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Perché dobbiamo legalizzare la cannabis

In Italia la “Guerra alla droga” ha riguardato per lo più i consumatori di cannabis, e si è dimostrata un fallimento che ha prodotto solo un aumento degli ingressi in carcere, spreco di risorse e grossi proventi nelle tasche della malavita. Il 25 luglio il Parlamento discuterà per la prima volta una proposta sulla legalizzazione, ma il cammino si prefigura difficile a causa di dure resistenze. Eppure, la strada sembra solo una: abbandonare le ideologie e cambiare approccio.
A cura di Claudia Torrisi
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Il prossimo 25 luglio per la prima volta il parlamento italiano discuterà una proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis. Si tratta del disegno presentato a luglio dell'anno scorso dall'intergruppo guidato da Benedetto Della Vedova e firmato da oltre 200 parlamentari provenienti dal Partito democratico, dal Movimento 5 stelle, da Sinistra ecologia e libertà e dal gruppo misto.

La proposta di legge disciplina l'autocoltivazione, il possesso, la vendita e l'uso della cannabis. Viene fissato per le persone maggiorenni il limite della coltivazione di massimo cinque piantine, per cui non sarà necessaria un'autorizzazione, ma solo una comunicazione all'ufficio regionale dei monopoli di Stato. Una comunicazione simile va fatta in caso di coltivazione in "forma associata". Per quanto riguarda, invece, la detenzione personale, questa è consentita ai maggiorenni in misura non superiore a cinque grammi lordi – che diventano quindici "nel privato domicilio". In caso di prescrizione medica sarà consentita la detenzione di quantità maggiori – ma farà fede il documento rilasciato dal medico.

Secondo il disegno, la cessione gratuita a terzi di piccoli quantitativi di cannabis e prodotti derivati a consumo personale non è punibile – salvo che il destinatario sia persona minore o manifestamente inferma di mente – mentre chiunque "per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, coltiva, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze in violazione dei limiti e delle modalità previste, è sottoposto, se persona maggiorenne, alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 100 a euro 1.000, in proporzione alla gravità della violazione commessa".

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Essendo la coltivazione, preparazione di prodotti derivati e vendita della cannabis soggette a monopolio di Stato, serviranno delle autorizzazioni particolari dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli per la vendita al dettaglio a maggiorenni, "in esercizi commerciali destinati esclusivamente a tale attività". Per quanto riguarda, invece, la produzione farmaceutica, si avrà un regime semplificato. Infine, nella proposta è previsto che il 5% dei ricavi per lo Stato sia destinata al Fondo nazionale per la lotta alle droghe; mentre le sanzioni amministrative relative alla violazione delle modalità previste per la coltivazione e detenzione di cannabis saranno interamente destinate a interventi informativi, educativi, preventivi, curativi e riabilitativi realizzati dalle istituzioni scolastiche e sanitarie per consumatori di droghe e tossicodipendenti.

Secondo Andrea Oleandri, coordinatore della campagna Non Me la Spacci Giusta – rete di Ong impegnate sul tema – la legge è per la situazione attuale sicuramente avanzata: "Poi, essendo frutto di una mediazione parlamentare su diverse leggi presentate ci sono dei punti che possono essere migliorati, ma se venisse approvata così andrebbe già bene". Le speranze ci sono, ma sono caute e si scontrano con resistenze e "un retaggio culturale e ideologico difficile da scardinare. Su tanti temi il parlamento ha dimostrato di essere più arretrato rispetto alla società civile".

Qual è il contesto attuale

Quando parliamo di cannabis ci riferiamo a una sostanza di cui, secondo i dati dello European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction – EMCDDA, fanno uso abituale circa 20 milioni di persone tra i 15 e i 64 anni. Tra questi, 3 milioni con cadenza quotidiana. La stima è che l'11,7% dei giovani europei – circa 15 milioni – abbia provato la cannabis nel corso dell'ultimo anno. In Italia, stando a quanto diffuso dal dipartimento delle Politiche antidroga del Parlamento, il 32% della popolazione ne ha fatto uso almeno una volta nella vita, poco più di 12 milioni e mezzo di persone. Secondo l'Istat ogni anno nel nostro paese si spendono 2 miliardi e mezzo di euro in prodotti derivati dalla cannabis.

