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Piccoli Schiavi Invisibili, lo sfruttamento e la tratta dei minori in Italia

L’ultimo rapporto di Save the Children consegna una fotografia impietosa sullo sfruttamento dei minori in Italia: cresce il numero di nigeriane, poco più che bambine, costrette a prostituirsi in strada, adolescenti bengalesi ed egiziani al lavoro per intere giornate pagati pochi euro. A correre i rischi più gravi sono i minori non accompagnati “in transito” nel nostro Paese verso il nord Europa. Nel mondo più di un bambino o adolescente su quattro è vittima di tratta e sfruttamento.
A cura di Mirko Bellis
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(Foto Francesco Alesi/Parallelozero per Save the Children)
(Foto Francesco Alesi/Parallelozero per Save the Children)

Provengono da Paesi poveri o in guerra. Sono bengalesi, egiziani, eritrei o nigeriani. Sono i bambini vittime della tratta di esseri umani accomunati dallo stesso destino: essere sfruttati da reti criminali che non esitano a prostituirli o impiegarli nel lavoro nero. Tra i più esposti a subire ogni genere di sopruso – si legge nel dossier “Piccoli Schiavi Invisibili – 2017” diffuso da Save the Children – sono i minori non accompagnati. A livello globale – denuncia l’organizzazione umanitaria – più di un bambino o adolescente su quattro è vittima di tratta e sfruttamento. Un mondo sommerso che non risparmia neppure i Paesi dell’Unione europea. Secondo Save the Children, tra il 2013 e il 2014, nel continente europeo ci sono state oltre 15mila vittime accertate o presunte di sfruttamento.

Gli abusi vanno dalla prostituzione forzata all'impiego lavorativo illegale, soprattutto in ambito agricolo, manifatturiero, edile, nei servizi domestici e nella ristorazione. E anche in Italia, il quadro che emerge dal dossier non è dei più incoraggianti. Il numero sempre maggiore di ragazzine nigeriane condotte qui con l’inganno e costrette a prostituirsi, insieme a un numero crescente di minori dell’Europa est, di ragazzi bengalesi vittime dello sfruttamento lavorativo, e di minorenni che si considerano “in transito” nel nostro Paese, sono il volto più frequente tra le vittime di un business criminale che nel mondo muove un giro d’affari di 32 miliardi di dollari (seconda fonte di reddito per le organizzazioni criminali dopo il traffico di droga).

Nigeriane e rumene, attratte con l'inganno in Italia e costrette a prostituirsi

(Foto Francesco Alesi/Parallelozero per Save the Children)
(Foto Francesco Alesi/Parallelozero per Save the Children)

Nel 2016 il numero dei minori soli nigeriani arrivati via mare in Italia è triplicato, e si è registrata una presenza crescente di adolescenti e bambine anche di 13 o 14 anni, generalmente reclutate con l’inganno nel loro paese di origine e finite sulle strade italiane a prostituirsi. La filiera criminale nigeriana che gestisce la tratta a scopo di sfruttamento sessuale in Europa e in Italia è basata su fasi e ruoli ben definiti, a partire dalle adescatrici, che operano in Nigeria. Nel Paese africano, le bambine patiscono riti magici che innescano un meccanismo di ricatto e paura che le terrà vincolate per anni. Ma le violenze e gli abusi per le giovani nigeriane continuano anche nel corso del loro viaggio verso l’Europa. In Niger o in Libia subiscono un trattamento inumano da parte dei loro carcerieri; per finire in Italia, dove una rete ben organizzata di sfruttatori le obbliga a prostituirsi per ripagare il “debito” contratto per raggiungere l'Europa.

Secondo le stime di Save the Children, le ragazze rumene sono il secondo gruppo più numeroso dopo quello nigeriano tra le giovani vittime di tratta per lo sfruttamento sessuale in strada in Italia. Si tratta in prevalenza di adolescenti provenienti da contesti socio-economici molto poveri. In alcuni casi senza genitori o affidate a terzi, vengono attratte e manipolate da coetanee, ragazzi o uomini adulti, sulla base di proposte di lavoro fasulle e della speranza di un riscatto. Una volta in Italia sono costrette a prostituirsi, spesso sotto il controllo di fidanzati/sfruttatori, in un continuo stato di sopraffazione e paura, nel quale sviluppano spesso dipendenza da droghe, alcol e abuso di medicinali.

