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Opinioni

Pier Paolo Pasolini ed Edinson Cavani: il calcio, la passione, la vita

Il calcio come passione ed arte dell’imprevisto che sfugge alla razionalità: il surreale luogo d’incontro e convergenza di figure lontane anni luce come Pier Paolo Pasolini ed Edinson Cavani.
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"I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara (giocavo anche sei-sette ore di seguito, ininterrottamente: ala destra, allora, e i miei amici, qualche anno dopo, mi avrebbero chiamato lo “Stukas”: ricordo dolce bieco) sono stati indubbiamente i più belli della mia vita. Mi viene quasi un nodo alla gola, se ci penso. Allora, il Bologna era il Bologna più potente della sua storia: quello di Biavati e Sansone, di Reguzzoni e Andreolo (il re del campo), di Marchesi, di Fedullo e Pagotto. Non ho mai visto niente di più bello degli scambi tra Biavati e Sansone. Che domeniche allo stadio Comunale!".

Le parole di Pier Paolo Pasolini sono senza alcun dubbio una delle testimonianze più belle e "pure" del mistero che si cela dietro il gioco del calcio, non solo "metafora della vita" per dirla con Sartre. Già, perchè provare a descrivere, a razionalizzare, a racchiudere entro le "strette gabbie del linguaggio", le sensazioni, le emozioni e tutto ciò che si cela dietro una "semplice" partita di calcio è da sempre compito arduo anche per poeti e fini pensatori. Come condensare in poche righe la trance agonistica di un tifoso al momento in cui il suo beniamino sta per battere un rigore decisivo? Come descrivere lo scoramento del novantesimo minuto o la pura esaltazione di un gol nel recupero? Come rendere il nervosismo, la gioia, la tensione, l'attesa, la disperazione, il folclore di cui si nutre la domenica calcistica e che si oppongono ad ogni tentativo di comprensione razionale?

Ecco, che ad esempio, le parole di Pasolini (che appunto distingueva il momento puramente "strumentale" del calcio, rigidamente ed astrattamente regolato dal codice, dal suo momento "espressivo") testimoniano, non solo nell'esempio citato, questo "arrendersi del giudizio razionale" di fronte all'istinto ed alla passione, fino ad esprimere una sorta di "bellezza" che, per dirla con le parole di Adriano Sofri, sfugge alla normalità ed al conformismo. Spesso si dice che solo un vero tifoso può comprendere il "senso profondo" del gioco del calcio, ma a noi piace pensare che un grande intellettuale come Pier Paolo Pasolini sia riuscito in poche righe anche a dargli una "dignità e spessore culturale", lontani dallo snobismo e dal paternalismo.

E ci sia concesso un passaggio che ha quasi del paradossale per dire che simili riflessioni si sono affacciate alla nostra mente nel notare una buffa somiglianza fra il rimpianto scrittore di origini bolognesi ed il calciatore uruguaiano idolo dei napoletani, Edinson Cavani.

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Un giocatore che, oltre ad essersi segnalato come uno dei più prolifici attaccanti del nostro campionato, è ormai diventato un simbolo per una popolazione che vive in questi ultimi anni uno dei momenti più difficili della sua storia recente. Il ritratto di Pasolini delle borgate, in cui le esperienze di vita dei giovani avevano come filo conduttore l'assenza di reali prospettive di cambiamento, in una sorta di ripetitività che aveva caratteri emblematici, sembra purtroppo aderire alla realtà di una città da troppo tempo mortificata ed umiliata, il cui tessuto sociale appare disgregato da anni di malcostume ed indifferenza ed in cui le pur enormi risorse culturali ed intellettuali passano sempre in secondo piano rispetto alla propaganda ed alla semplificazione di giornali e televisioni. Immaginare Pasolini gioire ed emozionarsi di fronte alle imprese dei ragazzi di Mazzarri (un gruppo ricco di talento, ma anche di gregari da "calcio in prosa" come avrebbe detto l'autore di Una Vita Violenta), non è poi così difficile, soprattutto in virtù di considerazioni di diverso tipo.

Già, perchè non si tratta del riscatto sociale per il tramite di un campo di gioco (secondo un clichè che per anni ha fatto comodo ad un ben definito "sistema"), bensì dell'identificazione della gente, in particolare di tantissimi giovani napoletani, non con il "classico" calciatore da rotocalchi rosa, ma con un ragazzo semplice, di una straordinaria forza d'animo ed umiltà. Un ragazzo che vive il calcio con passione e spiritualità assoluta (tanto da indicare il cielo ad ogni rete realizzato) e che siamo sicuri sarebbe piaciuto a quel poeta che, seppur vestito di tutto punto, non lesinava a rincorrere un pallone nelle sue passeggiate nelle tanto care borgate romane. In fondo, vedere un intero stadio che impazzisce di gioia per un pallone che al 95′ oltrepassa una linea bianca e finisce in una rete non ha proprio nulla di razionale, ma per certi versi è di una bellezza assoluta, simbolo di quell'arte dell'imprevisto che è e, malgrado tutto, continuerà ad essere il calcio.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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