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Orlando: “Il Pd rischia di diventare un partito personale con Renzi”

In un’intervista concessa al quotidiano La Stampa, il ministro della Giustizia Andrea Orlando esprime preoccupazione per quanto riguarda il nuovo corso renziano del Partito Democratico: “La maggioranza, come primo atto, ha scelto con arroganza di nominare uno dei suoi alla presidenza del Pd, e noi non abbiamo fatto le barricate. Speriamo sia un incidente isolato”.
A cura di Charlotte Matteini
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Il ministro della Giustizia e sfidante di Matteo Renzi alle primarie del Partito Democratico dello scorso 30 aprile, Andrea Orlando, a margine dell'assemblea Pd che ha ufficialmente consacrato Renzi segretario del partito per la seconda volta,ha duramente attaccato il nuovo corso del Partito Democratico in un'intervista rilasciata al quotidiano La Stampa. "Andare al voto con l’attuale legge elettorale, senza coalizioni, con una polarizzazione tra Pd e M5S e sperando di prendere il 40 per cento a mio avviso è un azzardo. Così si rischia davvero di far vincere Grillo", spiega il Guardasigilli. "Non si tratta solo di queste forze, ne possono emergere altre anche al centro. Nella storia una serie infinita di coalizioni è stata costruita tra forze che si erano scisse: penso alla Spd che governa molti Land con la Linke, ma anche alle giunte tra Pci e Psi in Italia. Gli avversari non sono gli ex compagni di strada. Non mi sembra molto più credibile presentarsi alle urne con in tasca la grande coalizione con Berlusconi. Ed è questo lo scenario più probabile se si vota con questa legge elettorale. E se il Pd resta alla finestra, come ha detto Renzi, si voterà con il Consultellum", sottolinea, parlando di eventuali alleanze politiche in vista delle prossime elezioni.

In merito alle nomine in direzione nazionale effettuate ieri dall'Assemblea Pd, Orlando spiega di non essere intenzionato a condurre "lotte fratricide" per partito preso, ma che guiderà comunque l'opposizione interna seguendo gli eventi che si presenteranno: "Non ci saranno pregiudiziali, o un controcanto costante su tutto quello che fa il segretario, come è accaduto in passato. La maggioranza, come primo atto, ha scelto con arroganza di nominare uno dei suoi alla presidenza del Pd, e noi non abbiamo fatto le barricate. Speriamo sia un incidente isolato e manteniamo le nostre idee, convinti che possano diventare la linea del partito. E rispettando il principio di maggioranza". Su Matteo Renzi esprime forti dubbi: "Mi pare che ci sia una sopravvalutazione della capacità trainante del leader, un tempo si sarebbe chiamato ‘volontarismo'. Ma abbiamo visto il 4 dicembre come è andata a finire».

Matteo Richetti ha detto che Pisapia deve scegliere tra il Pd e Bersani. Che ne pensa?

«Se Pisapia fa quello che gli dice il Pd rischia di non avere nessuna capacità di attrazione verso un elettorato di sinistra che non ama il nostro partito. Rischia di fare una sorta di Partito dei contadini polacco. Noi dobbiamo rispettare il percorso che ci sarà a sinistra, e valutare le alleanze sulla base dei temi reali. Io ad esempio non farei alleanze con una sinistra euroscettica alla Melenchon. Ma il tema c’è: non a caso molti sindaci renziani stanno facendo alleanze con Mdp in vista delle elezioni di giugno».

È possibile una guida unitaria del partito?

«Non mi interessano gli organigrammi. Abbiamo posto dei temi, a partire da una questione sociale che non è stata adeguatamente riconosciuta. Se queste idee saranno accolte, potremo dare una mano. Altrimenti non serve fare da ornamento in segreteria. Finora, comunque, nessuno ci ha proposto una guida unitaria del partito».

Il nuovo Pd è un partito personale, il Pdr?

«Il rischio c’è. Ma il dibattito in assemblea mi pare dimostri che non è ancora così».

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