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Per la prima volta ci sono più italiani all’estero che stranieri in Italia

I dati nel rapporto del Centro studi Idos. Nel 2014 le cifre sostanzialmente si equivalevano. A quelle stime, però, vanno aggiunte le presenze effettive. Per la maggior parte sono persone originarie della Romania (22,9%), Albania (9,3%), Marocco (8,7%), Cina (5,4%) e Ucraina (4,6%).
A cura di Claudia Torrisi
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Crisi: Aumentano gli stranieri che lasciano l'Italia, +18% nel 2012

Nel 2015 la cifra dei cittadini italiani risedenti all'estero ha superato quella degli stranieri in Italia. Secondo i dati raccolti nel Dossier Statistico Immigrazione 2016, realizzato dal Centro studi Idos nel nostro paese risiedono 5 milioni e 26 mila stranieri, contro 5 milioni e 200mila italiani che si sono stabiliti all'estero – stando a quanto risulta dalle anagrafi. È la prima volta dopo tanti anni che accade: nel 2014, infatti, le cifre sostanzialmente si equivalevano. Per la maggior parte sono persone originarie della Romania (22,9%), Albania (9,3%), Marocco (8,7%), Cina (5,4%) e Ucraina (4,6%).

L'analisi, tuttavia, precisa che a quelle stime vanno aggiunte le presenze effettive, ossia coloro che pur avendo un permesso di soggiorno non hanno preso la residenza. In questo modo il numero di stranieri presenti regolarmente nel nostro paese raggiunge quota 5 milioni e 498 mila, ai quali aggiungere 1.150.000 di cittadini di origine straniera che hanno già acquisito la cittadinanza italiana. La regione italiana con la maggiore incidenza di cittadini stranieri è l'Emilia Romagna, dove gli immigrati residenti sono 533.479, il 12% della popolazione. Rispetto all'anno precedente c'è stato un leggero calo dello 0,6%, dovuto però al fatto che molti hanno preso la cittadinanza italiana. In Lombardia, invece, vive quasi un quinto del totale degli immigrati presenti in Italia: 1.149.011, il 22,9% dei 5.026.153 residenti nel nostro paese, con un'incidenza sulla popolazione lombarda dell'11,5%.

Secondo il dossier Idos, l'apporto degli stranieri è "funzionale dal punto di vista demografico", considerata la progressiva diminuzione della popolazione in Italia nel corso degli anni. Una tendenza che "peggiorerà, trovando tuttavia un parziale temperamento nei flussi degli immigrati; l'Istat ha ipotizzato, a partire dal 2011, una media di ingressi netti dall'estero superiore alle 300mila unità annue (livello rispetto al quale in questi anni si è rimasti al di sotto), per discendere sotto le 250mila unità dopo il 2020, fino a un livello di 175mila unità nel 2065", si legge nello studio. Ad ogni modo, come avevano rilevato già altri studi, la presenza di immigrati influisce anche sul sistema fiscale e pensionistico. Il rapporto Idos ha quantificato il gettito contributivo degli stranieri per quanto riguarda le pensioni per invalidità, vecchiaia e superstiti (Ivs) in 10,9 miliardi di euro nel 2015: ne beneficiano soprattutto le donne, che incidono per il 63,9%. Il peso dei non comunitari titolare di pensione per Ivs, invece, è solo dello 0,3% sul totale delle pensioni, 39.340 su 14.299.048 euro. Lo studio riporta che nonostante "sia consistente l'aumento annuale dei nuovi beneficiari, il differenziale rispetto agli italiani sarà elevato ancora per molti anni e andrà a beneficio delle casse previdenziali".

Dal punto di vista occupazionale, nel 2015 gli stranieri presenti nell’Ue sono stati il 7,3% degli occupati e il 12,5% dei disoccupati. In Itlaia l'incidenza è stata del 10,5% tra gli occupati e del 15% tra i disoccupati. In tutto, nel corso dell'anno, hanno lavorato 2.359.000 stranieri – una cifra in crescita di 65mila unità rispetto al 2014. Il tasso di disoccupazione è aumentato di 7,7 punti per gli immigrati (4,8 per gli italiani). Tuttavia, solo il 6,8% degli stranieri ricopre una professione qualificata, a fronte del 35,9% che svolge lavori non qualificati e del 30% che lavora come operaio. Questo dato si riflette, ovviamente, su quello delle retribuzioni: in media quella netta di un immigrato è inferiore del 28,1% rispetto a quella di un italiano (979  contro i 1.362 euro). Un divario che si amplifica nel caso delle donne.

L'Idos ha registrato un andamento positivo per quanto riguarda le imprese gestite da immigrati, che sono aumentate del 5% e di 26mila unità, arrivando al numero di circa 550mila. "In questa lunga fase di crisi – precisa il rapporto – non tutte le collettività hanno tenuto come quella cinese, anche perché caratterizzata da una quota di lavoratori indipendenti pari al 47,5% contro una media del 12,5% tra tutti gli immigrati. I saldi occupazionali rilevati dall'archivio Inail sono stati positivi solo per le collettività maggiormente coinvolte in attività autonome, specie nel commercio (Cina, Egitto, Bangladesh, Pakistan). Ben diversa la situazione dei marocchini, il cui tasso di disoccupazione è del 25,4% e quello di occupazione del 44,1%". Le donne immigrate risultano per metà occupate nel lavoro domestico. Secondo l'osservario dell'Inps, in tutto nel 2015 le badanti e le colf sono state 886.125, di cui 672.194 con cittadinanza straniera. Tuttavia, si stima che le lavoratrici in nero siano in egual numero rispetto a quelle assicurate. Al di là della preponderanza immigrata, c'è da dire che nell'ultimo periodo anche le italiane si sono inserite nel comparto del lavoro domestico: tra il 2007 e il 2015, infatti, le lavoratrici nate nel nostro paese sono passate da 140mila a 213.931, in aumento di 73mila unità. Oltre a questo, l'altro settore in cui la presenza straniera è piuttosto diffusa è quello dell'agricoltura, dove però persiste il problema caporalato, una rete che " si è modernizzata e dirige le operazioni di sfruttamento ricorrendo sempre più all’utilizzo continuo di telefonini e internet, senza più limitarsi solo al reclutamento sulle piazze" come in passato, ma anche nei pressi dei centri d'accoglienza.

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