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Omicidio Yara, motivazioni: “Bossetti malvagio, uccise dopo avances sessuali respinte”

Secondo i giudici, quello di Yara Gambirasio è stato un “omicidio di inaudita gravità”. Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore condannato in primo grado all’ergastolo, viene definito nelle motivazioni della sentenza un soggetto “dall’animo malvagio” che agì per arrecare dolore.
A cura di Susanna Picone
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Sono state depositate le motivazioni della sentenza di primo grado con la quale la Corte d'assise di Bergamo presieduta da Antonella Bertoja il primo luglio scorso ha condannato all'ergastolo Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa da Brembate di Sopra il 26 novembre del 2010 e trovata senza vita tre mesi dopo in un campo di Chignolo d'Isola. Quello compiuto da Bossetti è stato, scrivono i giudici di Bergamo nelle 158 pagine di motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo, un omicidio “di inaudita gravità”.

Ergastolo per Bossetti: il movente del delitto Yara

Secondo i giudici è ragionevole “ritenere che l’omicidio sia maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale”, verosimilmente respinte dalla giovane vittima, “in grado di scatenare nell’imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova fino ad allora”. I giudici della corte di Bergamo parlano di Bossetti come un uomo dall’“animo malvagio”, capace di “sevizie e crudeltà”. Secondo la corte, da parte del muratore di Mapello c’è stata “una condotta particolarmente riprovevole per la gratuità e superficialità dei patimenti cagionati alla vittima e dimostrano l'ansia dell'agente di appagare la propria volontà di arrecare dolore”. La corte fa riferimento anche all’“assenza di sentimenti di compassione e pietà”.

Prova della colpevolezza di Bossetti è il dna sul corpo di Yara

A provare la colpevolezza di Bossetti è, secondo la corte, la presenza del suo profilo genetico sul corpo della vittima: “Tale dato, privo di qualsiasi ambiguità e insuscettibile di lettura alternativa, non è smentito né posto in dubbio da acquisizioni probatorie di segno opposto e anzi, è indirettamente confermato da elementi ulteriori, di valore meramente indiziante, compatibile con tale dato e tra loro”. Secondo i giudici, dai tabulati telefonici si ricava che la sera del fatto Bossetti “non era altrove”. Dalle intercettazioni di conversazioni tra presenti emerge poi “che egli quella sera rientrò a casa più tardi del solito e che neppure nell'immediato, non solo a quattro anni di distanza, disse alla moglie cosa avesse fatto e dove fosse stato”. Tra l’altro, secondo i giudici che lo hanno condannato all’ergastolo, l’attività professionale di Bossetti “spiega l'inusuale concentrazione sul cadavere di particelle di calce e di sferette di metallo frutto di lavorazioni a caldo o localmente a caldo, di cui solo indumenti e mezzi di lavoratori del settore siderurgico e del settore edilizio possono essere contaminati”.

Bossetti infierì a lungo sul corpo di Yara Gambirasio

Bossetti “non ha agito in modo incontrollato, sferrando una pluralità di fendenti, ma ha operato sul corpo della vittima per un apprezzabile lasso temporale, girandolo, alzando i vestiti e tracciando, mentre la ragazza era ancora in vita, dei tagli lineari e in parte simmetrici, in alcuni casi superficiali, in altri casi in distretti non vitali e, dunque, idonea a causare sanguinamento e dolore ma non l'immediato decesso”. Poi ha lasciato lì la tredicenne di Brembate, in quel campo isolato dove è stata trovata senza vita tre mesi dopo la sua scomparsa.

Probabile appello del pm contro l'assoluzione dall'accusa di calunnia

A quanto si apprende, è probabile che il pm Letizia Ruggeri, che ha condotto le indagini e ha rappresentato l'accusa nel processo per l’omicidio di Yara Gambirasio, presenti ricorso in appello contro l'assoluzione di Bossetti dall'accusa di calunnia nei confronti di un ex collega di lavoro. Una assoluzione che gli è valsa un mini sconto di pena: l’accusa aveva infatti chiesto per il muratore anche l’isolamento diurno per sei mesi.

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