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Papa Francesco in Corea: “l’esempio dei martiri per non conformarci allo spirito del tempo”

Nella mattinata del terzo giorno del Papa in Corea del Sud, un milione di persone ascolta con attenzione il Santo Padre che beatifica 124 coreani, ribaendo il valore del martirio.
A cura di Redazione
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Papa Francesco riceve alcuni omaggi in Corea del Sud.
Papa Francesco riceve alcuni omaggi in Corea del Sud.

Accolto in Corea del Sud con tre razzi sparati in mare dall'altra metà della penisola, Papa Francesco non ha aspettato molto a rispondere con parole che fanno più rumore dell'artiglieria che spara in mare aperto. Nelle giornate precedenti, il Santo Padre ha dapprima ricusato i nuovi modelli economici "disumani" e ha poi invitato a pregare insieme per "l'unità delle due Coree". Ma il senso profondo del primo viaggio in Oriente del Papa – e probabilmente di tutto il suo pontificato – è nelle parole riferite nell’università Sogang, a Seul, ai confratelli gesuiti: "il popolo di Dio necessita consolazione, di essere consolato, il consuelo. Io penso che la Chiesa sia un ospedale da campo in questo momento. Il popolo di Dio ci chiede di essere consolato. Tante ferite, tante ferite che hanno bisogno di consolazione… Dobbiamo ascoltare la parola di Isaia: Consolate, consolate il mio popolo! Dio consola sempre, spera sempre, dimentica sempre, perdona sempre". E al mattino del suo terzo giorno in Corea sono un milione le persone che aspettano nuovamente di sentire il pontefice. Tante quelle che davanti alla porta dell'antico palazzo imperiale di Seul si trovano a parlare latino e a rispondere al Papa "Habemus ad Dominum". La mattinata di oggi è stata dedicata alla beatificazione di 124 martiri coreani di inizio Ottocento, perché, spiega il Santo Padre, "il loro esempio ha molto da dire a noi, che viviamo in società dove, accanto ad immense ricchezze, cresce in modo silenzioso la più abbietta povertà".

Una celebrazione svolta in Corea e che beatifica oltre cento coreani, ma, precisa il Papa, le limitazione geografiche e cronologiche lasciano il tempo che trovano, perché "la celebrazione odierna abbraccia gli innumerevoli martiri anonimi, in questo Paese e nel resto del mondo, i quali, specie nell’ultimo secolo, hanno offerto la propria vita per Cristo o hanno sofferto pesanti persecuzioni a causa del suo nome". Un esempio, quello dei martiri, che "può ispirare – prosegue ancora il pontefice – tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad operare in armonia per una società più giusta, libera e riconciliata, contribuendo così alla pace e alla difesa dei valori autenticamente umani in questo Paese e nel mondo intero".

In una penisola divisa tra un regime totalitario e un'economia consumistica il Papa invita a collocare la fede al di sopra di tutto, senza mostrarsi arrendevoli verso i compromessi: "oggi molto spesso sperimentiamo che la nostra fede viene messa alla prova dal mondo, e in moltissimi modi ci vien chiesto di scendere a compromessi sulla fede, di diluire le esigenze radicali del Vangelo e conformarci allo spirito del tempo". Da qui la lezione dei martiri, che invitano il fedele "a mettere Cristo al di sopra di tutto".

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