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“Papà portami via!” le urla di Abdel, il bimbo mutilato dai barili bomba nel video choc

Un’altra vittima innocente della guerra che da oltre sei anni sta martoriando la Siria: Abdel, un bambino di soli dieci anni, mutilato a Idlib dai barili bomba sganciati dagli elicotteri di Assad. Nonostante la tregua in vigore dal 30 dicembre scorso, i bombardamenti non sono mai cessati e gli esperti delle Nazioni Unite indagano sui crimini di guerra commessi nel Paese mediorientale.
A cura di Mirko Bellis
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Abdel Basit Al-Satouf mentre viene trasportato in Turchia per le cure mediche
Abdel Basit Al-Satouf mentre viene trasportato in Turchia per le cure mediche

“Papà, dove sei? Portami via!”, urla Abdel Basit Al-Satouf. Ha solo dieci anni ma in attimo il suo futuro è cambiato per sempre. Giace a terra, terrorizzato in mezzo ad una nuvola di polvere. Non si può rialzare. Una bomba gli ha distrutto entrambe le gambe, fino al ginocchio. Abdel è rimasto vittima di un raid aereo compiuto giovedì scorso nella provincia settentrionale di Idlib e le immagini strazianti del bambino sono state diffuse da Live Updates From Syria, un’organizzazione no profit vicina all'opposizione siriana. E’ impossibile verificare i responsabili dell’attacco ma, secondo quanto afferma l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sarebbe avvenuto con i famigerati barili bomba, gli ordigni sganciati dagli elicotteri di Damasco. Il piccolo Abdel è stato portato subito all'ospedale di Idlib dove, grazie alle cure dei medici, è riuscito a sopravvivere e venerdì scorso è stato trasportato nella vicina provincia di Hatay, in Turchia, per essere sottoposto ad ulteriori trattamenti medici. Abdel però non ha perso solo le gambe: secondo la Cnn, nel bombardamento sono rimaste uccise anche la mamma e la sorella.

In Siria si continua a morire

Il corpo mutilato di questo bambino ci ricorda che la guerra in Siria continua, nonostante il cessate il fuoco in vigore dal 30 dicembre. Con la tregua – raggiunta con la mediazione di Russia, Turchia e Iran – sono partiti i colloqui di pace ad Astana, la capitale del Kazakistan, nel tentativo di fermare il conflitto che devasta il Paese da oltre sei anni. Ma dall'accordo siglato dalle principali sigle ribelli e il governo di Damasco sono esclusi i miliziani dello Stato islamico e quelli del Fronte della conquista del Levante (ex Fronte al Nusra, la “filiale” siriana di al Qaeda) e gli attacchi dell’aviazione siriana contro queste formazioni sono quindi continuati. Nel dicembre scorso, dopo la riconquista di Aleppo da parte dell’esercito leale a Bashar al Assad, agli insorti e alle loro famiglie erano stati aperti dei corridori per evacuare la città e dirigersi nella provincia di Idlib, vicina al confine turco e in mano alle forze ribelli dal 2015. Proprio in questa provincia le bombe non hanno mai smesso di seminare morte tra i civili, come dimostra il raid di questi giorni. Da quando è stato proclamato il cessate il fuoco, gli attacchi dell’aviazione siriana hanno colpito anche ad Hama, nella provincia di Damasco e a Daraa, nel sud del Paese. Il 5 febbraio, un attacco aereo ha colpito un ospedale supportato da Medici senza frontiere a Tafas, vicino al confine con la Giordania, uccidendo tre persone e ferendone altre sei, tra cui un’infermiera. Anche i jet russi hanno compiuto diversi raid contro obiettivi dello Stato islamico nella città di Al Bab, vicino alla frontiera con la Turchia, dove le truppe di Ankara e ribelli siriani suoi alleati combattono contro l'Isis.

Le Nazioni Unite indagano sui crimini di guerra

L'Onu intanto ha istituito un nuovo organismo con il compito di preparare azioni penali per i crimini di guerra commessi in Siria e il segretario generale, Antonio Guterres, dovrebbe nominare questo mese un giudice a presiedere l’istituzione. Il team delle Nazioni Unite dovrebbe essere composto da 40-60 esperti, tra cui pubblici ministeri, militari, diplomatici e avvocati. I funzionari dell'Onu – ha scritto Reuters – dovranno “analizzare le informazioni e preparare i documenti sui peggiori abusi commessi in questi anni”. E proprio pochi giorni fa, Amnesty International ha denunciato che nel carcere di Saydnaya, vicino Damasco, in quattro anni sarebbero morte oltre tredicimila persone per mano del regime di Assad. Il governo siriano ha negato ogni responsabilità definendo le accuse di Amnesty International "prive di ogni fondamento".

La dramma dei bambini 

In questi anni, sono state molte le immagini di bambini siriani divenute il crudo simbolo del massacro iniziato nel 2011, e che nessuno finora è stato in grado di fermare. Nonostante l’indignazione dell’opinione pubblica internazionale di fronte al corpo del piccolo Alan Kurdi, affogato mentre cercava di raggiungere le coste greche, la guerra in Siria è continuata. E non si fermata neppure davanti alle lacrime di Omran Daqneesh, il piccolo di Aleppo che, insanguinato e pieno di polvere, aspetta seduto in un’ambulanza di essere soccorso. Per i piccoli siriani, la quotidianità non è fatta di scuola o di gioco con gli amici. Per i tanti Abdel, Omran e Alan la loro giornata inizia sotto le bombe. Perché, malgrado le promesse dei grandi, questi bambini hanno capito che la guerra continua. Secondo un rapporto dell'Unicef del 2016, da quando è iniziato il conflitto in Siria circa 3,7 milioni di bambini sono nati conoscendo solo violenza e distruzione.  Di questi, oltre 300 mila sono rifugiati.

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