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PD alla resa dei conti, Bersani: “Renzi governa con i miei voti”

Continuano le polemiche all’interno del PD: dopo l’affondo di D’Alema è la volta di Pier Luigi Bersani.
A cura di Redazione
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C’era grande attesa per la giornata conclusiva dell’appuntamento di Sinistra riformista a Perugia, la manifestazione con la quale la minoranza del Partito Democratico ha inteso serrare le fila e “incoronare” definitivamente Roberto Speranza come alternativa a Matteo Renzi (magari già dai prossimi mesi, nel caso in cui si aprissero spiragli per un congresso anticipato). A maggior ragione dopo l’intervento di Matteo Renzi alla scuola di formazione del Partito Democratico e la durissima intervista di Massimo D’Alema (che aveva in qualche modo paventato la possibilità di una scissione interna), c’era grande interesse per gli interventi di Speranza e Bersani, che avrebbero restituito la profondità dello strappo fra le due anime del partito.

L’ex segretario Bersani, da tempo critico nei confronti della linea del Presidente del Consiglio, ha contestato le parole pronunciate da Renzi al corso di formazione politica: “Mi sono arrabbiato molto, se al corso di formazione politica vai a dire che la sinistra ha distrutto l'Ulivo, che abbiamo aiutato Berlusconi, allora…”. Poi non ha lesinato qualche frecciatina: “Ricordo che il centrosinistra ha battuto tre volte Silvio Berlusconi e che, pochi o tanti voti che io abbia preso, Renzi sta comodamente governando con i voti che ho preso io. Non io Bersani, io centrosinistra”.

Più diplomatico, ma comunque critico, l’ex avversario di Renzi alle primarie del PD, Gianni Cuperlo, che spiega: “Renzi non ha migliorato, anzi ha peggiorato l'arte di selezionare l'èlite. E ha tolto l'agibilità al suo partito, lasciando che a primeggiare sia l'opportunismo, anzi il trasformismo”.

Dal palco di Perugia, invece, Roberto Speranza ha notato come “il PD oggi appare debole e sfilacciato […] di un partito bisogna prendersi cura e Renzi, che legittimamente fa il Presidente del Consiglio non ce la fa”. Ma all’orizzonte non c’è il rischio scissione: “Noi non restiamo nel Pd, noi siamo il Pd. Non c'è più Pd se non c'è più questo pezzo di partito”.

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