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Puglia. Uccise il boss che lo minacciava, giustiziato a colpi di fucile

Antonio Sorrenti era stato condannato in primo grado a otto anni per aver ammazzato dieci anni fa il boss Di Tommaso, che dopo un incidente stradale cominciò a chiedergli mille euro al mese. Oggi il suo cadavere è stato trovato nelle campagne di Cerignola all’interno della sua auto.
A cura di Biagio Chiariello
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Dieci anni si era ribellato alle richieste di pizzo, circa 1000 euro al mese, del boss mafioso di Cerignola, Leonardo Di Tommaso, detto Taddone, 38 anni, uccidendolo. Oggi Antonio Sorrenti, commerciante di auto di 51 anni, è stato rinvenuto cadavere in una strada di campagna all'interno della sua auto, una Ford Kuga. Stando alle prime informazioni, è stato vittima di un agguato: ad ucciderlo alcuni colpi di fucile, almeno un paio, come testimoniano le cartucce trovate in zona, che lo hanno centrato al capo ed al torace. Il delitto sarebbe avvenuto poco distante dalla sua abitazione. A trovare il corpo di Sorrenti e a dare l'allarme sono state alcune persone di passaggio nella zona, nei pressi di un uliveto. La vittima al momento dell’agguato, avvenuto verso le 9.30, stava viaggiando da solo a bordo della sua macchina, percorrendo una strada secondaria di Cerignola, in contrada Scarafone: a quel punto sarebbe stato affiancato da uno o più sicari che avrebbero fatto fuoco contro di lei. Ferito a morte, il 51enne ha perso il controllo della vettura, che si è ribaltata più volte su sé stessa. Sull'accaduto, sono in corso i rilievi e le indagini dei carabinieri del comandi.

Tutto era cominciato nel 2004 per un incidente stradale

Come detto, tutto era iniziato nell’ottobre del 2014, dopo un incidente stradale avvenuto a Cerignola tra Di Tommaso e Sorrenti. Il boss aveva tentato di costringere il commerciante ad assumersi la colpa del sinistro davanti all'assicurazione. Iniziarono le minacce e le continue visite all’autosalone di Sorrentini. Fino al 21 ottobre 2004, quando, dopo l’ennesima discussione, il commerciante sparò più volte contro il boss con due pistole calibro 38. Subito dopo l'omicidio, si costituì dicendo ai carabinieri di avere sparato per timore di essere a sua volta ammazzato dal boss. Era poi stato condannato in primo grado a otto anni.

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