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Polizia: a Palermo il blocco degli stipendi è la punta dell’iceberg

Un tuffo nel mondo delle Forze dell’Ordine. Uomini e donne che rischiano la vita per strada e che sono costretti a vestire i panni dei supereroi nascondendo agli altri e a sè stessi problemi e fragilità umani. Dietro le polemiche sul “blocca stipendi” c’è molto, molto altro.
A cura di Pietro Giammona
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"Chi voli chistu? Cu è? Chi sta facennu?" (trad. Che vuole questo? Chi è? Cosa sta facendo?). Se lo chiedevano i poliziotti di una caserma di Palermo quando mi hanno visto armeggiare con telecamera e microfono fuori dai cancelli. Domande ripetute a volume sempre più alto con l'intento di farmi sentire e di farmi desistere. Vista la mia insistenza però, uno di loro fa per avvicinarsi. "Senta…!", esclama con tono quasi censorio e con il dito proteso in avanti.

Dietro di me c'è uno dei ragazzi che hanno accettato di farsi intervistare sulla polemica "blocco stipendi". Alza la mano sopra alla testa e poi la porta alla spalla toccandosela con le dita. Un gesto inequivocabile a Palermo che significa "Ci penso io, lui è con me". Il poliziotto, riconoscendo il collega, distende i tratti del viso, fino a qualche secondo prima solcato da rughe minacciose, e torna tranquillamente a parlare con gli altri.

Termino velocemente il mio lavoro e ripongo la telecamera nello zaino. I ragazzi che si sono fatti intervistare mi invitano a spostarmi all'ombra e ci avviciniamo al gruppo di poliziotti che staziona davanti alla caserma. La diffidenza nei miei confronti dura solo qualche minuto, poi vengo introdotto nei meandri di un mondo che pensavo di conoscere e che, invece, non conoscevo affatto. "Io da 5 anni perdo 600 euro all'anno" esclama un ragazzo commentando le polemiche sul blocco degli stipendi. "Io invece 1.300!" rincara la dose un altro."Qui c'è gente che con l'avanzamento di grado ha acquisito responsabilità maggiori ma in busta paga ha sempre gli stessi soldi" ribadisce un terzo con tono rassegnato.

Ma quella degli stipendi è solo la punta di un iceberg. In pochi minuti vengo subissato da lamentele a 360°; dai mezzi che mancano o sono inadeguati ai capi di vestiario che sono gli stessi da 3 anni, dai turni massacranti alle ripercussioni di questo lavoro sulla vita privata.
"A qualcuno di noi può capitare di tornare a casa dopo giorni che non vede la sua famiglia e che lavora come un mulo. Non fa in tempo ad arrivare che la moglie gli fa l'elenco delle cose da pagare. I figli, magari, lo guardano come se fosse un estraneo. Se tutto questo succedesse ad un lavoratore normale, quest'ultimo potrebbe accusare stress e depressione. Noi invece no! Perchè se diciamo di essere stanchi, stressati o depressi, ci mandano subito a fare dei controlli e rischiamo il posto di lavoro! Dobbiamo essere tanti "superman" ma con le forze e i problemi dei comuni mortali". Nelle parole di uno di questi ragazzi uno spaccato di vita di chi quotidianamente va per strada nel tentativo di far rispettare l'ordine e di garantire la sicurezza.

Mentre stiamo parlando, dietro di noi passa un'auto della Polizia. Un giovane in divisa tira fuori il braccio e la testa ed esclama pacatamente "Sciopero generale! Sciopero generale!". "Vedi – mi dice uno che mi sta accanto – questo è il clima che in questo momento si respira nelle caserme. Puoi chiedere a chiunque qui dentro e ognuno avrà qualcosa di cui lamentarsi". I racconti e le lamentele sono troppe per essere concentrate in quei pochi minuti e quei poliziotti che mi ritrovo davanti sembrano presi da un'irrefrenabile voglia di vomitare tutti i loro disagi. Quindi, a tratti, le voci si accavallano. "Molti di noi – racconta un giovane poliziotto – fanno richiesta di trasferimento per i reparti mobili, quelli che si occupano dell'ordine pubblico. Quelli che hanno la fama storica di essere dei picchiatori e che invece, durante le manifestazioni, se va bene, prendono botte, sputi e insulti. È un modo per guadagnare qualcosina in più ma non hai più vita. Devi avere sempre la valigia pronta perchè da un momento all'altro possono chiamarti e devi andare. Lampedusa… Catania… Napoli… Dove capita"."E qualche volta – dice un altro più anziano – può capitare che tua moglie si stanchi di aspettarti e magari (accenna un sorriso amaro, ndr) ritorni e la trovi con un altro".

Improvvisamente vengo dirottato di nuovo sull'argomento "stipendi". Eh già, perchè la vita costa, le bollette e il mutuo si devono pagare, se anche il matrimonio va a rotoli (e non è raro, a quanto pare, in questo ambiente), diventa inarrestabile l'emorragia di denaro per avvocati e assegni di mantenimento. "Le bacheche delle caserme sono piene di annunci di finanziarie" dice uno dei miei interlocutori che intanto sono diventati parecchi. "Ma chi chiede un prestito – aggiunge – nella maggioranza dei casi lo fa per arrivare a fine mese. E devi stare attento a rigare dritto a lavoro perchè, se ti becchi qualche punizione che prevede una trattenuta pecuniaria sullo stipendio, resti in rosso in banca". "Qualcuno – sottolinea un uomo con i baffi in borghese – ha fatto dei progetti pensando di poter contare sugli scatti di stipendio o, persino, su una legittima buonuscita e poi si è ritrovato con un pugno di mosche in mano e, magari, con una montagna di debiti da pagare". "E poi c'è chi si chiede perchè ci sia un così alto numero di suicidi tra chi fa questo lavoro. Siamo uomini normali. Non siamo superman" dice un'altra voce dal capannello.
Ma su questo argomento la discussione viene alleggerita. "Andiamo a prenderci un caffè" dice uno. Ci sono cose che è meglio che restino confinate dentro alle caserme.

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