Ad oggi in Italia l'uso personale di droghe leggere è soggetto a sanzioni amministrative. La legge in vigore è la Iervolino – Vassalli del 1990, tornata nel 2014 dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge Fini – Giovanardi. Quest'ultima – in vigore dal 2006 al 2014 – aveva cancellato la differenza tra droghe leggere e pesanti, abbassato le quantità massime per uso personale e alzato le pene per chi veniva accusato di spaccio (reclusione da sei a venti anni; da uno a sei in caso di lieve entità). Con la Iervolino – Vassalli è tornata la distinzione tra leggere e pesanti; le quantità massime per uso personale sono di cinquecento milligrammi di principio attivo (cinque grammi di cannabis) oltre i quali ci sono sanzioni amministrative. Chi detiene droghe leggere a fini di spaccio è punito con la reclusione da due a sei anni (da sei mesi a quattro anni in caso di lieve entità).

Perché la "Guerra alla droga" ha fallito

"Quando Richard Nixon ha lanciato la ‘War on drugs' nel 1971, l'obiettivo era quello di creare un mondo libero dalle droghe. Dopo 45 anni non solo non è così, ma le droghe sono sempre più diffuse a livello globale, sempre più utilizzate e ce ne sono sempre di più potenti", spiega Oleandri di Non Me la Spacci Giusta. La "Guerra alla droga", insomma, non ha raggiunto l'obiettivo "e ha creato dei costi sociali enormi, portando una criminalizzazione di massa a livello globale con incarcerazioni a livelli assurdi. In Italia si è arrivati anche al 40% della popolazione detenuta per reati di droga. Per di più, ha consegnato il mercato in mano alla criminalità organizzata, e quindi chi si è arricchito per questi 45 anni sono stati i gruppi criminali – e in questi ultimi anni il terrorismo. Senza contare anche la questione salute: le persone si sono allontanate dalle strutture sanitarie per paura della stigmatizzazione sociale".

In Italia la "War on drugs" ha riguardato per lo più i consumatori di cannabis. Dall'entrata in vigore della Iervolino-Vassalli sono centinaia di migliaia le persone finite nel circuito della giustizia penale, nei tribunali e nelle carceri. Secondo l'ultimo Libro Bianco sulle droghe, nel 2015 un detenuto su quattro è entrato in cella per imputazioni o condanne basate sull'articolo 73 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti (detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti). Il numero di incarcerazioni per questo reato supera di gran lunga il dato relativo all'articolo 74 (associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti). Ciò significa che ad essere colpiti, più che i grandi gruppi criminali, sono i pesci piccoli, i consumatori e in particolare tutto ciò che ruota attorno alla cannabis, che è la sostanza maggiormente reperibile nelle strade. Delle 10.751 operazioni di polizia in materia di stupefacenti portate avanti lo scorso anno, il 56,31% del totale, più della metà, riguardano cannabinoidi.

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Questo dato, si legge nel Libro Bianco, "testimonia l’orientamento repressivo della legge rivolto verso i ‘pesci piccoli', piuttosto che verso le associazioni criminali. Anzi, si può dire che in un certo senso le favorisca, ripulendo il mercato da tutti i possibili competitor meno esperti e mantenendo dunque una situazione di oligopolio che tiene alti i prezzi". Nel frattempo, come riporta la Relazione annuale al Parlamento su droga e dipendenze, tra il 2008 e il 2013 sono stati spesi circa 180 milioni di euro l'anno per attività di lotta alla droga. Il 44,6% della spesa del 2013 è stato utilizzato nel contrasto di produzione e vendita della cannabis.

