel paese donatore", che da allora diventeranno la maggior voce di spesa dei fondi per la cooperazione italiana allo sviluppo.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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