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Oro blu, inizia l’epoca della Guerra dell’Acqua: dove sono i focolai più pericolosi

Il controllo dell’acqua sarà sempre più causa di tensioni e conflitti: dal Medio Oriente al Sud Est asiatico, sono numerosi i focolai che presto potrebbero sfociare in vere e proprie guerre per l’oro blu.
A cura di Mirko Bellis
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L’acqua copre il 71 per cento della superficie della Terra ma per la maggior parte è composta da acqua salata e anche quella dolce non è sempre accessibile: solo lo 0,3 si trova nei fiumi e nei laghi e può essere utilizzata dall'uomo. Il pericolo di tensioni e conflitti legati all'accesso e al controllo delle scarse risorse idriche da diversi anni è al centro del dibattito degli analisti di tutto il mondo. E sono in molti a considerare che le guerre del nostro secolo scoppieranno a causa delle dispute per il controllo del cosiddetto oro blu, soprattutto nelle aree in cui scarseggia e l’approvvigionamento dipende da fiumi e laghi transfrontalieri.

Ismail Serageldin, ex vicepresidente della Banca Mondiale, nel 1995 avvertì: “Se le guerre del XX secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del XXI secolo avranno come oggetto l’acqua”.  Anche Papa Francesco pochi giorni fa ha affermato: "Mi chiedo se in questa terza guerra a pezzi siamo in cammino verso la grande guerra mondiale per l'acqua".

Un soldato presso la diga di Mosul, sul fiume Tigri
Un soldato presso la diga di Mosul, sul fiume Tigri

Se la centenaria guerra tra le città sumere di Umma e Lagash per il controllo del fiume Tigri risale al 2500 a.C., ancora oggi sono diverse le regioni soggette a forti tensioni per la gestione delle risorse idriche strategiche. Molti conflitti per l’acqua – come sostiene l’ambientalista indiana Vandana Shiva – non sono facilmente riconoscibili in quanto mascherati da contrasti etnici, religiosi o sociali. Ciò nonostante la condivisione dell’acqua è diventata un motivo di tensioni geopolitiche internazionali e molti governi hanno fatto della questione idrica una priorità di sicurezza nazionale.

Da Israele all’India, passando per la Turchia, sono numerosi i focolai che presto potrebbero sfociare in veri e propri conflitti armati. Il corso del Nilo, riserva idrica di molti Paesi africani; il fiume Indo in Pakistan i cui affluenti nascono in India; il bacino fluviale del Giordano e infine il controllo da parte della Turchia del Tigri e l’Eufrate, da cui dipendono Siria e Iraq, il Mekong in Asia, sono alcuni dei teatri futuri delle guerre per l’acqua.

Il Giordano

La canalizzazione del fiume Giordano del progetto dell'acquedotto nazionale di Israele
La canalizzazione del fiume Giordano, parte del progetto dell'acquedotto nazionale di Israele

Uno dei conflitti più allarmanti è sicuramente quello che contrappone arabi e israeliani per la distribuzione e il controllo delle risorse del Giordano, condiviso da Israele, Giordania, Siria, Libano e Cisgiordania. Viene sfruttato prevalentemente da Israele e Giordania per la loro agricoltura e la questione legata all'approvvigionamento idrico di questo fiume lungo circa 350 chilometri è determinante per la risoluzione del conflitto arabo-israeliano al pari del riconoscimento del futuro Stato palestinese. Le negoziazioni che si sono succedute per risolvere l’annoso conflitto arabo-israeliano hanno sempre avuto tra i principali nodi da sciogliere anche la gestione delle acque del Giordano.

Il Nilo

Immagine satellitare del corso del Nilo
Immagine satellitare del corso del Nilo

Il Nilo, il fiume più lungo del mondo, è fonte di tensioni tra i vari Paesi africani che attraversa. La controversia sulla distribuzione delle sue acque è stata affrontata per la prima volta nel 1929 quando un accordo firmato da Egitto, Sudan e Gran Bretagna assegnava al Cairo quarantotto milioni di metri cubi di acqua, mentre a Khartoum ne andavano quattro. Il negoziato però escludeva l’Etiopia che da allora ha cominciato a rivendicare i suoi diritti sull'acqua del fiume. I potenziali conflitti non riguardano solo Sudan, Egitto ed Etiopia, ma anche gli altri Paesi bagnati dal Nilo, considerato non un semplice corso d’acqua, ma la ragione stessa dell’esistenza della nazione.

