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Piombino, l’infermiera Bonino: “Nessun criminale è mai stato trattato cosi”

La 56enne, scarcerata due giorni e accusata della morte di 13 pazienti, si difende in un’intervista a Quarto Grado: “Ho sempre fatto il mio lavoro con passione”.
A cura di Biagio Chiariello
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"Io sono veramente nata per fare l'infermiera e l'ho fatto proprio con passione, il mio lavoro. Assolutamente non sono stata io. Mi dispiace veramente tanto che sia successa una cosa del genere in quel reparto. Io sono convinta che un serial killer non esista… anche conoscendo le mie colleghe". Sono le parole di Fausta Bonino, l'infermiera del reparto di rianimazione dell'ospedale di Piombino (Livorno) accusata di essere responsabile della morte di 13 pazienti, a cui sarebbero state somministrate "bombe" di eparina. Due giorni dopo la scarcerazione decisa dal tribunale del Riesame, la 56enne è stata intervistata da Quarto Grado.  “I giorni in carcere sono stati tremendi, nessun criminale è stato mai trattato così” dice la Bonino in riferimento ai quei 21 giorni passati nel carcere don Bosco di Pisa.  "E' stata una cosa veramente brutta- dice -. Veramente un incubo".

Nell'intervista l'infermiera racconta quanto sia stata dura "specialmente la prima settimana", prima dell'interrogatorio, quando non poteva "vedere nessuno". Ma assicura che in quel reparto dove lavorava da 20 anni non esista "un serial killer", “anche conoscendo le mie colleghe", aggiunge dicendo ai familiari delle vittime "di averli nel cuore", di essere "dispiaciuta", ma "che assolutamente" non è stata lei. La Bonino si dice ora fiducia nei confronti del sistema giudiziario italiano, “fino a quel momento non ce l'avevo più”. La donna dice di aver sentito soprattutto dalla tv, tutte le accuse che le venivano rivolte: “Questo serial killer, tutte queste cose… per due giorni ho pianto. E il mio pensiero era che avessero preso una bella cantonata… di non tirarmene fuori…”, ammette.

La Bonino ricorda pure gli interrogatori, prima davanti ai carabinieri del Nas, che hanno portato avanti l'inchiesta, poi davanti al pm Massimo Mannucci, titolare dell'inchiesta: "mi ha trattato proprio malissimo, da criminale… e continuava a dirmi che potevo essere fuori di testa, che poteva esserci una fuori di testa che faceva queste cose… – prosegue l'infermiera -. Quando te lo senti dire per tre interrogatori, il primo di 6 ore, il secondo di 5, l'ultimo non mi ricordo se era di 4 o di 5 ore… hanno cominciato a dire che ero fuori di testa, visto che prendevo le pasticche per l'epilessia. Mi è venuto spontaneo dire a mio marito: ‘Avrò mica avuto dei momenti…'". Alla 56enne sono rimaste impresse in particolare le parole usate dal pm davanti ai giudici del riesame: "‘Sono venuto apposta per dirvi di non rilasciarla perché è un elemento pericoloso: se va a casa uccide i familiari, il marito e tutti i parenti'". E' stato lì, che ho pensato: "non esco più dalla galera per tutta la vita".

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