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Paule Cézanne, la pittura di confine, la scomposizione e lo scoccare della contemporaneità

110 anni fa, il 22 ottobre moriva il pittore francese Paul Cézanne, il padre della contemporaneità. Per la prima volta l’arte si affaccia verso una nuova era.
A cura di Silvia Buffo
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"Le grandi bagnanti", 1906, Museum of Art di Filadelfia
"Le grandi bagnanti", 1906, Museum of Art di Filadelfia

Paul Cézanne, il pittore francese di origini italiane, morì in Aix-en-Provence, 22 ottobre 1906. 110 anni senza la personalità più cruciale della storia dell'arte contemporanea. Sì perché senza la pittura di confine di Cézanne, a cavallo di due mondi, non ci sarebbe stato probabilmente né Picasso né i Cubisti, simbolo della nuova era, per l'innovativa tecnica della scomposizione. Ma a dare ispirazioni per l'intero ‘900 fu Cézanne, che prima di dedicarsi alla scomposizione, si fece affascinare dall'arte africana, piccole sculture lignee che approdarono sotto altra forma nella sua pittura. L'arte africana, con le sue maschere e sculture toccò le corde anche di Picasso, Matisse, Klee come anche di Modigliani e Carrà, perché evocava il subconscio, la liberazione, il ritorno al primordiale, qualcosa di catartico che avrebbe dato inizio alla grande rivoluzione formale.

Dall'esotismo dell'arte africana alla scomposizione, il punto di partenza dell'intero ‘900

Agli esordi della contemporaneità si era abituati ad ammirare i Manet e i capolavori impressionisti, l'incanto etereo di quei paesaggi e di quelle rappresentazioni. L'arte per quanto sublime potesse essere era rappresentazione, emulazione di oggetti. Ma con Cézanne avviene un vero e proprio sconvolgimento: la scomposizione del disegno, il manifestarsi dei giochi geometrici, accompagnata da inedite variazioni cromatiche, inaugurarono il cambiamento, anche se questa rivoluzione del primo Cézanne è ancora delicatamente timida ma al tempo stesso decisa e senza timore di esplorare territori vergini. Per la prima volta si può parlare di arte intesa come "produzione" e non come "riproduzione". L'arte si fa per sé non in funzione di qualcos'altro, produce non nulla vuol più riprodurre o emulare.

La rivoluzione della forma, dall'apollineo al dionisiaco

Con Cézanne l'arte dalla dimensione contemplativa, quella dei valori metafisici, che metaforicamente potremmo definire apollinea, sfocia gradualmente in una dimensione partecipativa, al pàthos del dionisiaco per così dire, quella di un mondo disgregato che aveva visto crollare la cultura positivista di fine'800 e scoppiare come bolle di sapone i suoi valori assoluti. E invece le verità sono crollate e la ricerca di nuovi orizzonti è tutta da avviare.

Un nuovo classicismo

L'emulazione dei vecchi canoni è come se non avesse più senso agli esordi del nuovo secolo. Come sostiene l'Argan:

Un nuovo classicismo, non più fondato sull'imitazione scolastica degli antichi, ma rivolto a formare una nuova, concreta immagine del mondo da ricercare non nella realtà esterna, ma nella coscienza. Questo significa rifiutare tanto la concezione romantica della pittura come «letteratura figurata», quanto quella impressionistica della pittura come «tecnica capace di rendere al vivo la sensazione visiva. La pittura deve esprimere «le strutture profonde dell'essere», deve essere «una ricerca ontologica, una sorta di filosofia».

L'arte come percezione sensoriale

Cézanne oltre a costruire un'arte nuova, inaugura dunque una nuova sensibilità, quella legata alla percezione che è l'essenza dell'opera stessa. La percezione non è solo luce, toni e colori, non è solo massa e volumi ma è sopratutto la sensazione costante di ricerca intellettuale e anche spirituale, se vogliamo. La pittura è l'oggettivazione sulla tela di dati sensibili reali. Uno slancio di pensiero e di ricerca, vivo e mai statico, con una forza propria intrinseca in grado di illuminare lo sguardo dell'osservatore, che non è più da intendere come esterno ma come un tutt'uno con l'opera stessa. Nasce così l'arte interattiva della nuova era ed il primo merito va a Paul Cézanne.

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