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Parisi: “No alle larghe intese. Se al referendum vincerà il ‘no’, Renzi dovrà dimettersi”

In una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, Stefano Parisi spiega la sua visione di centrodestra e il progetto di ricostruzione dell’area liberale del Paese. Ma sulla sua candidatura a futuro leader, rallenta. “Non è un tema attuale”.
A cura di Charlotte Matteini
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Carlo De Benedetti lo ha definito "l'anello di congiunzione tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi", all'interno del centrodestra sembra essere avversato dagli storici dirigenti vicino al leader di Forza Italia e, soprattutto, ai leader dei partiti di coalizione Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che in più di un'occasione hanno sostenuto non fosse la figura adatta a guidare la rinascita del centrodestra italiano. Stefano Parisi qualche mese fa ha lanciato come una sorta di candidatura a guida del piano di ricostruzione dell'area liberale in Italia e, in seguito, a metà settembre, ha organizzato a Milano una convention programmatica in cui ha esposto le proprie idee e i progetti che avrebbe in mente di realizzare in campo politico.

Così, in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, Stefano Parisi interviene spiegando nuovamente la sua idea di politica e, soprattutto, rigettando al mittente le accuse mosse da De Benedetti. Assolutamente non favorevole alle larghe intese, Parisi sottolinea che i governi di grande coalizione non lo convincono e che è sotto gli occhi di tutti quanto sia fallimentare un progetto politico del genere, che genera solo problematiche e alimenta il fuoco dell'antipolitica: "Questo modello è in crisi in Austria come in Olanda, e mostra la corda anche in Germania, e poi perché proprio questa soluzione sta alimentando l’antipolitica. Quando invece si confrontano due piattaforme programmatiche alternative, com’è accaduto a Milano, le forze anti-sistema vengono marginalizzate. Ciò non vuol dire che il bipolarismo debba essere il muro contro muro", spiega Parisi.

Non un muro contro muro, me nemmeno un inciucio tra coalizione nettamente opposte. L'idea che Parisi ha dello scontro politico è quella di un "bipolarismo adulto" che possa portare a un confronto serrato, ma civile. "Per venti anni in Italia abbiamo assistito a uno scontro violento, con la sinistra e i suoi giornali di riferimento impegnati solo a tentare di delegittimare l’avversario. Perciò la domanda posta a Berlusconi andrebbe rivolta proprio a chi gliel’ha fatta: ne è valsa la pena? Secondo me no. La sinistra ne è uscita inaridita e si è esaurita in un conflitto che non ha giovato al Paese. Oggi serve un bipolarismo adulto, figlio di un confronto serrato quanto civile. Serve un programma di governo, proprio quello che stiamo costruendo, alternativo a Renzi".

A Parisi la politica di stampo renziano non piace, nonostante in qualche modo Matteo Renzi stia portando a compimento alcune riforme da sempre sponsorizzate dal centrodestra, rileva Verderami del Corriere della Sera. Ma sul punto Parisi risponde sottolineando che Renzi con queste riforme stia solamente cercando di conquistare l'elettorato moderato del Paese, ma in realtà i provvedimenti finora realizzati dall'Esecutivo avrebbero solamente impoverito l'Italia, erodendo la fiducia dei cittadini nei confronti della politica. "In materia economica così come sulla tematica estera, serve una svolta. Noi non sappiamo se l’attuale stagnazione sarà secolare, ma siamo certi che l’Italia, insieme alla Grecia, sta nella buca dove è entrata dai tempi del governo Monti. Vanno abbassate le tasse su lavoro e imprese, ma i tagli di spesa necessari vanno fatti con un approccio diverso. A Bruxelles non serve battere i pugni sul tavolo, va riconquistata una leadership perduta dopo che è stato dissipato il lavoro di Berlusconi per avvicinare la Russia all’Occidente e bloccare i flussi migratori dall’Africa mediterranea", sottolinea Parisi.

Stefano Parisi sarà dunque il futuro candidato presidente del Consiglio della coalizione di centrodestra? A questa domanda Parisi risponde svicolando il discorso e sostenendo di voler semplicemente dare un contributo alla ricostruzione del centrodestra. Con gli "avversari" Matteo Salvini e Giorgia Meloni, Stefano Parisi condivide "il No riformista al referendum, contro una modifica della Costituzione confusa e sgrammaticata. Un No per fare riforme migliori, contro una riforma nata su una frattura nel Parlamento e nel Paese", spiega, sottolineando inoltre che qualsiasi sarà il risultato del referendum costituzionale, il centrodestra deve riuscire ad attivarsi e a realizzare una piattaforma programmatica che possa renderlo al più presto pronto per tornare al governo del Paese. "Se vincesse il No Renzi dovrebbe dimettersi da premier e lasciare al capo dello Stato il compito di indicare una soluzione di transizione, in modo da andare alle urne con un nuovo sistema di voto. Approvando subito, se possibile, una legge che dia vita nella prossima legislatura a un’Assemblea costituente".

Nonostante vengano proposte le dimissioni di Renzi in caso di vittoria del "no" al referendum, Parisi sottolinea che comunque il centrodestra non appoggerebbe un governo di transizione di larghe intese, ma dovrebbe in realtà essere la maggioranza attuale a prendersi le proprie responsabilità approvando una nuova legge elettorale sostitutiva dell'attuale Italicum "per eliminare il secondo turno e rivedere il premio di maggioranza".

In un sistema tripolare,però, com'è attualmente l'Italia, una modifica alla legge elettorale fondata tenendo conto dell'esistenza di un bipolarismo che di fatto non c'è, potrebbe portare all'inevitabile accordo di grande coalizione tra le maggiori forze del Paese. Sul punto però Parisi non conviene e sostiene che "pochi anni fa il M5S non esisteva e il vento anti-sistema potrebbe presto esaurirsi. I Cinque Stelle non hanno radici profonde nella storia del nostro Paese come il centrodestra e il centrosinistra", conclude.

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