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Yara, Processo d’appello. Bossetti in aula contro il pg: “Vieni qui a dire idiozie”

E’ iniziato a Brescia il processo d’appello per Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. La difesa gioca la carta di una fotografia satellitare scattata sul campo di Chignolo d’Isola il 24 gennaio 2011.
A cura di Susanna Picone
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"Viene qua a dire idiozie". Sono le parole di Massimo Bossetti contro il sostituto procuratore Marco Martani nel processo d'appello per l'omicidio di Yara Gambirasio che si tiene a Brescia. Bossetti, alzatosi dal banco degli imputati, è stato subito richiamato alla calma dalle guardie penitenziarie. Il muratore di Mapello è stato condannato in primo grado all’ergastolo, ma dal giorno dell’arresto ha sempre respinto ogni accusa e continua a ribadire la sua innocenza. Il processo è celebrato davanti alla Corte d'assise d'appello presieduta da Enrico Fischetti. Sarà compito dell'avvocato generale Marco Martani, rappresentante dell'accusa, elencare le prove contro Bossetti e chiedere la conferma della condanna per l'omicidio volontario pluriaggravato e per la calunnia ai danni di un ex collega (reato da cui è stato assolto in primo grado). Secondo i giudici del processo di primo grado, fu l’uomo – sposato e padre di tre figli – a rapire la tredicenne fuori dalla palestra di Brembate Sopra, a seviziarla “con crudeltà” con un coltello e abbandonarla ormai incosciente nel campo di Chignolo d’Isola lasciandola morire tra le ferite e il freddo.

“Condanna all’ergastolo per Bossetti ineccepibile”

La sentenza che in primo grado ha condannato Bossetti all'ergastolo “è ineccepibile”, presenta “una motivazione coerente, logica, completa e dà puntualmente conto delle acquisizioni processuali”, ha detto il sostituto Pg di Brescia all'inizio del suo intervento nel processo di secondo grado. Il pg ha inoltre chiarito che con l'accesso di fotografi e operatori tv in aula ci sarebbe stata soltanto “una spettacolarizzazione” del procedimento.

La foto satellitare scattata sul campo di Chignolo d’Isola il 24 gennaio 2011

La difesa dell’imputato, che continuerà a battersi sulla prova del dna, sembra intenzionata a puntare anche su una nuova fotografia satellitare. Una immagine che risale al 24 gennaio 2011 e che, secondo gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, dimostrerebbe l’assenza del corpo della piccola Yara Gambirasio nel campo di Chignolo d’Isola, dove poi fu trovata il 26 febbraio dello stesso anno. L'elemento, se confermato, rimetterebbe in discussione l'intero impianto dell'accusa e porterebbe a considerare l'ipotesi che il corpo della vittima sia stato spostato.

Il fulcro del processo per l’omicidio di Yara resta il dna

Sulla traccia biologica trovata sul corpo di Yara che ha avuto un ruolo fondamentale nel processo di primo grado accusa e difesa continueranno a scontrarsi. Per i giudici quella traccia è assolutamente affidabile poiché caratterizzata da “un elevato numero di marcatori” e verificata attraverso “una pluralità di analisi eseguite nel rispetto dei parametri elaborati dalla comunità scientifica internazionale”. Di parere opposto gli avvocati di Bossetti che parlano di “anomalia” perché se il dna nucleare è dell’imputato, quello mitocondriale non corrisponde. Spetterà alla Corte bresciana stabilire se disporre una perizia genetica. Come consulente la difesa avrebbe ingaggiato Peter Gill che è ritenuto uno dei padri della genetica forense. La sentenza del nuovo processo potrebbe arrivare in un'udienza di metà luglio, o il 14 o il 17.

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