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Opinioni

Da Prodi a Dini fino a Mastella: la lunga lista dei testimoni al processo Berlusconi a Napoli

Ex presidenti del Consiglio come Prodi e Dini, l’ex capo della Protezione Civile Bertolaso e quello dei Servizi segreti Pollari: per il processo sulla compravendita dei senatori che si celebra a Napoli ci sono decine di personalità della politica e delle istituzioni chiamate a testimoniare.
A cura di Vincenzo Iurillo
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Al Palazzo di Giustizia di Napoli si stanno attrezzando le misure di sicurezza. La Procura generale vigilerà e regolamenterà l’afflusso di telecamere e reporter. E darà istruzioni su come contrastare l’assalto dei curiosi. A partire dal prossimo aprile ci sarà da divertirsi. È in arrivo in Tribunale un bastimento carico di potenti della politica. Saranno tutti obbligati a dire la verità, e non è poco. Sfileranno infatti come testimoni al processo che vede imputato Silvio Berlusconi per la compravendita dei senatori. La lista testi dei difensori del Cavaliere, gli avvocati Michele Cerabona e Niccolò Ghedini, che in alcuni punti combacia con quella dei pubblici ministeri Henry John Woodcock e Fabrizio Vanorio, è un estratto dell’elenco degli uomini più influenti della travagliata stagione del governo Prodi. Ministri, capigruppo parlamentari, personaggi politici di vario peso. Molti ancora sulla cresta dell’onda. Altri no. Come Prodi, anche lui atteso a Napoli, il bolognese ex presidente del Consiglio, il cui governo retto per due anni su una fragilissima maggioranza al Senato crollò per la manovra ordita da Berlusconi e dai suoi fedelissimi. Una manovra ordita a suon di milioni di euro, secondo l’accusa e le confessioni di Sergio De Gregorio, l’ex senatore dipietrista dal 2006 al 2008, poi azzurro nella legislatura 2008-2013 dopo aver contribuito a far cadere il governo di centrosinistra, autodenunciatosi per corruzione e uscito dal dibattimento dopo aver patteggiato venti mesi.

Decine i politici di grido ammessi come testimoni dalla prima sezione collegio C del Tribunale di Napoli presieduta dal giudice Serena Corleto. Si legge nell’atto di convocazione di Prodi: “nella sua qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri nel 2006-2008, riferisca in merito alla sua conoscenza e ai suoi rapporti con l’ex senatore De Gregorio, con particolare riferimento alla posizione politica dello stesso sia in relazione alle trattative/accordi per le candidature alle elezioni, sia in relazione all’attività dello stesso nella Commissione Permanente Difesa del Senato, sia in relazione ai voti espressi dall’ex senatore De Gregorio; su quanto a sua conoscenza in merito a quanto dichiarato dall’ex senatore De Gregorio in relazione al tentativo di liberare due prigionieri israeliani; su ogni altra circostanza inerente al capo di imputazione”. Ecco invece le ragioni della convocazione di Clemente Mastella: “quale ministro della Giustizia del governo Prodi nel 2006-2008; sulle seguenti circostanze: riferisca in merito alla sua conoscenza e ai suoi rapporti con l’ex senatore Sergio De Gregorio, con particolare riferimento agli accordi politici asseritamente proposti da quest’ultimo nell’eventualità della caduta del governo Prodi; in merito agli incontri/accordi con esponenti politici e/o militari statunitensi a cui fosse presente  De Gregorio in qualità di “intermediario di riferimento” e al ruolo/attività svolta dallo stesso in relazione alla politica del governo italiano in tema di difesa interna ed internazionale; in merito alla sua conoscenza e ai suoi rapporti con Valter Lavitola, con particolare riferimento ad eventuali notizie ricevute dallo stesso in relazione ad indagini svolte dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere; su ogni altra circostanza inerente il capo di imputazione”. Il riferimento alla procura sammaritana riguarda la lettera attribuita a Valter Lavitola, l’ex direttore dell’Avanti, imputato dell’intermediazione della corruzione di De Gregorio, e ritrovata sul computer di Carmelo Pintabona. Lettera che doveva essere spedita a Berlusconi, nella quale il giornalista faccendiere affermava di aver anticipato a Mastella la bufera giudiziaria che avrebbe travolto la moglie e l’Udeur, in un contesto dove l’episodio fu tra le concause della caduta del governo Prodi, sfiduciato in aula anche coi voti decisivi di Mastella e di un altro senatore del Campanile, Tommaso Barbato. Mastella smentì e querelò.

