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Pestaggi, waterboarding, minacce di stupro: le tecniche di interrogatorio made in Usa

Pestaggi, waterboarding, minacce di stupro. Queste sono solo alcune delle “tecniche di interrogatorio” utilizzate dagli operativi Usa contro i detenuti, molti dei quali incarcerati arbitrariamente e senza processo.
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Colpevoli, ma non perseguibili. Gli agenti della Cia, che dal 2001 al 2009 hanno torturato centinaia di persone sospettate di essere legate alle organizzazioni terroristiche di tutto il mondo, non saranno perseguiti in alcun modo e quindi non pagheranno per i crimini commessi. Questo, in estrema sintesi, è quanto si conclude leggendo il report stilato dal Commissione d'inchiesta del Senato Usa (US Senate Intelligence Committee) e relativo al programma di detenzioni e interrogatori seguito dall'agenzia di sicurezza nordamericana. Le 525 pagine del documento, frutto di un cospicuo lavoro di sintesi delle oltre 6mila cartelle inserite nell'intera inchiesta promossa dall'organo di controllo Usa e di cui la maggior parte rimarrà secretata per motivi di sicurezza nazionale (costate circa 40 milioni di Dollari, ovvero 32 milioni di Euro al cambio attuale), descrivono un quadro dell'orrore in piena regola, dove gli operativi del servizio segreto più famoso del mondo hanno declinato la parte più oscura della cosiddetta dottrina Bush.

Le tecniche d'interrogatorio della Cia

Le tecniche di interrogatorio autorizzate dall'ex Presidente George W Bush e dal suo vice Dick Cheney comprendono: dalla privazione del sonno, al mantenimento del detenuto in posizioni eccezionalmente dolorose (per ore), alla manipolazione della dieta, al famigerato waterboarding (tecnica attraverso cui si simula l'annegamento del sospetto) finendo, per così dire, all'alimentazione forzata attraverso sonde rettali e alle minacce di violenze, stupri e uccisioni dei familiari più diretti quali mogli, madri e figli. Nel rapporto, ad esempio, si legge di detenuti privati del sonno per più di 180 ore, di casi in cui il recluso è stato denudato e lasciato in celle totalmente buie e freddissime per giorni, di prigionieri denudati, pestati e costretti a correre per ore nelle sale adibite ad interrogatori per poi essere nuovamente pestati (spesso anche negli organi genitali). Di uomini e donne, spesso familiari dei presunti terroristi, prelevati nel cuore della notte dalle proprie abitazioni, legati letteralmente dalla testa ai piedi col nastro adesivo e costretti a rimanere in queste posizioni per tutto il tempo del trasporto senza poter espletare le funzioni corporali indispensabili. O ancora di detenuti lasciati per giorni in posizioni scomode, estremamente scomode, con le mani legate sopra la testa e impossibilitati ad ogni tipo di movimento e percossi costantemente. Molti dei prigionieri, a causa delle violenze subite per l'alimentazione forzata (per via rettale), hanno subito traumi permanenti che, oltre alle evidenti ricadute psicologiche, hanno provocato la disabilità permanenti delle vittime di tali trattamenti inumani. Tutte tecniche che vanno ben oltre il concetto di umanità e che in molti casi hanno portato il detenuto (che si ricordi non era soggetto ad alcun tipo di processo o giudizio di sorta né, tanto meno, era nelle condizioni di potersi difendere dalle accuse mossegli), ad arrivare vicino – troppo vicino – al decesso. Il quadro che emerge dalla sintesi ufficiale pubblicata dal Senato Usa squarcia il velo di sospetti e dinieghi che ormai da molti anni circondano l'operato della Cia all'indomani della tragedia dell'11 settembre e della conseguente caccia scatenata a livello mondiale alle organizzazioni terroriste legate all'esecuzione degli attentati avvenuti a New York e Washington.

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Tra le conclusioni più agghiaccianti cui arriva il testo c'è quella relativa all'inutilità di tali tecniche per ottenere informazioni vitali per la sicurezza internazionale o la scoperta di piani terroristici. Secondo quanto appurato dalla commissione guidata dalla senatrice democratica Dianne Feinstein le rivelazioni rilasciate dai detenuti durante le torture non hanno aiutato in modo significativo la Cia a prevenire attentati terroristici di sorta, né a scovare nascondigli delle organizzazioni criminali. “L'utilizzo da parte della Cia di tecniche d'interrogatori avanzata non è stato di aiuto al fine di acquisire informazioni valide – si legge nel docmento –. Nel momento in cui sono iniziate le operazioni di detenzione e interrogatori, l'Agenzia non aveva a disposizione personale che avesse particolare esperienze o addestramento in tale settore. La Cia iniziò gli interrogatori più di sette mesi dopo l'arresto di Abu Zubaydah e più tre mesi dopo l'inizio dell'utilizzo delle tecniche di interrogatorio definite avanzate”. A tal proposti sembra interessante mettere in evidenza come l'Agenzia pagò cifre astronomiche, pari a circa 81 milioni di Dollari (ovvero circa 65 milioni di Euro al cambio attuale), a due psicologi – nomi in codice dottor Mitchell e dottor Jessen identificati ora dagli pseudonimi di Grayson Swigert e Hammond Dunbar– per mettere a punto le tecniche d'interrogatorio, o di tortura per meglio dire, chiedendo espressamente ai due scienziati di individuare tecniche sempre più efficaci. “In molti casi non c'erano relazioni tra i successi delle operazioni antirerrorismo e le informazioni acquisite dai detenuti attraverso gli interrogatori effettuati con le nuove tecniche. Alcuni dei piani criminali che la Cia ha dichiarato di aver evitato grazie all'utilizzo di queste tecniche, sono il frutto di differenti operazioni di polizia che niente avevano a che fare con l'utilizzo di tali tecniche”.

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Le violenze messe in luce dal rapporto dimostrano che anche altri paesi abbiano giocato un ruolo determinante nel rendere possibili tali torture. In particolar modo, e rimanendo in Europa, si parla di Regno Unito, Polonia, Italia, Svezia, Romania, Lituania e Macedonia. Tutti paesi che potrebbero essere trascinati in procedimenti giudiziari di fronte alla Corte europea di Giustizia per la violazione dei diritti umani. Sia le Nazioni Unite che le più importanti Ong attive sul tema delle torture, tra tutte Amnesty International e Human Rights Watch, hanno reso noto che proveranno a far perseguire i responsabili, materiali e non, di tali barbarie davanti le corti internazionali. Questo, forse, è l'aspetto più caratterizzante di questa vicenda, che vede da un lato il Senato americano far luce su avvenimenti tragici di cui vede indirettamente le proprie mani macchiate di sangue spesso innocente, dall'altro il ministero della Gistizia prendere le distanze e dichiarare che nessun aguzzino verrà processato per quanto fatto.

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