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Palermo, maxi blitz antimafia: 38 arresti, la donna del boss detenuto a capo degli affari

La moglie di un capomafia in carcere si occupava di nuove alleanze e affari criminali, seguendo le direttive del marito, fra estorsioni, traffici di droga e il nuovo fronte dei frutti di mare.
A cura di Claudia Torrisi
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Alle prime ore di questa mattina la Direzione distrettuale antimafia ha fatto scattare 38 fermi a Palermo, Roma, Milano e Napoli nei confronti di capi ed esponenti dei clan di Palermo Porta-Nuova e Bagheria. I provvedimenti sono stati firmati dal procuratore capo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Leo Agueci e dai sostituti Caterina Malagoli, Francesca Mazzocco e Sergio Demontis. Le accuse per i fermati sono associazione mafiosa, estorsione, traffico di droga, illecita concorrenza con minaccia o violenza, detenzione illegale di armi e turbativa d’asta. L'operazione, chiamata "Panta Rei" ha permesso di indagare sugli assetti dei clan di Porta Nuova e Bagheria e ha evidenziato il ruolo di rilievo ai vertici di Cosa Nostra di una donna, Teresa Marino, moglie di un boss in carcere dal 2104. Secondo gli investigatori "era lei, seguendo le direttive impartite dal marito detenuto, a gestire le attività della famiglia condizionando costantemente le attività illecite degli altri affiliati e capi famiglia".

Teresa è la moglie del boss Tommaso Lo Presti, detto "il corto" o "il pacchione", uno dei padrini di Palermo. Ha trentotto anni, cinque figli, dei nipoti e fino a stanotte anche la gestione del mandamento di Porta Nuova. Secondo l'indagine, la donna gestiva ogni attività criminale dell'associazione mafiosa, seguendo scrupolosamente le direttive che arrivavano dal marito in carcere, e detenendo anche il ruolo di "tesoriera e cassiera" del clan. Si occupava delle finanze del gruppo, soprattutto della cassa assistenza per le famiglie dei detenuti. "Questa mattina ho visto il conto…cioè mi sono rimasti quindicimila euro", diceva preoccupata in un'intercettazione; "…appena le porta… io glieli faccio avere…dille così". Dal carcere partivano le direttive per Teresa, che avrebbe avuto voce in capitolo anche nella gestione dei traffici di droga e delle estorsioni e anche nel nuovo fronte del commercio di frutti di mare, oggetto di attenzione negli ultimi mesi da parte del clan di Porta Nuova. Dal carcere, Lo Presti aveva pilotato la nomina di Paolo Calcagno, nuovo reggente per Porta Nuova.

Per il tenente colonnello Salvatore Altavilla, comandante del Reparto Operativo, che ha condotto l'inchiesta, "le indagini hanno però messo in risalto una grande capacità di riorganizzazione di Cosa nostra. Questa inchiesta ha messo in risalto un pesante condizionamento di Cosa nostra sull'economia palermitana. Sono 27 le estorsioni accertate, gli operatori economici hanno collaborato, denunciando o ammettendo il ricatto mafioso. L'organizzazione puntava anche al controllo del mercato, nell'ambito del settore ittico, eliminando le ditte concorrenti a quelle mafiose".

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