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Prodi critica il Premier: “Preferisco il cacciavite di Letta al trapano di Renzi”

In un libro-intervista, l’ex premier racconta aneddoti della sua vita pubblica non rinunciando a giudizi severi sui protagonisti della politica.
A cura di Antonio Palma
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Aneddoti, racconti di vita ma anche diverse critiche ai protagonisti della politica e della società italiana. È questo il contenuto di un libro-intervista a Romano Prodi curato da Marco Damilano dal titolo "Missione Incompiuta", nel quale l'ex Premier si concede giudizi non proprio lusinghieri e si toglie anche qualche sassolino dalle scarpe. Secondo le anticipazioni diffuse oggi da Repubblica, Corriere della Sera e Fatto Quotidiano, Prodi ne ha per tutti, dai vecchi leader politici italiani e internazionali alle nuove leve della politica italiana ed europea a cominciare dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Lo stesso Pd guidato dal Premier, secondo Prodi, avrebbe ormai perso le sue radici che affondavano nell'Ulivo perché il partito oggi guidato da Matteo Renzi "valorizza l'eredità dell'Ulivo a giorni alterni". L'ex numero uno del centrosinistra infatti pur ricordando che "senza l'Ulivo non ci sarebbe stato il Pd" e che "in questo senso si può dire che il Pd ne è il figlio", parla della "fine di una missione. Una missione incompiuta".

"L'Italia ha bisogno di illudersi"

Anche a proposito del leader del governo italiano, Prodi rivela senza remore di apprezzare maggiormente lo stile di governo del predecessore Enrico Letta, rispetto a quello di Matteo Renzi. "I poteri forti si sono profondamente indeboliti" afferma infatti l'ex premier, spiegando che per questo Renzi "ha certamente più probabilità di costituire il potere dominante del Paese. Ma preferisco il cacciavite di Enrico al trapano di Matteo". Prodi in particolare non gradisce l'idea del Pd come partito della nazione, "una contraddizione in termini perché nelle democrazie mature non vi può essere il partito della nazione. È incompatibile con il bipolarismo". Del resto secondo Prodi "l'orizzonte politico dei governanti si sta accorciando. I governanti seguono l'umore degli elettori. Ma se siamo presi dall'esigenza di vincere le sempre imminenti elezioni e dal seguire le mode del momento, è finita". In fondo "ci sono momenti in cui l'Italia ha bisogno di un'auto-illusione ed è disposta a non guardare dentro a se stessa pur di continuare a illudersi. Attraversiamo spesso questi momenti nella nostra storia nazionale".

Giudizi severi su D'Alema e Merkel

Giudizi severi sono riservati anche a Grillo e Antonio Di Pietro ai tempi in cui era magistrato e seguiva l'inchiesta di Mani Pulite, ma sopratutto su D'Alema che aveva "una strategia precisa. Nata dalla paura che il governo potesse durare a lungo e permettere perciò la nascita del partito dell’Ulivo". Inevitabile anche il riferimento alla mancata elezione al Quirinale e a quei famosi 101 franchi tiratori che "in realtà sono stati quasi 120". Secondo Prodi in quel voto c'era "il non volere un presidente della Repubblica difficilmente controllabile". Giudizi severi riservati infine anche alla cancelliera tedesca Angela Merkel e alle politiche imposte all'Europa. "Sono preoccupato per il futuro dell’Europa, governata da una leadership che è sempre più forte ma ha perso il senso della solidarietà collettiva" ha affermato Prodi, concludendo: "Tutti i Paesi fanno a gara a ripararsi sotto l’ombrello tedesco, dove siede l’intelligente e severa maestra che, con la matita rossa e blu, ha sostanzialmente sostituito il ruolo delle società di rating, tra loro formalmente concorrenti ma, in pratica, ormai inascoltate sorelle gemelle"

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