I più vulnerabili: i minori stranieri non accompagnati “in transito”

(Foto Save the Children. Progetto grafico: Odd Ep Studio Collective)
(Foto Save the Children. Progetto grafico: Odd Ep Studio Collective)

I minori stranieri non accompagnati giunti via mare in Italia, più che raddoppiati nel 2016 rispetto all’anno precedente e ulteriormente cresciuti nei primi mesi del 2017, si confermano come uno dei gruppi di bambini e adolescenti maggiormente esposti alle diverse forme di tratta e sfruttamento. I minori non accompagnati eritrei, in fuga da violenze e torture, mancanza di libertà civili e obbligo di leva militare quasi a vita per ragazzi e ragazze, sono il gruppo più numeroso tra gli adolescenti soli anche giovanissimi, con meno di 13 anni, che si considerano “in transito” nel nostro Paese. Sperano di raggiungere familiari, parenti o amici nel nord Europa: un obiettivo condiviso con la maggioranza dei minori somali, etiopi, palestinesi, siriani e afghani, che per questo motivo si allontanano dalle strutture di prima accoglienza per riconsegnarsi nelle mani di una rete mista di connazionali e trafficanti e passeurs che li aiutano a raggiungere prima Roma o Milano, e poi i valichi di frontiera nel nord Italia.

La sempre maggiore difficoltà incontrata nell'attraversare le frontiere – scrive nel suo dossier Save the Children – ha prolungato via via la loro permanenza nel nostro Paese in una condizione di grave vulnerabilità, al di fuori del sistema formale di accoglienza, esposti al rischio di violenze e sfruttamento per la necessità di reperire cibo, un posto dove dormire e i soldi necessari per pagare i trafficanti nei ripetuti tentativi di abbandonare l’Italia. Se le reti della tratta e sfruttamento dei minori sono ramificate in tutta Italia, ci sono alcuni territori – continua il rapporto – che destano particolare preoccupazione per la crescente esposizione di bambini e adolescenti a rischi gravissimi. In Calabria, ad esempio, il numero di sbarchi sempre maggiore di minori non accompagnati ha messo in evidenza la grave inadeguatezza di alcune strutture di prima accoglienza e, in più in generale, le carenze del sistema di protezione.

Lo sfruttamento lavorativo in Italia: i minori bengalesi ed egiziani

(Foto Ahmad Baroudi per Save the Children)
(Foto Ahmad Baroudi per Save the Children)

Nel nostro Paese – denuncia il dossier – non va certo meglio per quanto riguarda lo sfruttamento lavorativo dei minori, sia italiani che stranieri. Tra il 2014 e il 2016, le segnalazioni raccolte dagli Ispettorati del Lavoro sono cresciute da 172 a 236. In questo contesto, le regioni con il maggior numero di casi di illegalità sono state la Lombardia, la Puglia ed l’Emilia Romagna, territori in cui i minori vengono sfruttati in settori come alloggio e ristorazione, commercio, agricoltura o manifattura.

Il numero dei minori non accompagnati bengalesi giunti via mare in Italia è cresciuto negli ultimi anni in modo significativo. Nella maggioranza dei casi, i minori bengalesi provengono da contesti familiari molto poveri, da famiglie numerose con scarsa scolarizzazione, e sono vere e proprie vittime della tratta per lo sfruttamento lavorativo da parte di connazionali, italiani o cinesi, per i quali lavorano fino a 12 ore al giorno per 6 giorni di seguito e una paga misera in piccole attività commerciali o come ambulanti.

Per i minori egiziani arrivati da soli in Italia, la rete degli sfruttatori agisce nelle loro zone di provenienza in Egitto incentivando le partenze e stabilendo con le famiglie contratti di debito che possono arrivare fino ai 4.000 euro. La necessità di restituire rapidamente il debito una volta sbarcati in Italia, spinge questi minori ad abbandonare le strutture di prima accoglienza per raggiungere principalmente Roma, Milano e Torino, dove sperano nelle opportunità offerte dalla comunità di connazionali presente. Nella realtà, e nella maggioranza dei casi, vengono sfruttati nel lavoro in nero nei mercati generali, negli autolavaggi, nei ristoranti 12 ore al giorno 7 giorni su 7 per 2 o 3 euro all'ora. In molti casi si rendono anche disponibili a svolgere attività illegali, come lo spaccio di droga, o vengono adescati e sfruttati sessualmente nel circuito della pedofilia e pedo-pornografia.

Necessari maggiori sforzi per contrastare la rete di trafficanti e sfruttatori

(Foto Ahmad Baroudi per Save the Children)
(Foto Ahmad Baroudi per Save the Children)

"La lotta ai trafficanti e agli sfruttatori dei minori deve essere ferma e inflessibile a partire dai Paesi di origine e di transito dei tanti bambini e adolescenti soli che raggiungono poi anche il nostro Paese e l’Europa", ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children.  "Invece della sicurezza e di una opportunità di futuro – ha proseguito Milano – si ritrovano di nuovo nelle mani di chi è pronto a sfruttarli e ad approfittare di loro”. Per la responsabile dell'organizzazione umanitaria esiste “l’evidenza di una vera e propria filiera criminale sempre più organizzata, che adesca all'origine i minori e li sposta attraverso i confini, dove i più piccoli subiscono violenze di ogni tipo prima di arrivare in Italia dove il sistema di accoglienza e protezione, e quello di contrasto alla tratta e allo sfruttamento, non riescono ancora a intervenire efficacemente per strapparli alle mani dei loro aguzzini e dei ‘clienti’ che abusano di loro sia nello sfruttamento sessuale che lavorativo".

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