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Perché Harry Potter non dà vita al ‘potterismo’ (in 3 esempi letterari)

I nomi di alcuni personaggi della letteratura (e non solo) danno vita a parole e concetti autonomi. Ma questo non accade con tutti i personaggi. Vediamo perché.
A cura di Giorgio Moretti
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Don Chisciotte

Ora, ‘donchisciottismo’ non è una parola che si incontra tutti i giorni. Però anche se non ci è nota o non ce l’abbiamo proprio sulla punta della lingua non ci disorienta, perché sappiamo chi è Don Chisciotte – il celeberrimo protagonista dell’omonimo romanzo di Cervantes. E intuiamo subito che il donchisciottismo deve essere un atteggiamento, un’inclinazione simile a quelli di Don Chisciotte. Quindi una tendenza a lottare con epico coraggio e spirito indomito per cause fantasiose, se non completamente irreali.

Una derivazione facile, no? Sì, ma il caso di Don Chisciotte funziona maledettamente bene. È conosciutissimo, nella sua follia pare psicologicamente semplice come i cavalieri di cui è parodia, con poche e chiare premure: difendere l’onore, combattere i Mori, compiere gesta memorabili da dedicare alla sua amata. Tutto questo in un contesto immaginato, che cozza continuamente e ironicamente con la realtà. In due parole, Don Chisciotte è forte di  fama e semplicità.

Il'ja Il'ič Oblómov

Oblómov è un personaggio meno conosciuto, ma come Don Chisciotte il suo nome non poteva non dare vita a un concetto autonomo.
Nell’omonimo romanzo dello scrittore russo Ivan Aleksandrovič Gončarov, Oblómov è un personaggio che ha una modesta rendita da proprietario terriero e passa le sue giornate nella più completa indolenza, abbandonato sul letto o riverso sul divano. Tutti gli accadimenti del romanzo non lo smuovono: Oblómov diventa l'apatico e l'indolente per eccellenza. Altra cosa molto importante è che si tratta quasi di un unicum narrativo: di solito la storia di un personaggio si dipana fra obbiettivi e ostacoli – mentre qui abbiamo un protagonista tutto inerzia e fatalismo.
L'oblomovismo ci si presenta quale la tendenza di Oblómov: ozio sterile, rassegnata inattività – senza godimento.

Anche questa derivazione è lineare, ma incontra un primo problema: Oblómov non è un libro proprio arcinoto – e se non so chi sia Oblómov, come diamine faccio a sapere che cos’è l’oblomovismo? (Vogliamoci bene e leggiamolo, è meraviglioso.)

Ma i problemi nella derivazione nome personaggio–tendenza astratta non finiscono qui.

Bovarismo

Quando si sente parlare di bovarismo molte persone annuiscono portando la mano al mento con l’aria di chi sta capendo – e invece non stanno capendo nulla. Forse perché Madame Bovary, di Gustave Flaubert, è uno di quei libri celebri che tantissime persone fingono soltanto di aver letto. Forse perché tutti ne abbiamo sentito parlare a scuola e quindi ci pare brutto dare a vedere che non ci ricordiamo minimamente che cosa facesse questa Emma Bovary. Ma la realtà è più clemente: Emma Bovary è un personaggio complesso, è mossa da diverse tensioni caratteristiche, e quindi ‘bovarismo’ può prendere significati molto differenti – pur con un nocciolo comune.

Questo nocciolo è l'insoddisfazione: Emma è frustrata dalla sua vita provinciale. Il desiderio di vita mondana la porta 1) a estraniarsi in letture romantiche 2) a vivere al di sopra delle sue possibilità 3) a invischiarsi in liaison adulterine 4) a perdere di vista chi è davvero Emma Bovary. Il suo desiderio non le ispira azioni forti che realizzino la vita a cui aspira. Rimane un gioco di finzione.

Così non ci ritroviamo con un bovarismo uno e monolitico, ma con un bovarismo che è anelito per la vita e le possibilità della metropoli, che è spinta a evadere dalla realtà, che è il trovare rifugio in una personalità fittizia. In generale, è quell'insoddisfazione debole e immobile che scaturisce dalla distanza fra la vita che si ha e quella che si vorrebbe.
Qui capiamo che la difficoltà di utilizzo è diversa. Anche se conosco bene Madame Bovary, il concetto di bovarismo resta più nebuloso. Perché Emma Bovary è un personaggio complesso, rotondo, sfaccettato. Non ha quei tratti esagerati e univoci di Don Chisciotte, né di Oblomov.

Harry Potter

Così capiamo anche perché non sentiamo in giro il termine ‘potterismo’, che descriva e astragga i caratteri di un personaggio come Harry Potter. È coraggioso e determinato, ma spesso è un allocco ottuso. Non è brillantissimo ma ha dei talenti notevoli. È onesto, non scende a compromessi, ma è raccomandato come pochi. Insomma, è impossibile dire che cosa potrebbe voler univocamente significare ‘potterismo'. E a meno che fra qualche decennio la memoria collettiva di Harry Potter, decantando, non ci mostri di ricordarne meglio un carattere preciso, ‘potterismo' è una parola che lascerà sempre sgomenti. Dopotutto, Harry Potter è un personaggio ancora più famoso di Emma Bovary, e di lei, forse, ancora meno semplice.

(Da notare che invece si parla di ‘potterismo' nel caso dell'omonimo libro di Rose Macaulay del 1920, "Potterism", dove è descritto come la tendenza snobista all'essere rivoluzionario propria dei personaggi principali, i gemelli Johnny e Jane Potter.)

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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