Dall'altro lato, i cartelli della droga e la criminalità sono stati gli unici a guadagnare da questa situazione. Uno studio di Transcrime mostra come i ricavi in Ue delle organizzazioni criminali dal mercato della droga ammontino a circa 27,7 miliardi di euro, dei quali 6,7 sono riferibili alla cannabis. Soldi che nel nostro paese finiscono nelle tasche delle mafie. Come riporta il sito di Non Me la Spacci Giusta, tra l'altro, "avere un dato certo sui ricavi delle mafie, tuttavia, è praticamente impossibile, tanto che, se lo studio di Transcrime rileva i ricavi dal mercato nero italiano intorno ai 3 miliardi di euro per la sola cannabis (dati riferiti al 2008), altri studi danno numeri anche molto diversi, arrivando fino ai 9,5 miliardi di euro" e persino nell’ipotesi meno negativa "questi numeri collocano l’Italia al secondo posto in Europa dopo la Gran Bretagna (5 milioni di euro contro i 5,3 inglesi) per ammontare annuale del guadagno per la criminalità organizzata".

Insomma, non sembrano esserci stati grandi risultati. Del resto, secondo un sondaggio Ipsos, il 51% degli intervistati giudica le leggi che impediscono la diffusione e il consumo delle droghe leggere e dei derivati della cannabis "poco efficaci".

Cosa è successo in altri paesi

Dal novembre del 2012 in Colorado è stato legalizzato il consumo di cannabis. Considerato che gli esperimenti di legalizzazione sono tutti più o meno recenti, lo stato americano è diventato una sorta di laboratorio d'osservazione. Le statistiche confermano la scelta: secondo i dati del Colorado Department of Public Health su 17 mila studenti, il consumo tra i giovani sembra essere in leggero calo. Nel 2009 prima della legalizzazione, il 25% degli adolescenti aveva fumato marijuana almeno una volta nel mese precedente, mentre nel 2015 la percentuale scende al 21%. Dal punto di vista fiscale le tasse per lo stato hanno raggiunto quasi un miliardo di dollari, mentre gli arresti per crimini legati alla cannabis sono scesi dell'84%. Il caso più famoso è, però, probabilmente quello dell'Olanda. Uno studio di Open Society Foundation ha mostrato che nel 2006 la percentuale della popolazione che aveva provato la cannabis era di circa il 25,7%. Più bassa di quella del Regno Unito (30%) e degli Stati Uniti (quasi 40%). Nel frattempo nello stesso anno la vendita legale aveva prodotto circa 400 milioni di euro di introiti allo stato e gli arrestati olandesi per possesso illecito di marijuana erano stati 19 ogni 100 mila. Negli Stati Uniti la cifra era di 269 su centomila, nel Regno Unito 206.

Un esempio per certi aspetti diverso è quello del Portogallo, che nel 2000, quando nel paese c'era il più alto tasso di Hiv dell'Ue, ha deciso di depenalizzare tutte le droghe e trattarle come un problema squisitamente medico. Oggi è diminuito il consumo, diminuiti i reati e le morti connesse alle droghe sono tre su un milione di abitanti.

Gli effetti della legalizzazione

Il primo effetto sarebbe svuotare le carceri, e questo avrebbe conseguenze anche economiche. "Il costo per quanto riguarda i reati di droga – spiega Oleandri – è di 1 miliardo e mezzo. Non sarà una cifra di quel tipo, ma si libererebbero risorse". Stando a uno studio di Mario Centorrino, Pietro David e Ferdinando Ofria su LaVoce.info "l’erario risparmierebbe circa due miliardi all’anno di spese per l’applicazione della normativa proibizionista (polizia, magistratura, carceri)". Secondo Oleandri, poi, verrebbero allocate più efficientemente anche le forze dell'ordine, perché "il poliziotto che si ferma per strada a colpire il piccolo spacciatore è un poliziotto tolto a un'attività di un altro tipo". È anche il parere della Direzione nazionale antimafia, secondo cui la legalizzazione "se correttamente attuata, potrebbe portare ad una rilevante liberazione di risorse umane e finanziarie in diversi comparti della Pubblica Amministrazione (FFOO, Polizia Penitenziaria, funzionari di Prefettura, ecc.)". Senza contare che si alleggerirebbe il lavoro dei tribunali – notoriamente in sovraccarico e per questo rallentati.