Diverse le tipologie dei testimoni chiamati a deporre. Ci sono quelli collegati alle ragioni e alle prassi del ‘Patto Federativo’ tra il Pdl e gli Italiani nel Mondo, il movimento di De Gregorio, il contratto che mise nero su bianco un milione di euro dei tre milioni pattuiti secondo l’ex senatore Idv-Pdl per fargli cambiare schieramento e passare nel centrodestra. Il primo è Sandro Bondi, all’epoca coordinatore nazionale Forza Italia-Pdl. Poi Ignazio Abrignani, il legale degli affari civili ed elettorali; Rocco Crimi, tesoriere del Pdl; Denis Verdini, coordinatore nazionale di Forza Italia, chiamato a parlare dei suoi rapporti con Lavitola e sul contratto con la International Press, editrice dell’Avanti (tra i soci anche De Gregorio); Luca D’Alessandro, capo ufficio stampa di Forza Italia e Pdl; Gianfranco Rotondi ed Alessandra Mussolini, leader della Nuova Dc e di Alternativa Sociale, due minipartiti della galassia del centrodestra, chiamati a spiegare le prassi economico-politiche degli accordi tra il Pdl e le formazioni minori come la loro e quella di De Gregorio (e in una successiva lista testi è stato aggiunto per le stesse ragioni anche Francesco Pionati, ex senatore Udc e capo di Alleanza di Centro per la Libertà); Mario Valducci, ex responsabile enti locali Forza Italia.

Ci sono invece i testi chiamati a spiegare le manovre politiche che condussero De Gregorio alla presidenza della Commissione Difesa del Senato coi voti del centrodestra, quando il corpulento politico napoletano era ancora esponente di Idv. I capigruppo dell’epoca Renato Schifani (Fi), Altero Matteoli (An), Roberto Castelli, e i componenti della commissione Difesa Alfredo Biondi (Fi), Filippo Berselli(An), Pasquale Giuliano (Fi), Luigi Ramponi (An), Sergio Divina (Lega), Mauro Cutrufo (Dc per le Autonomie. Antonio Martusciello, commissario Agcom, all’epoca coordinatore campano di Forza Italia, nelle intenzioni dei legali di Berlusconi verrà in aula a spiegare che nel 2005 De Gregorio voleva candidarsi con gli azzurri alle regionali, e la scelta di entrare in Idv l’anno successivo fu dettata solo dal suo rifiuto ad accoglierlo tra i berlusconiani. Un altro dei fedelissimi storici del Cavaliere, Marcello Dell’Utri, è stato citato per confermare una confidenza ricevuta da De Gregorio presso il St. Regis a Roma, ovvero l’intenzione di non ricandidarsi alle politiche del 2013.

Tra i testi ci sono anche l’ex premier Lamberto Dini (uno dei senatori eletti nel centrosinistra che ‘tradì’ Prodi), l’ex direttore generale della Rai Mauro Masi, l’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, per anni uno degli uomini più potenti della Campania da commissario per l’emergenza rifiuti. Bertolaso dovrebbe deporre sui suoi rapporti con Lavitola. E c’è il generale Nicolo Pollari, l’ex capo del Sismi: se la difesa lo sceglierà (la Corte ha autorizzato un massimo di due testimoni per le vicende di politica estera) parlerà dell’intervento di De Gregorio nel caso Abu Omar e del ruolo di Lavitola come consigliere ombra del governo nei rapporti con gli Stati Uniti. Non poteva mancare l’altra principale vittima dei trasformismi (a pagamento, secondo i pm) di De Gregorio: Antonio Di Pietro, che incautamente candidò De Gregorio come capolista di Idv al Senato in Campania nel 2006. Ma ovviamente l’attesa più grande si concentra su Berlusconi. Anche i suoi avvocati l’hanno chiamato a deporre. Sarebbe la prima volta di B. interrogato in aula da imputato: a Milano non è andato mai oltre le dichiarazioni spontanee.

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Vincenzo Iurillo è giornalista professionista dal 2002. Nel 2009 con Bruno De Stefano ha scritto ‘La Casta della Monnezza’ (Newton Compton). Scrive sul Fatto Quotidiano sin dalla nascita della testata fondata da Antonio Padellaro, Peter Gomez e Marco Travaglio. A gennaio una sua incalzante inchiesta in più puntate da Benevento ha provocato le dimissioni del ministro Nunzia De Girolamo.
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