Il Tigri e l’Eufrate

La diga Atatürk in Turchia parte del progetto
La diga Atatürk in Turchia sul fiume Eufrate, una delle sei dighe più grandi al mondo

I due fiumi gemelli sono la principale risorsa idrica della regione. I principali attori politici delle valli del Tigri e dell’Eufrate, considerati come un unico bacino idrico, sono Turchia, Siria e Iraq. Se per millenni le acque di questi due fiumi hanno alimentato l'agricoltura dei tre Paesi, allo stesso tempo, sono state causa di tensioni e conflitti. La Turchia, sul cui territorio nascono i due fiumi, sfrutta la sua posizione di vantaggio per esercitare pressioni su Iraq e Siria, che rischiano di ritrovarsi con letti fluviali vuoti a seguito della realizzazione di un grande progetto di dighe sull'alto corso del Tigri e dell'Eufrate. La lotta per il controllo dei due fiumi mesopotamici ha visto l’emergere anche di due altri attori: le forze curde in Siria e gli estremisti dello Stato islamico.

L’Indo e il Tista

Pescatori sul fiume Tista
Pescatori sul fiume Tista

La ripartizione del fiume Indo tra India e Pakistan era stata definita da un accordo del 1960, ma il trattato ha portato più ad una spartizione che a un sistema di condivisione delle acque. L’Indo e i suoi affluenti, inoltre, scorrono nella regione del Kashmir, territorio da sempre conteso dai due Paesi. Un’altra grave controversia interessa India e Bangladesh. Le due nazioni asiatiche condividono 54 fiumi e sebbene sin dal 1972 sia stata costituita una Commissione congiunta sui fiumi per la gestione delle acque, le tensioni su come ripartire le risorse si sono acuite a seguito di una disputa riguardo il fiume Tista. In ballo ci sono le vite di innumerevoli abitanti del Bengala Occidentale e del Bangladesh che dipendono dal fiume per la loro sopravvivenza. L’accordo per la gestione delle acque del Tista non è ancora stato firmato nonostante le insistenze da parte bengalese.

Il Mekong e il Colorado

Il corso del fiume Mekong nel sud est asiatico
Il corso del fiume Mekong nel sud est asiatico

A questi potenziali conflitti legati all'acqua vanno aggiunti anche quelli del fiume Mekong che vede contrapposti tra loro i Paesi rivieraschi della regione indocinese, soprattutto dopo la decisione del Laos di realizzare un grande diga per la produzione elettrica, e quello del fiume Colorado tra Messico e Stati Uniti.

L’acqua come arma di guerra

Impianti idrici distrutti alla periferia di Damasco, Siria
Impianti idrici distrutti alla periferia di Damasco, Siria

L'acqua svolge spesso un ruolo significativo nelle guerre tanto da diventare un’arma essa stessa. Le infrastrutture, come ad esempio gli impianti di trattamento, i sistemi di tubazioni, le stazioni di pompaggio o i serbatoi possono diventare bersagli delle azioni militari. Un esempio recente si è visto nella guerra in Siria, dove gli abitanti di Damasco sono rimasti tra dicembre e gennaio per oltre quindici giorni senz'acqua. A causa dei combattimenti nella valle di Wadi Barada numerose canalizzazioni sono state distrutte, con la conseguente interruzione del servizio di fornitura d’acqua alla capitale siriana. Una vera e propria crisi idrica che ha rischiato di far saltare i colloqui di pace tra le parti in conflitto.

Cambiamento climatico e migrazioni

Il cambiamento climatico è destinato a trasformare il nostro pianeta; l’aumento delle regioni desertiche unito alla continua contaminazione delle falde acquifere sta portando a grandi migrazioni di popolazioni con il rischio di peggiorare la già difficile condizione di intere regioni caratterizzate da scarsità d’acqua. Ma non solo: se è vero che il controllo dell’acqua può portare ad un conflitto armato, è altrettanto vero che proprio a causa delle guerre si può produrre un’emergenza idrica. Com'è accaduto in Sudan nel 2006, dove l’aumento improvviso dei rifugiati eritrei che fuggivano dalla violenza nel loro Paese ha determinato una maggiore richiesta d’acqua causando un’ulteriore pressione sulle già limitate risorse d’acqua sudanesi.

Ma se la scarsità d’acqua e il controllo delle risorse idriche possono condurre ai cosiddetti “idroconflitti” fra Stati, possono anche indurli a cercare accordi di cooperazione per una gestione consensuale di questa risorsa vitale per la sopravvivenza del genere umano.

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