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Provincia di Firenze, la Corte chiede i conti a Renzi per danno erariale

Il presidente del consiglio aveva ottenuto l’archiviazione del caso per la nomina di quattro direttori generali effettuata quando era presidente della Provincia di Firenze. Ma a settembre dovrà tornare davanti ai giudici contabili.
A cura di Biagio Chiariello
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L'appuntamento è per il prossimo 24 settembre. In quella data il presidente del Consiglio Matteo Renzi dovrà presentarsi davanti alla Corte dei Conti di Firenze, per giustificare un danno erariale quantificato tra i 288.000 € e gli 816.000 € (sulla base di serie di variabili prese in considerazione dai requirenti contabili toscani), contestato dalla Procura contabile alla Provincia da lui presieduta tra il 2004 e il 2009. Dopo essere stato archiviato, infatti, su richiesta degli imputati il premier dovrà tornare davanti ai giudici. La storia è cominciata nel 2006, dopo le dimissioni del Direttore generale della Provincia di Firenze. La Giunta Renzi decise con una delibera di attribuire le competenze prima svolte da una sola persona a quattro direttori centrali, disponendo l’esercizio collegiale delle funzioni. Con una delibera successiva, la Giunta provinciale toscano dispose il cambio di regolamento per normalizzare le quattro nomine.

Un provvedimento che significò un forte incremento delle spese per l'ente provinciale. Inoltre, i quattro nuovi dirigenti erano dipendenti provinciali – con contratto a tempo indeterminato – in aspettativa, assunti per il nuovo incarico con un contratto di diritto privato più gravoso economicamente per la Provincia. Tanto più che le retribuzioni dei nuovi dirigenti, ad un anno dalla nomina furono ritoccate con una delibera retroattiva, senza che essi svolgessero nuovi compiti. A questo punto i requirenti toscani hanno denunciato il sopracitato danno erariale. Nel febbraio del 2013, Renzi ottenne l'archiviazione del caso. Ma la storia non è finita, visto che quattro dei cinque imputati (i quattro dg nominati più il segretario generale della Provincia) non hanno accettato la decisione. Così ora il premier dovrà tornare a giustificare la proprie scelte.

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