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Paola, ammazzata in strada durante le proteste: “Sono state le milizie pro-Maduro”

Un’ondata di violenza rischia di far precipitare il Venezuela nella guerra civile. Nelle ultime due settimane sono già otto i morti nelle proteste contro il governo di Nicolás Maduro.
A cura di Mirko Bellis
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La “madre di tutte le manifestazioni”, una serie di proteste indette ieri dai partiti dell’opposizione al governo di Nicolás Maduro, è finita nel sangue. Sul selciato delle strade venezuelane sono rimasti i corpi senza vita di tre persone: Paola Ramírez, una giovane di 23 anni, Carlos José Moreno, uno studente diciassettenne, e San Clemente Barrios Neomar, un sergente della Guardia nazionale.

Paola Ramírez stava camminando vicino al punto dove avrebbe dovuto iniziare la manifestazione dell’opposizione a San Cristóbal, la capitale dello Stato di Táchira. All'improvviso un gruppo di motociclisti – secondo i testimoni membri dei colectivos, una sorta di milizia filo-governativa – comincia a minacciare la ragazza e le poche persone presenti in strada in quel momento. La giovane riesce a fuggire, però, proprio in quel momento cominciano gli spari, tra le grida impaurite degli abitanti di un palazzo vicino. Una raffica di colpi di arma da fuoco, uno dei quali raggiunge Ramírez alla testa. “Avete ucciso la ragazza, disgraziati”, grida una voce femminile al termine di una delle riprese amatoriali diffuse sui social network, mentre i motociclisti si allontanano rapidamente. L’immagine del corpo senza vita di Ramírez riverso sull'asfalto ha suscitato l’indignazione della popolazione venezuelana che in questi giorni sta scendendo in piazza per chiedere elezioni anticipate e la liberazione delle migliaia di oppositori in carcere.

Le autorità venezuelane hanno arrestato un uomo di 31 anni, Ivan Pernia Davila, con l’accusa di essere l’autore dell’omicidio della ragazza. Secondo quanto dichiarato dal governatore dello Stato di Táchira, l’assassino sarebbe un membro dell’opposizione.

Una versione che contrasta con quella dei diversi testimoni che sostengono invece che a sparare siano stati i colectivos. Circostanza confermata anche dalla sindaca di San Cristóbal, Patricia Gutiérrez, secondo cui, ad uccidere la giovane sarebbero stati militanti filo-governativi.

Anche a Caracas ieri le proteste sono finite nel sangue. Di nuovo i protagonisti della violenza sono stati i colectivos. In un quartiere a nord della capitale – come ha raccontato la deputata Olivia Lozano – un gruppo di civili mascherati e armati "hanno teso un'imboscata" e "hanno cominciato a spararci addosso". Carlos José Moreno, studente al primo anno di Economia, che, come ha riferito la madre, non stava neppure partecipando alla manifestazione, è stato colpito alla testa da un proiettile. Ricoverato d'urgenza, è morto poco dopo.

E infine, Tareck William Saab, l'Ombudsman venezuelano (il difensore civico) ha confermato che un sottufficiale della Guardia nazionale è stato ucciso durante scontri violenti fra manifestanti e forze dell'ordine. Il sergente San Clemente Barrios Neomar, è stato colpito da un cecchino nel comune di Los Salias, alle porte della capitale.

Decine di migliaia di venezuelani stanno protestando in questi giorni contro il governo per reclamare elezioni anticipate e la liberazione di migliaia di oppositori politici incarcerati. Nonostante il clima di violenza, anche oggi la principale piattaforma contraria a Maduro ha convocato varie proteste in tutto il Paese. A Caracas – secondo quanto riferiscono i membri dell’opposizione – la polizia in assetto antisommossa sta cercando di impedire con cariche e lancio di gas lacrimogeni che i manifestanti si concentrino.

"Cercano di evitare che la gente si riunisca, ma a noi non importa – ha detto il deputato oppositore Jorge Millán – aspettiamo che arrivino altri manifestanti per marciare fino all'ufficio dell'Ombudsman". "I magistrati della Corte Suprema che hanno violato la Costituzione devono essere rimossi", ha aggiunto il deputato dai uno dei punti di concentrazione, nel quartiere di Paraíso. Situazioni simili si vivono anche in altre zone della capitale in quello che sembra un braccio di ferro per costringere il governo Maduro alle dimissioni e a convocare elezioni anticipate.

In questo clima da guerra civile a peggiore la già difficile situazione economica, è arrivata la decisione della General Motors di sospendere tutte le attività in Venezuela dopo che le autorità di Caracas hanno inaspettatamente sequestrato il suo stabilimento. E se Nicolás Maduro accusa l'opposizione di tentare un golpe individuando nel presidente del parlamento, Julio Borges, il regista dell'insurrezione anti-governativa, la Casa Bianca esprime grande preoccupazione e accusa direttamente il capo di Stato venezuelano di soffocare le voci critiche che si stanno sollevando in tutto Paese.

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