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Persecuzioni gay in Cecenia, i morti potrebbero essere oltre 50: “Putin è responsabile”

Intervistata da Huffington Post, Elena Milashina, reporter di Novaja Gazeta che ha rivelato l’orrore delle persecuzioni contro gli omosessuali in Cecenia, ha raccontato ulteriori dettagli, sostenendo che secondo le ultime informazioni in suo possesso sarebbero circa 50 i morti causati dalle repressioni della polizia.
A cura di Charlotte Matteini
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Testimonianza fotografica delle torture subite da uno degli arrestati, pubblicata da Novaja Gazeta.
Testimonianza fotografica delle torture subite da uno degli arrestati, pubblicata da Novaja Gazeta.

Ha raccontato l'orrore della persecuzione degli omosessuali in Cecenia e per questo motivo la giornalista Elena Milashina, per lungo tempo compagna di scrivania di Anna Politkovskaja, ha subito, insieme ai colleghi di Novaya Gazeta, numerose minacce e ora rischia pesanti ripercussioni: 15mila fedeli, richiamati da 24 leader islamisti del Paese, hanno infatti lanciato una fatwa contro i reporter che pubblicando l'inchiesta hanno screditato "la nostra fede e la nostra patria". Raggiunta da Huffington Post, Milashina ha rilasciato un'intervista raccontando l'orrore delle persecuzioni che si è trovata a denunciare. "Cento persone sono state arrestate illegalmente all'interno della campagna contro la comunità LGBT della Cecenia", spiega Milashina. "Abbiamo avuto le prime informazioni sulla campagna contro le persone LGBT circa due settimane e mezzo fa e abbiamo provato a contattarle utilizzando diverse fonti. Lavoro in Cecenia da molti anni e ho diverse contatti tra i cittadini, nei servizi segreti, nella polizia e così via. Ma non sono stata la sola ad ottenere queste informazioni, tanti giornalisti che si occupano della Cecenia e alcuni attivisti dei diritti umani in Russia avevano questa informazione. E insieme stiamo cercando di dimostrare che è vera".

"Con il network LGBT russo, abbiamo aperto una linea di emergenza per le persone nel Caucaso, in particolare in Cecenia, che sono riuscite a scappare e che hanno bisogno di aiuto. Abbiamo reso pubblica questa linea diretta sui social e poi abbiamo pubblicato la nostra storia, a distanza di due giorni. Dopo la pubblicazione su Novaya Gazeta, questa informazioni sono state confermate da chi era fuggito dalla Cecenia, che conosceva la situazione e ne era vittima, ma è riuscito a scappare e a lasciare la Russia e ora vive in Europa. Quando abbiamo pubblicato l'articolo abbiamo iniziato a ricevere telefonate sulla linea d'emergenza. Più di ottanta persone che sono state detenute illegalmente e torturate solo perché gay, adesso sono arrivate salve in diverse città della Russia dove stiamo provando ad aiutarle".

Milashina, proseguendo, racconta che al momento si hanno informazioni sulla prima ondata di repressioni, iniziata a febbraio. Il 9 marzo Alexey, attivista per i diritti umani conosciuto in Russia, annuncia che le autorità hanno vietato l'organizzazione del gay pride di Nal'čik e da quest'episodio, che ha sollevato una grossa polemica, sarebbe partita una seconda ondata di persecuzioni. "Molte persone sono state rilasciate sotto cauzione e poi quando Alexey ha avuto il permesso di organizzare i gay pride è iniziata la seconda ondata di arresti e molte persone arrestate la prima volta sono state detenute di nuovo. E quando Mr Kadirov, capo della Cecenia ha saputo che alcuni erano stati rilasciati nella prima ondata, si è arrabbiato molto ed ha vietato il rilascio. Le persone che sono state arrestate per una seconda volta sono ancora in prigione".

Secondo le ultime informazioni in possesso dei giornalisti, i morti causati da queste ondate repressive sarebbero ben più dei tre iniziali. "Sappiamo che sono morte molte più di tre persone. Alcune informazioni che ho ricevuto parlano di 50 persone. Le uccisioni si sono perpetrate per due mesi, durante la campagna contro le persone LGBT. Lo abbiamo ampiamente confermate grazie a numerose fonti. E abbiamo già delle fonti certe", riferendosi ai servizi segreti ceceni.

Milashina descrive la Cecenia come una società estremamente chiusa e omofoba. "Quella del Caucaso è una società ultra tradizionalista e anche i parenti mettono in atto persecuzioni e uccisioni. Non è solo la polizia Cecena, sono soprattutto i parenti a fare questo ai loro cari quando scoprono che sono gay.Non hanno alcun aiuto e non lo avranno perché è una società conservatrice, tradizionalista e omofoba". Altre testimonianza giunte alla giornalista parlano di ricatti della polizia cecena: "Una cosa molto diffusa in Cecenia, la polizia chiede soldi per non rivelare informazioni e loro hanno pagato la polizia per molto tempo. Ma improvvisamente è iniziata la campagna contro le persone LGBT. Negli ultimi tre anni, lavorando in Cecenia, abbiamo visto campagne di detenzione illegale: le persone sono state arrestate, torturate e perfino uccise per svariati motivi. E ora c'è la campagna contro LGBT: arrestati, torturati e uccisi solo perché gay. È una pratica diffusa in Cecenia perché qui non ci sono leggi, le leggi russe, non esistono. Vivono secondo le proprie leggi. Queste persone sono arrestate e tenute in prigione, molti di una sola prigione. Ma ora sappiamo di cinque prigioni segreti dove tengono le persone LGBT". Non solo una prigione segreta, quindi, come inizialmente veniva ipotizzato, ma ben 5, aperte in seguito alla prima ondata.

Ho parlato con un ragazzo che è riuscito a scappare perché la polizia ha iniziato a cercarlo quando era già fuori dalla Cecenia. Ma prima, è stato ricattato dalla polizia in quanto gay. Quando sono andati a casa sua, hanno detto che erano obbligati a portarlo alla stazione di polizia dove lo avrebbero torturato e se solo non avesse fatto i nomi di altri gay, suoi amici. La polizia lo ha restituito alla famiglia dicendogli che avrebbero dovuto ucciderlo. E quando il fratello ha detto al ragazzo che avrebbe obbedito agli ordini imposti dalla polizia, il ragazzo è scappato. Non è più tornato in Cecenia. È fuggito dalla Russia. E ora vive in un paese europeo.

Milashina racconta di aver ricevuto supporto dai media internazionali, ma che in Cecenia invece viga il silenzio più assoluto sulla vicenda. "Parlare di questa situazione perché è un crimine conto l'umanità. Non ho mai visto niente del genere, in Europa almeno. Centinaia di persone sono state arrestate, torturate e anche uccise perché gay. Questa situazione dovrebbe allarmare il mondo intero". In conclusione, Milashina accusa il leader ceceno Kadirov e il presidente Vladimir Putin, ritenendoli responsabili delle persecuzioni: "Lo sono, e non hanno reagito in alcun modo. E come ho detto non c'è stata alcuna indagine dall'uscita del nostro articolo, il primo aprile. Ed è spaventoso perché non sappiamo cosa sta succedendo a queste persone che sono ancora detenute, Sono vive? Non lo sappiamo. Chiediamo un'indagine immediata".

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