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Parolisi, un pentito accusa: “Fece video hard con delle soldatesse”

Un pentito in un processo parallelo riguardante Parolisi lo ha accusato di aver realizzato un video a luci rosse con delle soldatesse.
A cura di D. F.
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Salvatore Parolisi, il caporal maggiore dell'Esercito Italiano condannato per l'omicidio della moglie Melania Rea, finisce di nuovo sotto i riflettori, grazie all'accusa di un pentito che, in un'inchiesta parallela, nel denunciare il presunto traffico di sostanze stupefacenti e le violenze all’interno della caserma militare di Ascoli Piceno, afferma che Parolisi abbia partecipato ad un video hard con delle soldatesse. "La macchina del fango non si arresta. È il caso di dire che la realtà diffamatoria supera anche la più fervida fantasia", ha detto Nicodemo Gentile, uno degli avvocati di Parolisi, intervistato dal Centro. Lo stesso Parolisi ha rispedito al mittente l'accusa mossagli dal pentito e in una lettera, recapitata al suo legale, ha scritto: "Sono una persona umana e da umano ho sbagliato. Non sono un mostro come alcune persone mi definiscono. Tutto questo è agghiacciante, insopportabile e lacerante, a volte mi sembra di sognare a occhi aperti, perché difficilmente riesco ad addormentarmi ma non è così, è un incubo costante che non ha eguali".

Parolisi condannato a 30 anni di reclusione

Parolisi, ex caporalmaggiore dell'Esercito, è stato condannato in primo grado all'ergastolo e in appello a 30 anni di carcere per aver ucciso la giovane moglie Melania Rea. Tramite i suoi legale ha quindi fatto ricorso in Cassazione: il processo dovrebbe tenersi intorno alla metà di ottobre.  Il delitto di Melania Rea era avvenuto nel bosco delle Casermette a Civitella del Tronto (Teramo) il 18 aprile del 2011 e il suo corpo seminudo venne ritrovato trafitto da oltre 30 coltellate. Nei giorni scorsi a Roma si è tenuta la prima udienza di Parolisi davanti al tribunale militare per violata consegna militare. In questo processo  si è ritrovato faccia a faccia con l'amante Ludovica, il cui rapporto sentimentale rappresenterebbe il movente, secondo la Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila, del delitto di Melania.

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