Anche dal punto di vista economico le conseguenze non sarebbero marginali. Secondo uno studio di due docenti dell’università di Messina, nel caso in cui la cannabis fosse legalizzata il guadagno per l'Italia sarebbe tra 8,5 e 5,8 miliardi di euro, "dei quali 574,7mila euro di risparmi di spesa per la repressione del fenomeno (verosimilmente sottostimati) e 5,3 – 7,9 miliardi di possibile gettito fiscale". "C'è un'analisi dell'economista Marco Rossi, dell'università La Sapienza, che stima il guadagno per lo stato tra i 7,5 miliardi e i 13 a biennio dalla sola liberalizzazione della cannabis. Senza contare le persone che verrebbero da fuori in Italia perché c'è un mercato libero, che è difficile quantificare. Sono soldi tolti alla mafia e finiti nelle tasche dello stato", spiega Oleandri.

Un'altra conseguenza, infatti, sarebbe proprio sul mercato criminale, con un colpo non indifferente al giro d'affari. Sempre la Direzione nazionale antimafia afferma che dalla legalizzazione scaturirebbe "una perdita secca di importanti risorse finanziarie, per le mafie e per il sottobosco criminale che, ad oggi, hanno il monopolio del traffico" e il "prosciugamento, in una più ampia prospettiva di legalizzazione a livello europeo, di risorse economiche e finanziarie per il terrorismo integralista che controlla la produzione Afghana di cannabis". In conclusione, per la Dna, si tratterebbe di "un vero rilancio dell’azione strategica di contrasto, che deve mirare ad incidere sugli aspetti (davvero intollerabili) di aggressione e minaccia che il narcotraffico porta sia alla salute pubblica (attraverso la diffusione di droghe pesanti e sintetiche) che all’economia e alla libera concorrenza (attraverso il riciclaggio)".

Vincere le resistenze?

Nonostante tutti questi aspetti, ci sono ancora parecchie resistenze a livello politico. Recentemente il ministro della Salute Beatrice Lorenzin si è dichiarata nettamente contraria alla legalizzazione della cannabis, perché "tutto il tema della liberalizzazione della marijuana è un business perché il mercato della criminalità resta in piedi". Il ministro ha quindi escluso un facile passaggio della legge dell'intergruppo. Prima di lei si era pronunciato il titolare della delega agli Affari Regionali e alla Famiglia Enrico Costa, secondo cui "lo Stato non può permettersi contraddizioni e, laddove vi siano, vanno rimosse o almeno attenuate. Con una mano combattiamo le ludopatie, i tumori, la tossicodipendenza e, con l'altra mano, godiamo delle risorse derivanti dal gioco, dal fumo e, magari domani, dalla legalizzazione della cannabis. È coerente tutto questo?".

Secondo Oleandri è proprio in assunti come quest'ultimo che sta il problema. "La questione droga – spiega – non può essere più solo ideologica, va affrontata partendo dai dati dalle evidenze scientifiche, dai report, dagli studi". Il punto non è "rendere la droga libera, perché lo è già: se vai per strada riuscirai a trovare qualsiasi sostanza, senza difficoltà. Va cercato un approccio diverso, che consenta di prevenire la diffusione delle droghe, di informare i giovani sui rischi, di ridurre il danno di chi ha una dipendenza". E questo è possibile solo se "si fa emergere un comportamento di questo tipo, perché si riesce a prevenirlo. Se la dipendenza resta un comportamento stigmatizzato e nascosto, succede che si arriva a sapere che quella persona fa uso di droga perché ha un'emergenza sanitaria o perché finisce nel circuito penale. A differenza di quello che qualcuno continua a sostenere, è il momento di cambiare approccio proprio per combattere le droghe".

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