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Processo Yara: foto choc dell’autopsia in aula, il giudice fa uscire il pubblico

I giudici hanno deciso che, durante la deposizione dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, in cui saranno proiettate delle diapositive relative al ritrovamento del corpo di Yara Gambirasio, il pubblico debba uscire dall’aula per la “tutela dell’immagine” della giovane vittima.
A cura di Susanna Picone
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Le immagini mostrate oggi in aula, durante il processo per l’omicidio di Yara Gambirasio, sono troppo forti e per rispetto della giovane vittima il pubblico deve restare fuori. Vedere quelle immagini mostrate da Cristina Cattaneo, l’anatomopatologa che ha condotto l’autopsia sul corpo della 13enne di Brembate Sopra, sarebbe un’offesa per la piccola Yara e per la sua famiglia. Questo il senso della decisione presa dai giudici della Corte d’assise di Bergamo riuniti per il processo a carico del muratore di Mapello Massimo Giuseppe Bossetti, in carcere dal 16 giugno del 2014 con l’accusa di aver ucciso la giovane Yara. Dopo le ricostruzioni delle indagini il processo riprende appunto con la deposizione di Cristina Cattaneo che si occupò dell’autopsia sul cadavere di Yara, scomparsa da Brembate Sopra il 26 novembre del 2010 e ritrovata senza vita tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola.

Presente in aula Massimo Bossetti – In aula, dunque, oggi restano solo i giornalisti e le parti, tutti gli altri devono uscire. Sono stati gli avvocati di parte civile a sollecitare l'allontanamento del pubblico dall'aula durante la deposizione dell’esperta di medicina legale. Richiesta accolta dai giudici con questa motivazione: “Ritenendo che la visione pubblica delle foto in atti di natura particolarmente impressionante possa turbare lo svolgimento dell'udienza e recare pregiudizio all'immagine della persona offesa, dispone che la proiezione delle diapositive avvenga a porte chiuse. È consentita la presenza in aula dei giornalisti”. Sia il pm Letizia Ruggeri che la difesa si sono rimessi alla decisione dei legali dei Gambirasio. Dall’inizio del processo per l’omicidio di Yara Gambirasio non sono state ammesse in aula telecamere né altri mezzi che possano riprendere o fotografare lo svolgimento delle udienze. In aula c’è, come per tutte le altre udienze, l’unico imputato Bossetti che è seduto accanto ai suoi difensori e non nella cella riservata ai detenuti.

La consulente: “Yara morta per lesioni, traumi e ipotermia” – Nel corso della sua deposizione la Cattaneo ha detto che Yara Gambirasio morì il giorno della sua scomparsa per una serie di concause: la debolezza derivante dal sanguinamento a causa delle ferite d'arma da taglio, per quanto non mortali, che aveva sul corpo; alcune lesioni al capo, non letali, e il fatto che rimase per ore nel campo in cui è stata ritrovata, dato che anche l'ipotermia fu causa del decesso. La Cattaneo ha parlato di ferite da “armi da taglio” causate presumibilmente da un coltello, delle quali una sola ferita “di punta e taglio” sotto la mandibola. L’esperta ha parlato anche delle tracce di calce ritrovate sul corpo e sugli indumenti e sulle microsfere che, invece, furono trovate sotto le scarpe della ragazza. Materiale che conducevano al mondo dell'edilizia.

Yara uccisa nel campo di Chignolo d’Isola – “L'entità, la distribuzione, il tipo di disegno dei tagli ritrovati sul corpo di Yara Gambirasio sono compatibili con lesioni inferte su un soggetto che non si stava muovendo”, ha spiegato ancora l'anatomopatologa. Secondo la consulente Yara sarebbe stata dunque seviziata quando già si trovava in uno stato di incoscienza, e comunque era inerme: “È molto difficile – ha spiegato ai giudici della Corte d'assise di Bergamo – disegnare una ‘x' con un coltello sulla schiena di una persona se questa si muove”. Gli accertamenti hanno inoltre dimostrato “l'assenza di lesioni da difesa” e la mancanza di tracce di narcotici. Ciò probabilmente significa che quando Yara è stata aggredita con un coltello non era stata narcotizzata. Molto difficile ipotizzare che la ragazzina sia stata uccisa in un posto diverso da Chignolo d'Isola e che poi sia stata trasferita nel campo. “Lavoro in questo campo da venti anni – ha spiegato la consulente – e nel corso della mia carriera mi sono occupata di diversi casi di occultamento di cadavere. In tutti i casi di trasferimento del corpo o di copertura con lenzuola o altri materiali, si è sempre trovato traccia. Questo – ha sottolineato – è un dato esperienziale e non scientifico”.

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