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Primo Carnera, il gigante della boxe: ‘roccia ai piedi delle rocce generato’

Il 10 febbraio 1933, Primo Carnera vinse un match tragico: Ernie Schaaf morì, ma non avrebbe dovuto salire sul ring. Famiglia di mosaicisti, dalle montagne del Piave, ha conquistato Mussolini e l’Italia. Raccontiamo la sua storia nel giorno in cui si ricordano le vittime delle Foibe.
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Un corpo fuori dal comune e un nome che è tutto un programma. “Roccia ai piedi delle rocce generato, che andò a prendere a pugni il mondo, e poi fra le sue rocce è ritornato” ha scritto Alfio “Norman” Zoia: due metri e cinque centimetri di altezza, 126 chili di peso, 52 di scarpe, 50 centimetri di collo. Un corpo che diventò l'immagine dell'Italia che Mussolini avrebbe sognato grande, forte, vincente. Al Madison Square Garden, il “gigante” Primo Carnera, che sarà il primo italiano campione del mondo dei massimi, sta per affrontare Ernie Schaaf, un ex marine che tutti chiamano La Tigre del Mare. “Quindici riprese… forse” dice l'annunciatore, che allude a certi combattimenti considerati truccati in passato, come l'incontro di Milano in cui Carnera aveva messo ko il pugile argentino Epifanio Islas e si era guadagnato l'inglorioso soprannome di Torre di Gorgonzola. È il 10 febbraio del 1933.

Il volto del Friuli – Nel giorno della memoria delle Foibe, il volto e il ricordo di Carnera tornano ogni volta come il marchio di una terra di valori scolpiti nella pietra, come i “claps”, i sassi che a Sequals, dove è nato, a 40 chilometri da Udine, sono particolarmente ricercati. Ci sono 27 Carnera tra i terrazzieri e mosaicisti nella storia del paese: da Andrea, che abbellì Copenaghen, a Isidoro Sante, il papà di Primo, a Secondo e Severino, i suoi fratelli. Isidoro non vede la nascita di Primo, è emigrato in Germania: è solo una leggenda metropolitana, però che pesasse dieci chili alla nascita. “Non era mai sazio da bambino” racconta Valentino Tramontin alla Gazzetta dello Sport: "andava dappertutto dove si potesse mangiare. Quando andava a comprare il pane, spesso arrivava a casa che il sacchetto era vuoto. Da ragazzo Carnera girava sempre senza scarpe, perche' non ce n'erano della sua misura". "Era enorme. Ricordo quando si e' seduto da Bortoli e la sedia si e' spaccata in due come un grissino. Pensava di essere una mosca e, invece, pesava 115 chili" Da ragazzo ha un incontro tristemente premonitore: vede un soldato austriaco morto, si spaventa, poi però cambia idea, si accorge che ha piedi enormi come i suoi e gli prende le scarpe.

Forzuto da circo – Finisce la quarta elementare ed è già un emigrante. Va in Francia a fare il forzuto nelle feste di Paese: è una versione povera del Buffalo Bill di De Gregori, ma senza il contratto col circo Pace e bene. A 16 anni sfiora i due metri: ha preso dalla famiglia della madre, i Mazziol, tutti corazzieri. Il suo numero consiste nell'entrare in pista con sei-sette nani aggrappati addosso. Lancia un urlo, gonfia i bicipiti e i sette nani van tutti giù per terra. Paul Journée, ex campione francese dei pesi massimi, lo presenta al manager Léon See. Poi, come il Buffalo Bill di De Gregori, tra la vita e la morte sceglie l'America. Il contratto lo ottiene, ma col Madison Square Garden: combatte 26 volte nel 1932 e molti match sono combinati. Carnera, scrive il Messaggero, è il rappresentante della “forza e valentia della buona razza italiana che ad ogni svolta di storia ripullula e risorge”. Risorge in Europa, il 30 ottobre 1930 al Montjuic di Barcellona contro il basco Paulino Uzcudun. Per avvantaggiare lo spagnolo, gli organizzatori costringono Carnera a usare guantoni più piccoli del solito, ma l'italiano vince ai punti. Alla fine del 1932, Carnera si affida a un nuovo manager, Luigi Soresi. E torna in America per inseguire il titolo mondiale. Jack Sharkey, che detiene il titolo e da tre anni è anche il procuratore di Schaaf, ha imposto che il suo sfidante debba uscire dal match del 10 febbraio 1933.

Lo sfidante – Schaaf è molto legato alla mamma, Lucy, che non ascolta mai le radiocronache dei suoi combattimenti ma aspetta la telefonata del figlio dopo ogni incontro. La Tigre del Mare ha sempre detto che vorrebbe diventare prete una volta appesi i guantoni al chiodo. Fra meno di un'ora, però, il prete gli servirà per l'estrema unzione.

