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Opinioni

Pizza candidata Unesco? Poteva saltare: ai Beni Culturali volevano la Perdonanza

Il retroscena della candidatura della pizza napoletana nella Lista dei Patrimoni immateriali dell’Umanità dell’Unesco, supportata dai ministeri di Agricoltura e Esteri, mentre i Beni Culturali puntavano sulla Perdonanza Celestiniana, antico rito abruzzese.
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La pizza napoletana
La pizza napoletana

Facciamo un test. Provate a scrivere ‘pizza‘ su Google. Troverete 622 milioni di risultati, declinati in ogni modo. Dall'arte dei maestri pizzaiuoli napoletani alla discutibile pepperoni pizza americana. Provate a scrivere ‘Perdonanza celestiniana‘ sullo stesso motore di ricerca. Circa 29mila risultati e una domanda: ma di che stiamo parlando? La prima è un'eccellenza italiana (napoletana, vi prego, per carità di campanile). Il secondo è un antico e suggestivo rito solenne, risalente al 300, un'indulgenza plenaria perpetua che Celestino V, colui «che fece per viltade il gran rifiuto» concesse a tutti i fedeli di Cristo la sera stessa della sua incoronazione a pontefice. Un rito che si rinnova a L'Aquila, in Abruzzo, 28 e il 29 agosto di ogni anno.

Pizza, Perdonanza. Nessuno discute sulla rilevanza dell'una o dell'altra. Ma, francamente,  quale delle due sarebbe la vostra risposta alla domanda: «Mi dici qualcosa che rappresenti l'Italia nel mondo?».

Ieri, 4 marzo, la Commissione nazionale italiana per l'Unesco ha deciso che sarà la pizza, o meglio, "L’Arte tradizionale dei pizzaiuoli napoletani", presupposto fondamentale per sfornare il disco di pasta più famoso al mondo secondo regole, riti e ingredienti tramandati in centinaia d'anni, la candidata dell'Italia per l’anno 2017 nella Lista dei Patrimoni immateriali dell’Umanità dell’Unesco.

Per stabilirlo c'è stata una riunione interministeriale. Nella quale i delegati dei dicasteri di Agricoltura, Esteri, Università, Ambiente, Economia e Beni Culturali hanno messo le carte sul tavolo e hanno deciso. Decisione immediata per la pizza? Macché. Il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo retto da Dario Franceschini, col suo sottosegretario (peraltro napoletano) Antimo Cesaro ha sfoderato l'opzione Perdonanza celestiniana. Che era sì una delle possibilità al vaglio ma che di fronte al simbolo dell'Italia sarebbe dovuta sparire. La discussione ha fatto emergere la forza enorme della candidatura partenopea, supportata tra l'altro da corpose petizioni. E, cosa strana, la nota diramata alle agenzie con l'annuncio della candidatura della pizza riporta una decisione «all'unanimità» della Commissione nazionale italiana per l'Unesco «su proposta del Ministero dell'Agricoltura e con il sostegno del Ministero degli Esteri, dell'Università, dell'Ambiente, dell'Economia». E i Beni Culturali? Spariti. Semplice dimenticanza?

La Perdonanza celestiniana era così ben ‘raccomandata' che il Comitato Unesco ha messo nero su bianco che spera «possa essere presa in considerazione all’interno del numero prefissato dei siti a livello mondiale da valutare nell’anno 2017». Insomma, non è stata affatto una scelta scontata. I rappresentanti dei ministeri di Agricoltura e Esteri però l'hanno spuntata e dal forno è uscita una fragrante candidatura. Della quale, oggi, tutti si prendono i meriti.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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