Vittoria e tragedia – Il pubblico incalza sempre di più, forse temendo che i due si siano messi d'accordo. “La testa di Ernie venne sbattuta all’indietro almeno duecento volte dai sinistri nei primi dieci round, ma nulla faceva presagire la fine imminente” scrive Stanley Weston. All’inizio del tredicesimo round, Carnera ha troppo vantaggio, Schaaf non ha praticamente mandato a segno un pugno dalla nona ripresa. “Ho continuato a tirare solo jab, all’infinito. Schaaf era rimasto in posizione. Anche l’ultimo pugno è stato un diretto: lo guardai negli occhi mentre cadeva, non vidi nessuna sofferenza. Il pubblico gli urla: “Alzati, buffone”, ma Schaaf non dà segni di vita. “Ernie Schaaf stava morendo a pochi metri da lui e la gente pensava che fosse tutta una finzione2 scriverà Alfredo Pigna nel libro I re del ring. “Ad un tratto la porta della sala si aprì e apparve il medico. Chiuse la porta dietro di sé, si avvicinò a Carnera e gli mise una mano sulla spalla. – E’ morto! – disse . Carnera fissò il medico con uno sguardo allucinato. – Sono un assassino! – disse piano, mentre gli occhi si riempivano di lacrime. Il medico scosse la testa . – Non tu , – disse letteralmente. – Io spero che venga concessa l’autopsia . In questo caso tutto il mondo avrà la prova che non sei stato tu l’assassino di Ernie Schaaf ma coloro che hanno permesso che il combattimento si effettuasse”.

L'autopsia – Mamma Lucy, anche quella sera, non ha ascoltato il racconto del combattimento alla radio. Ma sente che deve essere successo qualcosa di strano, il suo Ernie non ha telefonato. E non telefonerà. Lo veglia quattro giorni in ospedale, prima di vederlo morire. Carnera, il gigante buono che girerà 20 film, che amava Caruso ed era amico di Toscanini, che ballava con la figlia piccola e andava a cogliere i ciclamini per la moglie, scoppia in lacrime. "Non piangere uomo. Non hai colpa" gli dice Lucy. E il medico legale di New York, il dottor Charles Norris, conferma. L'autopsia rivela un'infiammazione al cervello dovuta a un'infezione virale non curata e un ulteriore ematoma dovuto a sintomi recenti di meningite spinale. Il mondo ha la prova che cerca, ma Carnera diventa comunque “il destro che uccide”.

Il titolo mondiale – Il 29 giugno del 1933, Carnera torna al Madison Square Garden per sfidare Sharkey. “Nelle prime due riprese non ho avuto problemi” racconterà, “poi d'improvviso, e so che non posso convincere nessuno, perfino mia moglie ha ancora dei dubbi, ho cominciato a vedere Schaaf di fronte a me. Poi non ricordo più nulla, so solo che ho perso il titolo”. Carnera è l'eroe nazionale che il Duce aspetta, e a Mussolini invia il secondo telegramma per annunciare il suo successo, il primo l'ha spedito a sua madre. A Roma, a ottobre, combatte a Piazza di Siena, di nuovo contro Uzcudun. Nell' anfiteatro dei concorsi equestri, davanti a 70mila persone, Carnera sale sul ring in camicia nera. Comincia a girare film, ma la fine è vicina.

Parabola discendente – Ha recitato al cinema anche con Max Baer, il suo sfidante per il titolo nel 1934. “Sullo schermo finisce in parità, sul ring a Long Island in un massacro. Il referto medico pare quasi un' autopsia: caviglia lussata, naso fratturato, due costole incrinate, occhio semichiuso. Carnera va al tappeto undici volte, per dieci volte si rialza. è gigante anche il suo cuore. Baer è ebreo, ma la notizia non viene pubblicizzata” ricorda Emanuela Audisio su Repubblica. Cerca il riscatto contro Joe Louis, il pugile nero che vincerà il titolo dei massimi nel '36 su Max Schmeling, il volto bello e spendibile del Terzo Reich che di nascosto aiutava le famiglie degli amici ebrei dopo la notte dei lunghi coltelli.

Verso la fine – Il giorno in cui Mussolini pende per i piedi a Piazzale Loreto, anche Carnera è con le spalle al muro, davanti ai partigiani del Friuli che col mitra spianato gli sventolano la foto in cui stringe la mano al duce. Lo salva Leo Picco, il comandante Tom. Era triste, Carnera, ha scritto Norman Mailer. E come i giganti tristi torna all'America e al circo. Si esibisce contro canguri, nani, freaks. Ma diventa ricco. Morirà di cirrosi epatica nel trentaquattresimo anniversario del titolo mondiale. Al suo funerale c'è anche Nino Benvenuti che solo due mesi prima a New York era diventato campione dei mesi medi. È un segno del destino. Roccia che torna alle sue rocce, dopo aver dato pugni al mondo. Sulla sua tomba ha voluto solo una frase: Mens sana in corpore sano.

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